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rabbia alla sorpresa e lei capì che non aveva idea di quello che gli stava dicendo. Coy fece un passo indietro.

      “Cosa?”

      Immediatamente capì che quello non era il loro uomo, ma continuò a spingere per sicurezza.

      “Kendra Burlingame è scomparsa e ho sentito che tu sei il suo stalker personale. Perciò, se le hai fatto qualcosa, questo è il momento giusto per confessare. Se cooperi, posso aiutarti. Se non lo fai, le cose potrebbero mettersi davvero male per te.”

      Coy la fissava ma non sembrava capire del tutto quel che lei diceva. Era ignaro del fatto che il sergente Covey fosse ormai a pochi passi da lui. L’agente veterano teneva la mano sul fianco, sopra alla pistola. Non sembrava uno dal grilletto facile – sembrava solo preparato.

      “Kendra è scomparsa?” chiese Coy, con l’aria di un bambino che aveva appena scoperto che il suo cane era stato appena soppresso.

      “Quand’è stata l’ultima volta che l’hai vista, Coy?”

      “Alla riunione – le ho detto che l’avrei cercata qui a Los Angeles. Ma ho capito che non era per niente interessata a me. Sembrava imbarazzata per me. Non volevo rivederle sul viso ancora quell’espressione, quindi ho lasciato perdere.”

      “Non volevi punire la donna che ti aveva fatto sentire così?”

      “Non mi aveva fatto sentire lei così. Mi vergogno di quello che sono diventato, senza bisogno di lei. È stato il fatto di aver visto quanto ero caduto in basso per lei – è stata una vera e propria rivelazione, sai? Ho mentito a me stesso dicendomi di essere un figo, un duro, per tanto tempo. Mi ci è voluta Kendra per vedermi come il fallito che sono davvero.”

      La guardava disperato, sperando di creare una specie di legame. Ma a Keri non andava di esplorare i demoni interiori di quello lì. Si vergognava abbastanza di se stessa da non voler affrontare la vergogna di qualcun altro.

      “Puoi dare spiegazioni sui tuoi spostamenti di ieri, Coy?” chiese, cambiando argomento. Capito che non avrebbe avuto nessuna compassione da lei, lui annuì.

      “Sono stato qui tutto il giorno. Sono sicuro che il mio capo lo può confermare.”

      “Possiamo fare delle verifiche,” disse il sergente Covey. Coy sobbalzò leggermente alla voce inaspettata alle sue spalle. Si voltò, sorpreso di vedere Covey a meno di un metro da lui e la macchina della squadra con Kuntsler e Rodriguez non molto più lontana.

      “Perciò immagino che tu sia un poliziotto, vero?” disse Coy, abbattuto.

      “Sì, dell’Unità persone scomparse del LAPD.”

      “Spero che la troviate. Kendra è una ragazza fantastica. Il mondo è un posto migliore grazie a lei e merita di essere felice. Sono sempre stato innamorato di lei. Ma sapevo che era fuori dalla mia portata quindi non ci ho mai sperato. Se c’è altro che posso fare per aiutarvi, ditemelo.”

      “Detective Locke,” intervenne il sergente Covey, “a meno che non abbia altre domande, sono felice di controllare il suo alibi. So che ci sono altre piste che vuole seguire. Inoltre dobbiamo occuparci di alcuni documenti relativi al signor Brenner. Ha mentito sulla sua domanda di impiego a proposito della libertà condizionale e ciò può portare alla sua interruzione.”

      Keri vide il viso di Brenner crollare ancora di più. Faceva davvero pena. E adesso, per giunta, era disoccupato. Cercò di scacciare la sensazione di esserne in parte responsabile.

      “Lo apprezzerei molto, sergente. Devo davvero andare e questo mi sembra un vicolo cieco. Grazie per tutto l’aiuto.”

      Mentre Covey e gli agenti scortavano Coy Brenner di nuovo al deposito per interrogarlo, Keri salì in auto e controllò il messaggio che aveva ricevuto prima.

      Era di Brody. Diceva:

      IL GALÀ SI FA ANCORA. UN’OTTIMA OPPORTUNITÀ PER PARLARE CON QUALCUNO. CI VEDIAMO LÌ. METTITI QUALCOSA DI SEXY.

