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di una bassa apertura, a forma di arco: era l'unica via che conduceva all'interno e all'esterno della stanza. Avvicinatasi, provò a muovere la maniglia della porta, che non oppose resistenza: la porta si spalancò facilmente.

      Prima di lasciare la stanza, la ragazza si voltò e controllò i dintorni, per assicurarsi di non aver lasciato qualcosa di cui avrebbe potuto avere bisogno. Si tastò il collo e si accorse di indossare ancora la sua collana; mise le mani in tasca e fu sollevata di trovarvi il suo diario e l'unica grande chiave. Era tutto quello che le era rimasto al mondo, e tutto ciò di cui aveva bisogno.

      Varcata la soglia, Caitlin proseguì per un lungo corridoio ad arco, in pietra. Il suo pensiero era un solo: trovare Caleb. Sicuramente, era tornato indietro nel tempo con lei stavolta. Non era così?

      E se fosse stato così, l'avrebbe ricordata stavolta? Non poteva neppure immaginare di dover rivivere di nuovo tutto da capo, doverlo cercare e trovare per poi accorgersi che lui non la ricordava. No. Pregò che stavolta tutto fosse diverso. Lui era vivo, rassicurò se stessa, ed erano tornati indietro nel tempo insieme. Dovevano esserlo.

      Mentre accellerava il passo lungo il corridoio, e poi su per una piccola serie di scalini in pietra, si accorse che la sua andatura andava aumentando e avvertì quel familiare dolore al petto, causato dalla consapevolezza che lui non era tornato indietro con lei. Dopotutto, non si era risvegliato al suo fianco, tenendole la mano, non era lì a rassicurarla. Questo significava che non era tornato indietro nel tempo? Il buco allo stomaco crebbe ancora di più.

      E Sam? C'era stato anche lui lì. Perché non c'era alcun segno di lui?

      Caitlin finalmente raggiunse la cima della scala, aprì un'altra porta, e si immobilizzò, estasiato da quello che si trovò davanti. Era nella cappella principale di una straordinaria chiesa. Non aveva mai visto soffitti tanto alti né vetrate colorate così numerose o un altare di tali dimensioni e tanto elaborato. Le file di panche erano infinite e sembrava che il luogo potesse contenere migliaia di persone.

      Fortunatamente, era vuota. Le candele bruciavano ovunque, ma chiaramente, era tardi. Ne fu lieta: l'ultima cosa che voleva era camminare in mezzo a una folla di migliaia di persone che la guardavano.

      Caitlin s'incamminò lentamente verso il centro della navata, dirigendosi verso l'uscita. Cercava Caleb, Sam o forse persino un prete. Qualcuno come il prete ad Assisi, che potesse accoglierla, spiegarle le cose. Che potesse dirle dove si trovava, in quale epoca e perché.

      Ma non c'era nessuno. Sembrava essere del tutto sola.

      Caitlin raggiunse le enorme doppie porte e si preparò ad affrontare qualsiasi cosa potesse trovarsi all'esterno.

      Varcata la soglia, rimase senza fiato. Torce, ovunque nelle strade intorno, illuminavano la notte e davanti a lei c'era un'enorme folla di persone. Non sembravano in attesa di entrare in chiesa, ma si muovevano qua e là nei dintorni, in una grossa piazza aperta. Sembrava essere un'affollata festa notturna, e dal tepore dell'aria Caitlin comprese che era estate. Era scioccata dalla vista di tutte quelle persone, dal loro guardaroba antiquato, dalla loro formalità. Per fortuna, nessuno sembrava notarla. Ma lei non riusciva a staccare loro gli occhi di dosso.

      C'erano centinaia di persone e la maggior parte indossava abiti formali, appartenenti chiaramente tutti ad un altro secolo. Qua e là notò cavalli, carri, venditori ambulanti, artisti, cantanti. Non c'era un angolo che non fosse affollato, in quella serata estiva, e la scena era emozionante. Si chiese in quale anno potesse trovarsi, in quale luogo fosse finita. Ma una domanda ancora più importante le si affacciò alla mente: mentre osservava tutti quei volti estranei, si chiese se Caleb potesse trovarsi in attesa tra di loro.

      Il suo sguardo vagò disperatamente tra la folla, sperando, provando a convincersi che Caleb, o forse Sam, si trovassero in mezzo a quegli sconosciuti. Guardò in ogni direzione, ma, minuto dopo minuto, le sue speranze svanirono e si rese conto che, semplicemente, nessuno dei due era lì.

