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o rendere prepotente un partito, è inutile addurre ragionamenti. Codesti motivi hanno radice nella perversità del cuore, ed a ciò le ragioni non possono rimediare. A quelli invece che sono intolleranti per difetto di raziocinio, conservando tuttavia cuor retto e virtuose intenzioni, non è difficile dimostrare ch'essi sono in errore, e che quest'errore li conduce inevitabilmente al termine opposto a quello cui tendono i loro disegni.

      La tolleranza può essere applicata in due modi: o alle opinioni, o agli uomini che la professano.

      La tolleranza applicata alle opinioni, è giusta e razionale ove queste sieno non pienamente fondate sopr'una certezza, e perciò disputabile. Ove invece si tratti d'opinioni certe, o tenute per tali, e perciò incapaci di controversia, la tolleranza non tanto non è conveniente, ma sarebbe la cosa più irrazionale del mondo, sarebbe sciocchezza e puerilità.

      Chi mai, per cagion d'esempio, potrebbe, per quanto professasse la tolleranza, applicarla ad un conteggio aritmetico? E se si pretendesse che un abile computista, dopo aver fissata la cifra finale che risulta da un conto esatto, ammettesse che è cosa indifferente l'aggiungervi o il sottrarne una sola unità; non sarebbe stravaganza o pazzia?

      E non sarebbe, dall'altro canto, uguale stravaganza o pazzia il pretendere che intorno a tante questioni non definite nè dimostrate ancora circa il mondo materiale ed il metafisico, altri dovesse irremissibilmente seguire la nostra opinione?

      Circa le opinioni, dunque, o indubitatamente certe, o che un profondo e sincero convincimento ci fa considerar come tali, la tolleranza è irrazionale, ripugnante, ed assurda.

      Ma per quello che spetta agli uomini che le professano, la tolleranza è stretto dovere di giustizia, e condizione indispensabile al trionfo della verità; siccome al contrario, l'intolleranza è assolutamente ingiusta, e mantenitrice ostinata dell'errore.

      La tolleranza è dovere di stretta giustizia, perchè non è concesso a nessun occhio umano lo scrutare l'intimo del cuore e della coscienza dell'altro uomo; pesarne le virtù e le colpe, giudicarne gli effetti, conoscerne le forze e le reticenze, gl'impulsi e le inerzie; definire dove, se, quanto e sino a che punto operino i pregiudizi, le sensazioni, le idee preconcette, fonti d'ignoranza invincibile; e dove invece incominci l'azione delle passioni, degli affetti interessati, della resistenza volontaria, calcolata e viziosa, alle manifestazioni dell'intelletto e della ragione, fonti d'un'ignoranza o d'una negazione colpevole.

      Non essendo, dunque, dato agli uomini di far questa distinzione, nè di conoscere perciò o la colpa, o il grado di colpa, in che sia caduto chicchessia in materia d'opinioni, non possono aver modo nè regola per conoscere se meriti punizione, ed in qual grado la meriti.

      Da ciò ne viene, per necessaria conseguenza, che ogni qualvolta oltraggiano, tormentano o contristano in qualsivoglia modo gli uomini per il solo motivo delle loro opinioni, o sono assolutamente ingiusti e crudeli, se codesti uomini al cospetto di Dio e della propria coscienza non sono colpevoli: ove poi tali realmente fossero, sono ingiusti e crudeli egualmente, perchè il dare un gastigo alla cieca, senza avere un criterio certo per poter conoscerne l'opportunità e la misura, è non minore nè meno pericolosa ingiustizia.

      Se queste deduzioni sono vere (e, quanto a me, le tengo per irrecusabili), ne nasce la necessaria conseguenza, che al solo occhio divino essendo chiari ed aperti i misteri del cuore umano, a Dio solo è riservato il giudizio, la punizione o la ricompensa in fatto di credenza. Egli solo saprà giudicare se fu sincera o finta, virtuosa o colpevole, la sua fede; e, pel contrario, che ogniqualvolta gli uomini vogliono esercitare l'ufficio riserbato e possibile al solo Iddio, e farsi interpreti del suo giudizio, usurpano un'autorità che non hanno, occupano e violano i diritti degli altri uomini: e questo modo d'agire, che con un solo vocabolo vien detto intolleranza, è assolutamente contrario alla giustizia, agli esempi ed ai comandamenti di Gesù Cristo, e conducente non al trionfo del vero, ma all'ostinata diuturnità dell'errore.

      Eppure, questo è precisamente il modo tenuto da secoli cogli Israeliti; non dirò a nostra vergogna, perchè la generazione presente lo detesta generalmente oramai; e Pio IX, con quella sapienza resa cotanto vigile ed operosa dalla carità evangelica che lo infiamma, lo ha solennemente condannato, stendendo la mano a quei poveri afflitti, come l'ha stesa a tanti altri: ma a vergogna certamente delle generazioni passate, che così crudelmente ed ostinatamente lo tennero.

