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quando ciò che vuole lei è sapere come riavere sua figlia. Ho ragione?”

      “Sì. Perciò me lo dica. Come faccio a riaverla?”

      “Sinceramente, non lo so. Non so dove si trovi. Non credo che Cave lo sappia. Potrebbe conoscere il luogo in cui si svolgerà il Vista di domani sera, ma non c’è possibilità alcuna che lui vi partecipi. Perciò non ha senso farlo seguire.”

      “Quindi sta dicendo che non ho speranze di riaverla?” domandò Keri, incredula.

      Sono passata per tutto questo per questa risposta?

      “Probabilmente no, detective,” ammise lui. “Ma forse può far sì che lui gliela ridia.”

      “Che cosa vuol dire?”

      “Jackson Cave la considerava un fastidio, un ostacolo alla gestione del suo business. Ma le cose sono cambiate nell’ultimo anno. Si è lasciato ossessionare da lei. Non solo pensa che lei intenda distruggere i suoi affari. Pensa che lei voglia distruggerlo personalmente. E dato che ha contorto la realtà per far di sé il buono, pensa che lei sia la cattiva.”

      “Lui pensa che io sia la cattiva?” ripeté incredula Keri.

      “Sì. Ricordi, lui manipola il suo codice morale per come lo ritiene adatto in modo da poter agire. Se pensasse di far cose malvage, non potrebbe vivere con se stesso. Ma ha trovato un modo per giustificare persino gli atti più efferati. Una volta mi ha detto che le ragazze di quei giri di prostituzione se ne starebbero sulle strade a morire di fame se non fosse per lui.”

      “È impazzito,” disse Keri.

      “Sta facendo quel che può per potersi guardare allo specchio ogni mattina, detective. E di questi tempi, in parte significa credere che lei stia facendo una caccia alle streghe. La vede come il nemico. La vede come la sua nemesi. E ciò lo rende molto pericoloso. Perché non sono sicuro di fin dove si spingerà pur di fermarla.”

      “Allora come faccio a far sì che un tipo così mi ridia Evie?”

      “Se andasse da lui e lo convincesse che non gli sta dando la caccia, che tutto quello che vuole è sua figlia, magari cederebbe. Se riuscisse a persuaderlo che una volta avuta sua figlia al sicuro tra le sue braccia si dimenticherebbe di lui per sempre, che magari lascerebbe persino le forze dell’ordine, potrebbe convincersi a posare le armi. In questo momento pensa che lei voglia la sua distruzione. Ma se si riuscisse a fargli credere che lei non vuole lui ma solo lei, forse c’è una possibilità.”

      “Pensa davvero che funzionerebbe?” chiese Keri incapace di nascondere lo scetticismo. “Dico ‘ridammi mia figlia e ti lascerò in pace per sempre’ e lui lo fa?”

      “Non so se funzionerà. Ma so che lei ha finito le opzioni. E che non ha niente da perdere provandoci.”

      Keri si stava rigirando l’idea in testa quando si sentì bussare alla porta.

      “È arrivato il negoziatore,” gridò Kiley. “Sta percorrendo il corridoio in questo momento.”

      “Aspetta un attimo!” gridò Anderson. “Digli di stare indietro. Gli dirò io quando può entrare.”

      “Glielo dirò,” disse Kiley, anche se la voce indicava che non vedeva l’ora di cedere le comunicazioni il prima possibile.

      “Un’ultima cosa,” le sussurrò nell’orecchio Anderson, ancor più piano di prima se possibile. “C’è una talpa nella sua unità.”

      “Cosa? Nella divisione di West Los Angeles?” chiese Keri sconvolta.

      “Nell’unità persone scomparse. Non so chi sia. Ma qualcuno sta passando informazioni dall’altra parte. Perciò si guardi le spalle. Più del solito, voglio dire.”

      Una nuova voce chiamò dall’altro lato della porta.

      “Signor Anderson, sono Cal Brubaker. Sono il negoziatore. Posso entrare?”

      “Un secondo solo, Cal,” gli urlò Anderson. Poi si sporse ancor più vicino a Keri. “Ho la sensazione che questa sia l’ultima volta che parliamo, Keri. Voglio che lei sappia che penso che sia una persona decisamente notevole. Spero che trovi Evie. Lo spero davvero. Entra, Cal.”

