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un momento Ceres pensò che Lycine l’avrebbe afferrata. Le loro dita si sfiorarono, e poi Ceres si trovò a cadere.

      Precipitò nel mezzo di una battaglia, con figure che ondeggiavano attorno a lei. I morti erano lì, le loro morti apparentemente non in grado di interrompere i loro combattimenti. Lord West combatteva accanto ad Anka, Rexus vicino a un centinaio di uomini che Ceres aveva ucciso in tanti diversi combattimenti. Erano tutti attorno a Ceres, a combattere tra loro, a combattere contro il mondo…

      L’Ultimo Respiro era davanti a lei, tetro e terrificante come non mai. Ceres si trovò a balzare oltre il bastone con le lame che il combattente brandiva, girandosi a toccarlo per trasformarlo in pietra come aveva fatto in passato.

      Questa volta non accadde nulla. L’Ultimo Respiro la mandò a terra e si portò su di lei con espressione trionfante. E poi era Stefania che teneva in mano una bottiglietta al posto del bastone, i fumi ancora acri nelle narici di Ceres.

      Poi si svegliò e la realtà non era certo migliore del sogno.

      Ceres si svegliò e sentì la pietra ruvida. Per un momento pensò che forse Stefania l’aveva lasciata sul pavimento della sua stanza, o peggio, che potesse essere ancora lì vicino a lei. Ceres si girò di scatto, cercando di mettersi in piedi per continuare a combattere, ma si rese conto che non c’era spazio per farlo.

      Dovette sforzarsi di respirare lentamente, ricacciando il panico che minacciava di avvolgerla quando vide le pareti di pietra da ogni parte. Fu solo quando sollevò lo sguardo e vide la griglia di metallo sopra la sua testa che si rese conto di trovarsi in una fossa e non sepolta viva.

      La fossa era larga appena per sedercisi dentro. Di certo non c’era modo di potersi sdraiare allungandosi del tutto. Ceres tese e braccia andando a toccare le sbarre della griglia sopra di lei, tirando per sentire quanto erano forti e se fosse possibile spezzarle.

      Non accadde nulla.

      Ora sentiva il panico che iniziava a crescere in lei. Cercò di raccogliere ancora il suo potere, di essere gentile con esso, ricordando come sua madre l’avesse corretta dopo che lei aveva esaurito i suoi poteri cercando di conquistare la città.

      Questo sembrava in qualche modo la medesima situazione, eppure per molti aspetti era anche diversa. Prima era stato come se i canali lungo i quali scorreva il potere fossero stati bruciati fino a far troppo male per essere usati, lasciando Ceres svuotata.

      Ora era come se fosse semplicemente normale, sebbene questo sembrasse meno che niente se paragonato a ciò che era stata solo poco tempo prima. E non c’era neanche dubbio su cosa avesse causato questo: Stefania e il suo veleno. Da qualche parte, in qualche modo, aveva trovato un metodo per strappare a Ceres i poteri che le provenivano dal suo sangue degli Antichi.

      Ceres poteva sentire la differenza tra questo e ciò che era accaduto quella volta. Quello era stato come una fulminea cecità: troppo e troppo presto, svanita lentamente con la giusta cura. Quello era più come avere dei corvi che le beccavano gli occhi.

      Allungò comunque di nuovo le mani verso le sbarre, sperando di sbagliarsi. Si sforzò, mettendo tutta la forza che poté tirare fuori nel tentativo di muoverle. Non cedettero neanche di un po’, neanche quando Ceres le tirò così forte da far sanguinare i palmi contro il metallo.

      Gridò di sorpresa quando qualcuno le gettò dell’acqua addosso nella fossa, lasciandola fradicia a rannicchiarsi contro la parete di pietra. Quando Stefania fece un passo e apparve alla vista, portandosi al di sopra della grata, Ceres cercò di lanciarle un’occhiata di sfida, ma aveva troppo freddo ed era troppo bagnata e debole per fare qualsiasi cosa.

      “Il veleno ha funzionato allora,” disse Stefania senza alcun preambolo. “Bene, doveva in effetti. Ho pagato abbastanza per averlo.”

      Ceres la vide toccarsi la pancia, ma Stefania proseguì prima che lei potesse chiedere cosa intendesse dire.

