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che era ora di buttarle via. Era “Bondi Beach,” un riferimento a una spiaggia australiana che Keri sperava di vedere, un giorno. Se avesse detto quelle parole, Ray avrebbe saputo che finalmente poteva liberarsi della cimice posta nel parasole.

      “Soddisfatta?” le chiese quando Keri ebbe finito di controllare entrambi accuratamente con il dispositivo.

      “Sì. Scusami. Senti, stamattina ho ricevuto un’email dal nostro amico,” disse, scegliendo di essere criptica sul Collezionista anche se era sicura che non li stesse ascoltando nessuno. “Ha accennato al fatto che si sarebbe fatto sentire. Immagino di essere un po’ nervosa. Ogni volta che vibra il telefono penso che sia lui.”

      “Ti ha dato un programma?” chiese Ray.

      “No. Ha solo detto che mi avrebbe contatta presto; nient’altro.”

      “Per forza sei così agitata. Pensavo che stessi solo esagerando per il caso.”

      Keri sentì il caldo affiorarle alle guance e fissò in silenzio il partner, sconvolta dal commento. Ray sembrò capire subito di essersi spinto troppo in là, e stava per sistemare le cose quando l’addetto alla sicurezza li chiamò dalla stanza del computer.

      “Ho trovato qualcosa,” gridò.

      “Hai avuto fortuna,” sibilò Keri con rabbia e superando con foga Ray – che si tenne a debita distanza.

      Nella sala del computer, la guardia aveva il filmato video acceso alle quattordici e cinque. Sarah e Lanie erano chiaramente visibili, sedute a un tavolino nel centro della zona ristorante. Videro Lanie fare una foto al suo pranzo con il telefono, quasi sicuramente una parte del post che Edgerton aveva trovato su Instagram.

      Dopo un paio di minuti, un ragazzo alto dai capelli scuri coperto di tatuaggi si avvicinò. Diede a Lanie un lungo bacio, e dopo qualche altro minuto di chiacchiere si alzarono tutti e se ne andarono.

      L’addetto alla sicurezza fermò l’immagine e si voltò verso Keri e Ray. Keri lo guardò con attenzione per la prima volta. Portava una targhetta che diceva “Keith” e non poteva avere più di ventitré anni, con la pelle unta e brufolosa e la schiena incurvata che lo faceva somigliare a un ossuto Quasimodo. Finse di non notarlo mentre parlava.

      “Ho preso qualche immagine valida del viso del ragazzo. Li ho messi su file digitali e posso inviarveli sui telefoni se volete.”

      Ray lanciò a Keri un’occhiata che significava “forse non è così incompetente, dopotutto”, ma abbassò il capo quando lei gli ritornò l’occhiata, ancora arrabbiata per il commento sulle sue “esagerazioni”.

      “Sarebbe fantastico,” disse Ray riportando l’attenzione alla guardia. “È riuscito a rintracciare dove sono andati?”

      “Sì,” disse Keith fieramente e girò su se stesso per rivolgere il viso di nuovo allo schermo. Passò a un altro fermoimmagine che mostrava gli spostamenti del ragazzo all’interno del centro commerciale, così come quelli di Sarah e Lanie. Terminavano con tutti loro che salivano su un Trans Am e lasciavano il parcheggio, diretti a nord.

      “Ho cercato di ottenere le targhe della macchina ma tutte le nostre telecamere sono montate troppo in alto per vederle.”

      “Va bene così,” disse Keri. “Ha lavorato molto bene, Keith. Le do i nostri numeri per le immagini. Vorrei che le inviasse anche a un nostro collega del dipartimento, in modo che possa lavorare sul riconoscimento facciale.”

      “Ma certo,” disse Keith. “Lo faccio subito. E, mi chiedevo, potrei chiedervi un favore?”

      Keri e Ray si scambiarono degli sguardi scettici ma lei annuì comunque. Keith proseguì, esitante.

      “Sto pensando di fare domanda per entrare all’accademia di polizia. Ma sto aspettando, perché non mi sento ancora pronto dal punto di vista dei requisiti fisici. Mi chiedevo se, quando tutto è sistemato, potrei chiedere a voi dei consigli su come incrementare le possibilità di entrare e di diplomarmi.”