      Per quanto l'oppressione del popolo d'Israele sia fatto noto ed incontestato; per quanto l'universale aborra oggidì dalle antiche sevizie; non è tuttavia fuor di proposito il farne conoscere brevemente alcuni particolari, ignorati per avventura dai più: e dando uno sguardo alla dolorosa storia dei loro patimenti, mostrare quale sia stata la loro condizione sino al momento presente.

      I

      Non credo necessario entrare nella narrazione di fatti anteriori all'epoca delle Crociate. Basterà l'accennare che sin dai tempi degl'imperatori, vennero spesso avvolti gli Israeliti nelle persecuzioni medesime dei Cristiani, ed ebbero al paro di essi ad incontrare le torture e la morte. Quando poi l'Europa uscì da quello stadio che comprende l'invasione de' barbari ed il dominio delle prime dinastie dei loro re (stadio nel quale l'umana società era scesa al punto più basso al quale forse potesse arrivare), essendosi addensate allora più che in verun altro tempo le tenebre dell'ignoranza, e dilatato in ogni parte il regno della violenza la piena dell'iniquità e de' più atroci delitti; uscita, dico, l'Europa da quest'epoca funesta, parve sentisse generalmente il bisogno d'una grande espiazione d'una penitenza dura e travagliosa, non inferiore al cumulo dei delitti commessi, che pesasse ugualmente su tutta la vivente generazione: e l'Europa s'offriva spontanea alle due più gravi pene che si conoscano, l'esilio e la morte; e presa la Croce, si moveva verso Oriente.

      Ma quel sentimento bollente di rimorso e di pentimento, quel grande atto di fede di tanti popoli, ebbe un carattere rozzo, ed anzi feroce, come gli uomini e l'età che lo professava: non si stimò poter fare abbastanza in onore di Cristo e della sua Religione, nè in esterminio e vituperio di tutti i suoi nemici: e s'incominciò dai più vicini, e che meno si potevan difendere; dagl'Israeliti: e quasi ogni partenza di Crociati ebbe a funesto preludio una popolare e tumultuaria strage di quegl'infelici.

      La causa medesima produsse effetti, purtroppo! simili ed ugualmente atroci anche fuori dell'occasione delle Crociate. La Francia, la Germania, la Spagna, il Portogallo, l'Inghilterra, la Polonia, la Prussia, la Boemia, in diversi tempi ebbero le loro proscrizioni; ed il sangue degli Israeliti fu sparso, in onta del nome e del principio cristiano. Memorabili rimasero le stragi del 1096, 1146, 1306, 1389; alle quali sempre andarono unite taglie, espulsioni violente, ed ogni maniera di persecuzione.

      L'Italia, culla di civiltà, sede di coltura, d'industria e d'ogni bell'arte nel medio evo, ebbe in que' remoti secoli men rozzo e feroce costume, e quindi non si macchiava, o in minor grado, delle crudeltà sopraddette; e le pagine della sua storia non vengono (salvo rare eccezioni) attristate dal racconto di stragi d'Israeliti. Bensì da molti suoi Stati vennero banditi, poscia riammessi. In Napoli soltanto il bando non ebbe nè revoca nè fine.

      Roma, che generalmente fu pur la più mite delle città Italiane verso gl'Israeliti, ne fece tuttavia uccisione nel 1321. Ma il popolo, non i Papi, ne furono autori. Sedeva in Avignone Giovanni XXII, il quale, ad esempio di San Gregorio Magno, Innocenzo III, Innocenzo IV, Alessandro II, Alessandro III, d'Onorio III e d'Urbano V, scrisse e s'adoperò in favor degli Ebrei manomessi, vilipesi, taglieggiati e straziati generalmente allora da Principi e da Popoli. Altrettanta benignità usò cogli Israeliti, un secolo di poi, Martino V.

      Ma la persecuzione violenta della spada e del fuoco dona spesso, e non toglie, vigore ed energia alle nazioni: bensì toglie ad esse queste nobili qualità l'astuta ed abbietta persecuzione della corruzione lenta, e della vessazione continua ed oscura, che dissecca ogni fonte di vita, tronca i nervi d'ogni virtù; contamina, onde aver pretesto di calpestare; e toglie così alle sue vittime non solo la difesa, ma persino il compianto.

      Di cotali persecuzioni ne offrirono esempi, e ne provaron gli effetti, anco popoli non circoncisi.

      Le progressive modificazioni di quello d'Israele, del suo costume, dell'insieme delle sue condizioni sociali, servon di prova alle suddette verità.

      Avvolto nelle sanguinose vicende che abbiamo accennate nel medio evo, straziato, proscritto, cacciato di terra

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