      “Come ci si sente ad essere privati dell’unica cosa che ti rende così speciale?” chiese Stefania.

      Come essere stati capaci di volare, e ora essere appena in grado di strisciare. Ma certo non intendeva darle quella soddisfazione.

      “Non siamo già state a questo punto prima, Stefania?” le chiese. “Sai come va a finire. Con io che scappo e che ti do quello che ti meriti.”

      Allora Stefania le lanciò addosso un’altra secchiata d’acqua, e Ceres saltò verso le sbarre. Sentì la risata della donna mentre compiva questo gesto, e questo non fece che accrescere la sua rabbia. Non le interessava se in quel momento non aveva poteri. Aveva pur sempre l’allenamento di un combattente, e possedeva ancora tutto quello che aveva imparato del Popolo della Foresta. Avrebbe strangolato Stefania a mani nude, se ne avesse avuto bisogno.

      “Guardati. Come l’animale che sei,” disse Stefania.

      Questo fu sufficiente a rallentare Ceres un poco, se non altro perché non si sarebbe mai permessa di apparire come qualsiasi cosa che Stefania voleva che lei fosse.

      “Avresti dovuto uccidermi quando ne hai avuto la possibilità,” disse Ceres.

      “Volevo farlo,” rispose Stefania, “ma gli eventi non ci concedono sempre quello che vogliamo. Guarda solo come sono andate le cose con te e Tano. E con me e Tano. Dopotutto sono io quella che è effettivamente sposata con lui, no?”

      Ceres dovette mettere le mani contro la pietra delle pareti per trattenersi dal saltare di nuovo contro la donna.

      “Ti avrei tagliato la gola se non avessi sentito i corni di guerra,” disse Stefania. “E poi mi è venuto in mente che sarebbe stata una cosa semplice riprendermi il castello. E così ho fatto.”

      Ceres scosse la testa. Non poteva crederci.

      “Io ho liberato il castello.”

      Aveva fatto ben più di questo. Lo aveva riempito di ribelli. Aveva preso la gente leale all’Impero e l’aveva imprigionata. Agli altri aveva dato delle possibilità, aveva…

      “Ah, inizi a capirlo adesso, vero?” disse Stefania. “Tutte quelle persone che sono state così veloci a ringraziarti per la loro libertà, e che si sono rivolte a me così rapidamente. Dovrò sorvegliarle.”

      “Dovrai fare ben più di questo,” rispose Ceres seccamente. “Pensi che i lottatori della Ribellione ti lasceranno giocare a fare la regina? Pensi che te lo permetteranno i combattenti?”

      “Ah,” disse Stefania con esagerata mostra di imbarazzo che fece temere a Ceres ciò che sarebbe seguito. “Temo di avere delle brutte notizie riguardo ai tuoi combattenti. Salta fuori che anche il miglior guerriero muore quando gli si pianta una freccia nel cuore.”

      Lo disse con tale noncuranza, con tale tono di scherno, come se anche una mezza verità del genere fosse sufficiente per spezzare il cuore a Ceres. Aveva lottato accanto ai combattenti. Si era allenata con loro. Erano stati suoi amici e alleati.

      “Ti diverti a essere crudele,” disse Ceres.

      Con sua sorpresa vide Stefania scuotere la testa.

      “Fammi indovinare. Pensi che sia niente meglio di quell’idiota, Lucio? Un uomo che non era capace di divertirsi neanche un po’, a meno che non ci fosse qualcuno che stava gridando? Pensi che io sia fatta così?”

      Sembrava una descrizione piuttosto precisa e accurata da dove Ceres si trovava. Soprattutto dato tutto quello che probabilmente sarebbe successo poi.

      “Non lo sei forse?” chiese Ceres. “Oh, scusami. E io che pensavo che mi avessi messo in una fossa di pietra aspettando che morissi.”

      “Aspettando di torturarti a dire il vero,” disse Stefania. “Ma sei solo tu. Tu meriti qualsiasi cosa dopo tutto quello che hai tentato di farmi. Tano era mio.”

      Magari lo credeva sul serio. Forse pensava onestamente che fosse normale tentare di assassinare i propri rivali nelle relazioni e nella vita.

      “E il resto?” disse Ceres. “Hai intenzione di convincermi che sei fondamentalmente

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