      Come si aprì la porta, le riportò lo spazzolino al collo, ma non le toccò davvero la pelle. Un uomo panciuto sul finire dei quaranta, con una zazzera di folti capelli grigi e occhiali sottili dalla montatura circolare che Keri sospettava fossero solo per bellezza, entrò con cautela nella stanza.

      Indossava blue jeans e una camicia da boscaiolo sgualcita completa di motivo a scacchiera rosso e nero. Faceva quasi ridere, come una versione “in costume” di come potrebbe apparire un negoziatore di ostaggi non pericoloso.

      Anderson la guardò e lei capì che lui la pensava allo stesso modo. Pareva combattere la voglia di alzare gli occhi al cielo.

      “Salve, signor Anderson. Può dirmi che cosa la infastidisce stasera?” disse con tono pratico e non aggressivo.

      “A dire il vero, Cal,” rispose mitemente Anderson, “mentre ti stavamo aspettando, la detective Locke mi ha fatto riacquistare la ragione. Ho capito che mi stavo facendo un po’ soverchiare dalla mia situazione e che ho reagito… malamente. Penso di essere pronto ad arrendermi e ad accettare le conseguenze delle mie scelte.”

      “Okay,” disse Cal, sorpreso. “Be’, questa è la negoziazione meno dolorosa della mia vita. Dato che mi sta rendendo le cose così facili, devo chiederlo: è sicuro di non volere niente?”

      “Forse qualche cosuccia,” disse Anderson. “Ma penso che nessuna di esse ti contrarierà granché. Mi piacerebbe assicurarmi che la detective Locke venga portata subito in infermeria. Accidentalmente l’ho colpita con la punta dello spazzolino e non sono sicuro di quanto sia igienica la cosa. Dovrebbe farsi disinfettare subito. E apprezzerei che facessi sì che l’agente Kiley, il gentiluomo che mi ha portato qui, mi ammanettasse e mi portasse ovunque io sia diretto. Ho la sensazione che quegli altri signori potrebbero essere un po’ più rudi del necessario. E forse, una volta che avrò gettato l’oggetto appuntito, potresti chiedere al cecchino di filare via. Mi sta innervosendo un po’. Richieste ragionevoli?”

      “Tutte ragionevoli, signor Anderson,” disse, d’accordo, Cal. “Farò del mio meglio per soddisfarle. Perché non comincia la partita lei gettando lo spazzolino e lasciando andare la detective?”

      Anderson si sporse più vicino in modo che solo Keri potesse sentirlo.

      “Buona fortuna,” sussurrò, quasi inudibile, prima di gettare lo spazzolino e alzare le mani in aria in modo che lei potesse scivolare sotto alle manette. Scivolò via e lentamente si mise in piedi con l’aiuto della tavola rovesciata. Cal allungò la mano per offrirle assistenza, ma lei non la prese.

      Una volta che fu in piedi dritta e che si sentì stabile, si voltò verso Thomas “il Fantasma” Anderson per quella che, ne era certa, sarebbe stata l’ultima volta.

      “Grazie di non avermi uccisa,” borbottò, cercando di sembrare sarcastica.

      “Ci può scommettere,” disse lui, sorridendo dolcemente.

      Mentre andava verso la porta della sala interrogatori, questa si spalancò e cinque uomini in completa tenuta SWAT fecero irruzione, superandola. Lei non si voltò per vedere cosa fecero mentre incespicava fuori dalla porta fin nel corridoio.

      Sembrava che Cal Brubaker fosse stato sincero almeno su qualcosa. Il cecchino appoggiato alla parete opposta con l’arma accanto si era ritirato. Ma l’agente Kiley non si vedeva da nessuna parte.

      Percorrendo il corridoio, scortata da un’agente donna che disse che la stava portando in infermeria, Keri fu piuttosto sicura di riuscire a udire il rumore del calcio delle armi che si schiantavano contro ossa umane. E mentre non udì alcun urlo seguente, udì però un grugnito, seguito da profondi gemiti incessanti.

      CAPITOLO OTTO

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