      “Tutto qua?” chiese Keri estraendo un biglietto da visita e porgendoglielo. “Chiami questo affetto da gigantismo per i consigli fisici. Può chiamare me quando ha bisogno di aiuto per la parte mentale del lavoro. Ah, un’altra cosa. Se deve portare una targhetta per lavoro, se ne procuri una con il cognome. È più intimidatorio.”

      Poi se ne andò, lasciando Ray a fare il resto. Se lo meritava.

      Fuori mandò un messaggio con i fermoimmagine del ragazzo sia a Joanie Hart che ai Caldwell, chiedendo se lo riconoscessero. Un attimo dopo Ray si unì a lei. Aveva l’aria imbarazzata.

      “Senti, Keri. Non avrei dovuto dire che stavi esagerando. Chiaramente c’è qualcosa che non va, qui.”

      “Sono delle scuse? Perché non ho sentito la parola ‘scusa’. E, dato che ci siamo, non abbiamo avuto abbastanza casi che sembravano niente a tutti tranne che a me che però si sono rivelati qualcosa perché tu mi dia il beneficio del dubbio?”

      “Sì, ma tutti i casi che…?” fece per dire, poi ci pensò meglio e bloccò la frase a metà. “Scusa.”

      “Grazie,” rispose Keri scegliendo di ignorare la prima parte del commento e di concentrarsi sulla seconda.

      Le vibrò il telefono e guardò giù in trepidazione. Ma invece di un’email del Collezionista, era un messaggio di Joanie Hart. Era breve e andava dritto al punto: “non ho mai visto questo ragazzo.”

      Lo mostrò a Ray, scuotendo la testa di fronte all’apparente profonda ambivalenza della donna nei confronti del benessere di sua figlia. Proprio allora squillò il telefono. Era Mariela Caldwell.

      “Salve, signora Caldwell. Sono la detective Locke.”

      “Sì, detective. Io e Ed abbiamo guardato le foto che ci ha mandato. Non abbiamo mai visto quel giovane. Però Sarah mi ha detto che Lanie le aveva detto che il suo ragazzo aveva l’aria di uno da rock band. Mi chiedo se non potrebbe essere lui.”

      “Possibile,” disse Keri. “Sarah ha mai detto il nome di questo ragazzo di Lanie?”

      “Sì. Sono piuttosto certa che fosse Dean. Non mi ricordo il cognome. Credo che non lo sapesse neanche lei.”

      “Okay, grazie mille, signora Caldwell.”

      “È un’informazione utile?” chiese la donna con voce speranzosa, quasi implorante.

      “È probabile di sì. Ancora non ho altre informazioni da darle. Ma le assicuro che siamo concentrati sul ritrovamento di Sarah. Cercherò di tenerla aggiornata più che posso.”

      “Grazie, detective. Lo sa, ho capito solo dopo che se n’è andata che lei è la stessa che ha ritrovato quella surfista scomparsa, qualche mese fa. E so che, be’… con sua figlia…” Le si spezzò la voce e si bloccò, chiaramente sopraffatta dall’emozione.

      “Va tutto bene, signora Caldwell,” disse Keri preparandosi per non perdere il controllo.

      “Mi dispiace così tanto per la sua bambina…”

      “Adesso non se ne preoccupi. Io mi sto concentrando sul ritrovare sua figlia. E le prometto che metterò ogni grammo di energia che ho in quello. Lei cerchi solo di stare calma. Guardi un brutto programma alla televisione, faccia un sonnellino, faccia tutto quello che può per rimanere in sé. Nel frattempo, noi ci occupiamo di Sarah.”

      “Grazie, detective,” sussurrò Mariela Caldwell con voce appena udibile.

      Keri riappese e guardò Ray, che aveva un’espressione preoccupata.

      “Non ti preoccupare, partner,” lo rassicurò. “Non perderò il controllo, per il momento. E adesso troviamo questa ragazza.”

      “Come proponi di farlo?”

      “Credo che sia ora di parlare con Edgerton. Ha avuto abbastanza tempo per verificare i dati dei telefoni delle ragazze. E adesso abbiamo un nome per il ragazzo del ristorante – Dean. Magari Lanie ne parla in uno

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