      Caitlin si inoltrò nella piazza per poi voltarsi ad osservare la chiesa; sperava di poter riconoscere la sua facciata e così provare a comprendere dove si trovava.

      E fu così. Non era propriamente un'esperta in materia architettonica, o in storia e chiese, ma qualcosa la sapeva. Alcuni luoghi erano così ovvi, così radicati nella coscienza pubblica, che era certa che li avrebbe riconosciuti. E quello che le si parava davanti era proprio uno di quelli.

      Si trovava di fronte a Notre Dame.

      Era a Parigi.

      Non era possibile confondersi. Le sue enormi porte d'entrata, adornate di elaborati intarsi; le dozzine di piccole statue al di sopra di esse; la sua elaborata facciata, che si ergeva fino a decine di metri di altezza, puntando verso il cielo. Era uno dei luoghi più riconoscibili sulla terra. L'aveva visto in rete prima, molte volte. Non riusciva a crederci: era davvero a Parigi.

      Caitlin aveva sempre desiderato andare a Parigi, aveva senpre pregato suo madre di portarcela. Quando una volta aveva un ragazzo, al liceo, aveva sempre sperato che lui ce la portasse. Era un posto in cui lei aveva sempre sognato di andare ed ora era senza fiato … si trovava proprio lì. E in un altro secolo.

      La folla intorno a lei stava aumentando e Caitlin si sentì sballottata; improvvisamente guardò in basso e restò scioccata accorgendosi di quali abiti indossasse. Era imbarazzata, perché portava ancora la semplice veste da prigioniera, che Kyle le aveva dato al Colosseo a Roma. Indossava una tunica di tela, ruvida sulla pelle, malamente strappata e troppo larga per lei, legata sul busto e sulle gambe con un pezzo di corda. Aveva i capelli arruffati, sporchi, che le coprivano il volto. Aveva l'aspetto di un'evasa, o di una vagabonda.

      Ancora più ansiosa, Caitlin cercò ancora una volta Caleb con lo sguardo o Sam o una qualsiasi persona che conoscesse, chiunque potesse aiutarla. Non si era mai sentita così sola, e non desiderava altro che posare il suo sguardo su di loro, per sapere che non era tornata indietro nel tempo in quel luogo tutta sola, per sapere che tutto sarebbe andato bene.

      Ma lei non riconosceva nessuno.

      Forse sono da sola, lei pensò. Forse sono di nuovo tutta sola.

      Quel pensiero le trafisse lo stomaco, come un coltello. Lei voleva accucciarsi, strisciare via e nascondersi nella chiesa, per poi essere spedita in qualche altra epoca, in un altro luogo—un luogo qualsiasi in cui si sarebbe potuta svegliare, vedendo qualcuno che conosceva.

      Ma si fece coraggio. Sapeva che non poteva tirarsi indietro, non aveva alcuna possibilità di andare avanti nel tempo. Doveva solo essere coraggiosa, trovare il motivo per cui si trovava in quei tempo e spazio. Proprio non aveva altra scelta.

      *

      Caitlin doveva venir fuori da quella folla. Aveva bisogno di restare da sola, di riposare, di nutrirsi e di pensare. Doveva capire quale direzione prendere, dove cercare Caleb, e se lui fosse davvero lì. Ma altrettanto importante era stabilire, scoprire perché si trovasse in quella città e proprio in quell'epoca storica. Non sapeva nemmeno che anno fosse.

      Un uomo pulito le passò accanto, e Caitlin si protese afferrandolo per un braccio, sopraffatta da un improvviso desiderio di sapere.

      L'uomo si voltò a guardarla, infastidito per essere stato fermato così bruscamente.

      “Mi dispiace,” lei disse, accorgendosi d'improvviso, mentre pronunciava le sue prime parole, di quanto fosse secca la sua gola e di quanto dovesse apparire malridotta, “ma in che anno siamo?”

      Lei si sentì imbarazzata persino mentre lo chiedeva, rendendosi conto di quanto potesse sembrare pazza.

      “Anno?” l'uomo confuso le chiese.

      “Um… Mi spiace, ma non mi sembra di… ricordare.”

      L'uomo la guardò dall'alto in basso e poi prese a scuotere lentamente la testa, come se avesse deciso di aver trovato in lei qualcosa che non andasse.

      “E' il 1789 naturalmente. E non siamo nemmeno vicini alla vigilia del Nuovo Anno, perciò, non hai davvero alcuna scusa,” disse, scuotendo la testa in maniera derisoria, e proseguendo per la sua strada.

      1789.

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