      Brody continuava a impressionarla con la sua mancanza di intuizione e professionalità. Oltre a essere un incorreggibile sessista, non sembrava capire che una raccolta fondi la cui promotrice era scomparsa non era la sede d’incontro ideale per far sì che amici e colleghi svelassero la loro anima.

      Inoltre, non ho neanche qualcosa da mettermi.

      Certo, quella non era l’unica ragione. Se doveva essere onesta con se stessa, Keri doveva ammettere che parte del suo timore era dovuto al fatto che si trattava esattamente del tipo di eventi a cui andava sempre quando era una docente rispettabile, la moglie di un talent scout di successo, e la madre di un’adorabile bambina. Andare a questa cosa avrebbe voluto dire riportare alla memoria in modo intenso, splendente e doloroso la vita che conduceva prima della perdita di Evie.

      A volte odiata il suo lavoro.

      CAPITOLO OTTO

      Keri aveva nello stomaco un vortice di ansia mentre sedeva nella sala d’attesa dello studio legale di Jackson Cave. L’aveva già fatta aspettare venti minuti, abbastanza per lei da chiedersi ripetutamente se avesse preso una decisione buona.

      Stava tornando da San Pedro, calcolando quando le ci sarebbe voluto per arrivare alla casa galleggiante per indossare un abito da sera e poi andare a Beverly Hills per la raccolta fondi dell’associazione Solo Sorrisi. Ma mentre puntava a nord, aveva visto in lontananza i grattacieli del centro di Los Angeles ed era stata colta da un’urgente necessità. Si era ritrovata a guidare verso l’ufficio di Cave, senza un piano su cui fare affidamento.

      Per strada aveva chiamato Brody in modo che potessero aggiornarsi. Dopo avergli detto del vicolo cieco che si era rivelato essere Coy Brenner, lui le aveva detto di San Diego.

      “L’alibi di Jeremy Burlingame è verificato. È stato in sala operatoria tutto il giorno di ieri. Apparentemente stava supervisionando alcuni dottori di laggiù, gli stava insegnando una nuova procedura per la ricostruzione facciale.”

      “Okay, senti, il traffico è davvero uno schifo, qui,” disse Keri. In parte era vero, ma era anche una scusa per fermarsi da Cave. “Perciò se arrivi al galà prima di me, limitati a perlustrare il posto, per favore. Non metterti a parlare con la gente.”

      “Mi stai dicendo come fare il mio lavoro, Locke?”

      “No, Brody. Sto solo suggerendo che muoversi lì dentro come un elefante in una cristalleria potrebbe essere controproducente. Alcune di quelle donne di mondo probabilmente si apriranno di più con un’altra ragazza vestita bene che con un tizio che la più relazione più duratura l’ha avuta con la sua automobile.”

      “Fanculo, Locke. Parlerò con chi mi pare,” disse Brody sdegnato. Ma lei nella voce riuscì a sentirgli nella voce che aveva dei dubbi su quanto buona fosse l’idea.

      “Fa’ come ti pare,” rispose Keri. “Ci vediamo lì.”

      Ora, una buona mezz’ora dopo, non era ancora riuscita a vedere Cave. Erano quasi le diciassette e trenta. Decise di approfittare della quiete per dare un’occhiata in giro. Andò alla reception.

      “Sa quanto ci vorrà ancora al signor Cave?” chiese alla segretaria, che scosse la testa per scusarsi. “Allora mi può dire dov’è il bagno, per favore?”

      “In fondo al corridoio a sinistra.”

      Keri puntò in quella direzione, con gli occhi attenti verso qualsiasi dettaglio che potesse darle un qualche vantaggio. Proprio davanti al bagno delle donne c’era una porta con su scritto Uscita. La aprì e vide che si apriva sullo stesso corridoio che aveva percorso per raggiungere l’ingresso dello studio.

      Dopo essersi guardata in giro per verificare che nel corridoio non ci fosse nessuno, prese un fazzoletto dalla borsa e lo inserì nel buco del chiavistello in modo che non si chiudesse automaticamente. Poi entrò un attimo nel bagno per salvare le apparenze.

      Quando tornò nell’atrio, una donna attraente con

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