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fu di drago una scagliosa pelle.

      Di questo già si cinse il petto e 'l tergo

      quello avol suo ch'edificò Babelle,

      e si pensò cacciar de l'aureo albergo,

      e torre a Dio il governo de le stelle:

      l'elmo e lo scudo fece far perfetto,

      e il brando insieme; e solo a questo effetto.

119

      Rodomonte non già men di Nembrotte

      indomito, superbo e furibondo,

      che d'ire al ciel non tarderebbe a notte,

      quando la strada si trovasse al mondo,

      quivi non sta a mirar s'intere o rotte

      sieno le mura, o s'abbia l'acqua fondo:

      passa la fossa, anzi la corre e vola,

      ne l'acqua e nel pantan fin alla gola.

120

      Di fango brutto, e molle d'acqua vanne

      tra il foco e i sassi e gli archi e le balestre,

      come andar suol tra le palustri canne

      de la nostra Mallea porco silvestre,

      che col petto, col grifo e con le zanne

      fa, dovunque si volge, ample finestre.

      Con lo scudo alto il Saracin sicuro

      ne vien sprezzando il ciel, non che quel muro.

121

      Non sì tosto all'asciutto è Rodomonte,

      che giunto si sentì su le bertresche,

      che dentro alla muraglia facean ponte

      capace e largo alle squadre francesche.

      Or si vede spezzar più d'una fronte,

      far chieriche maggior de le fratesche,

      braccia e capi volare; e ne la fossa

      cader da' muri una fiumana rossa.

122

      Getta il pagan lo scudo, e a duo man prende

      la crudel spada, e giunge il duca Arnolfo.

      Costui venìa di là dove discende

      l'acqua del Reno nel salato golfo.

      Quel miser contra lui non si difende

      meglio che faccia contra il fuoco il zolfo;

      e cade in terra, e dà l'ultimo crollo,

      dal capo fesso un palmo sotto il collo.

123

      Uccide di rovescio in una volta

      Anselmo, Oldrado, Spineloccio e Prando:

      il luogo stretto e la gran turba folta

      fece girar sì pienamente il brando.

      Fu la prima metade a Fiandra tolta,

      l'altra scemata al populo normando.

      Divise appresso da la fronte al petto,

      ed indi al ventre, il maganzese Orghetto.

124

      Getta da' merli Andropono e Moschino

      giù ne la fossa: il primo è sacerdote;

      non adora il secondo altro che 'l vino,

      e le bigonce a un sorso n'ha già vuote.

      Come veneno e sangue viperino

      l'acque fuggia quanto fuggir si puote:

      or quivi muore; e quel che più l'annoia,

      è 'l sentir che nell'acqua se ne muoia.

125

      Tagliò in due parti il provenzal Luigi,

      e passò il petto al tolosano Arnaldo.

      Di Torse Oberto, Claudio, Ugo e Dionigi

      mandar lo spirto fuor col sangue caldo;

      e presso a questi, quattro da Parigi,

      Gualtiero, Satallone, Odo ed Ambaldo,

      ed altri molti: ed io non saprei come

      di tutti nominar la patria e il nome.

126

      La turba dietro a Rodomonte presta

      le scale appoggia, e monta in più d'un loco.

      Quivi non fanno i Parigin più testa;

      che la prima difesa lor val poco.

      San ben ch'agli nemici assai più resta

      dentro da fare, e non l'avran da gioco;

      perché tra il muro e l'argine secondo

      discende il fosso orribile e profondo.

127

      Oltra che i nostri facciano difesa

      dal basso all'alto, e mostrino valore;

      nuova gente succede alla contesa

      sopra l'erta pendice interiore,

      che fa con lance e con saette offesa

      alla gran moltitudine di fuore,

      che credo ben, che saria stata meno,

      se non v'era il figliuol del re Ulieno.

128

      Egli questi conforta, e quei riprende,

      e lor mal grado inanzi se gli caccia:

      ad altri il petto, ad altri il capo fende,

      che per fuggir veggia voltar la faccia.

      Molti ne spinge ed urta; alcuni prende

      pei capelli, pel collo e per le braccia:

      e sozzopra là giù tanti ne getta,

      che quella fossa a capir tutti è stretta.

129

      Mentre lo stuol de' barbari si cala,

      anzi trabocca al periglioso fondo,

      ed indi cerca per diversa scala

      di salir sopra l'argine secondo;

      il re di Sarza (come avesse un'ala

      per ciascun de' suoi membri) levò il pondo

      di sì gran corpo e con tant'arme indosso,

      e netto si lanciò di là dal fosso.

130

      Poco era men di trenta piedi, o tanto,

      ed egli il passò destro come un veltro,

      e fece nel cader strepito, quanto

      avesse avuto sotto i piedi il feltro:

      ed a questo ed a quello affrappa il manto,

      come sien l'arme di tenero peltro,

      e non di ferro, anzi pur sien di scorza:

      tal la sua spada, e tanta è la sua forza!

131

      In questo tempo i nostri, da chi tese

      l'insidie son ne la cava profonda,

      che v'han scope e fascine in copia stese,

      intorno a quai di molta pece abonda

      (né però alcuna si vede palese,

      ben che n'è piena l'una e l'altra sponda

      dal fondo cupo insino all'orlo quasi),

      e senza fin v'hanno appiattati vasi,

132

      qual con salnitro, qual con oglio, quale

      con zolfo, qual con altra simil esca;

      i nostri in questo tempo, perché male

      ai

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