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cominciassero nel decimo secolo, forse un poco avanti, sotto il regno di Ibrahim-ibn-Ahmed. Fin allora la quinta, e il fei, abbondanti per cagion della guerra, e la decima, bastavano ai bisogni della colonia militare, non obbligata a mandar danaro in Affrica.76

      Dopo gli ordinamenti è da ricercare quali generazioni d'uomini fossero venute a stanziare in Sicilia, sotto il nome di Musulmani. Scarseggiando così fatte notizie appo i cronisti, sarà uopo aiutarci coi nomi topografici relativi a schiatte o analoghi a quei d'altri paesi musulmani. Cotesta via d'induzione non ripugna alla sana critica; poichè i popoli musulmani, come tutti altri, usarono ripetere nelle colonie i nomi della madre patria; e fu tanto, che appo loro si compilò un dizionario apposta di omonimie geografiche.77 Nondimeno la medesimità del nome può nascere talvolta da analogia di condizioni locali, verbigrazia Casr-el-Hamma, il “Castel dei Bagni,” che se ne trovava in Sicilia, in Affrica e altrove; o può venire da epoche più remote, da somiglianza casuale dei vocaboli, da altra origine ignota a noi: per esempio, in Sicilia stessa Segesta e Mazara, i quali nomi rispondono al Segestân, provincia della Persia, e a Mazar, villaggio del Loristân anco in Persia.78 Sendo notissime nell'antichità quelle due città siciliane, la identità dei nomi porterebbe per avventura a confermare la origine orientale dei Sicani, e non sarebbe cagion di errore quanto ai tempi musulmani. Ma l'esempio ci ammonisce vieppiù a stare guardinghi, e ricusare gli indizii di questa fatta che non trovino riscontro nelle vicende istoriche.

      La diversità di schiatte della colonia siciliana è attestata da Teodosio monaco con parole enfatiche e pur veraci, là dov'ei sclama adunarsi in Palermo la genía saracenica dei quattro punti cardinali del mondo:79 chè dovea trasecolare il prigion di Siracusa, passando dalla monotonia d'un capoluogo di provincia bizantina, al tumulto della crescente capitale: coloni e mercatanti viaggiatori; e, misti ai Siciliani, ai Greci, ai Longobardi, a' Giudei, Arabi, Berberi, Persiani, Tartari, Negri; chi avvolto in lunghe vesti e turbanti, chi in pellicce e chi mezzo ignudo; facce ovali, squadrate, tonde, d'ogni carnagione e profilo; barba e capelli varii di colore e di giacitura; ragunati insieme i sembianti, le fogge, le lingue, i portamenti, i costumi di tanti popoli abitatori dell'impero musulmano. I nomi di tribù ricordati nel Libro precedente, mostrano tra i coloni ambo le schiatte di Kahtân e Adnân e sopratutto la seconda.80 Scendendo alle divisioni nate dopo l'islamismo, si ritrae che, oltre gli Arabi d'Affrica, ve n'ebbe di Spagna;81 fors'anco di Siria, Egitto e Mesopotamia.82 V'ebbe al certo la progenie dei Khorassaniti e altri Persiani passati in Affrica nello ottavo secolo; e non fu di poco momento, vedendosi primeggiare tra i Musulmani di Palermo, nelle guerre d'independenza del decimo secolo, un Rakamuwêih, nome persiano, e la potentissima famiglia dei Beni-Taberi, oriunda del Taberistân; oltrechè nel territorio di Palermo trovansi i nomi topografici di Ain-Scindi,83 Balharâ,84 e Ságana;85 e, un po' più discosto, quei di Menzîl-Sindi e Gebel-Sindi,86 i quali tutti van riferiti alle schiatte dello estremo oriente. I nomi dei luoghi, al par che gli avvenimenti storici, mostrano che gli Arabi, e altri popoli di Levante, tenessero le parti settentrionali del Val di Mazara, nel quale, come il dicemmo, erano ristrette le colonie musulmane nel nono secolo. Palermo, fatta capitale dell'isola, era lor sede principale; e par che lungo la costiera quelle popolazioni si estendessero, verso ponente, infino a Trapani.

      La schiatta berbera, com'è noto, accompagnò gli Arabi nel conquisto di Sicilia; sendone venute alcune tribù nell'esercito di Ased-ibn-Forât, altre col berbero spagnuolo Asbagh-ibn-Wekil, altre senza dubbio nelle varie espedizioni che successero, ed alla spicciolata. Fu parte non piccola della colonia; poichè potè sostenere lunga guerra civile contro gli Arabi. Occupò le regioni meridionali del Val di Mazara. E veramente tra una dozzina di nomi berberi, su la origine dei quali non cade alcun dubbio, la più parte si trova in quella regione, nel tratto che corre da Mazara a Licata.87 Girgenti, guerreggiante spesso contro Palermo e sempre rivale, era senza dubbio la città più importante, e come la capitale dei Berberi.

      La moltiplicità delle schiatte invelenì al certo molte querele private; si mescolò forse alle altre cagioni d'ira negli scambii degli emiri; ma non potea produrre tante fazioni, quante nazioni. Inoltre la progenie di Kahtân sembra pochissima in Sicilia innanzi i Kelbiti, che vennero nel decimo secolo. I Persiani par che dimenticassero la rivalità loro contro gli Arabi, già mitigata dal tempo in Affrica. Lo stesso avvenne agli altri sminuzzoli di schiatte orientali, troppo deboli per far parte dassè, interessati tutti a stringersi intorno gli Arabi di Adnân per soverchiare i Berberi.

      Arabi e Berberi dunque: ecco la profonda, insanabile divisione della colonia siciliana. Tra gli uni e gli altri non era divario di condizione legale. Mentre in Affrica molte tribù berbere pagavano tuttavia il kharâg e rimanean prive degli stipendii militari, per essere state sottomesse con la forza, in Sicilia le due genti, venute insieme a combatter la guerra sacra, vantavano uguale dritto ai premii della vittoria. Se non che, in fatto, gli emiri dell'esercito siciliano nascean di sangue arabico, al par che i principi aghlabiti; di sangue arabico o persiano i dottori, gli ottimati, la più parte dei cavalieri del giund; nè poteano smettere in Sicilia l'orgoglio e cupidigia da nobili; nè dimenticare la maggioranza della schiatta loro in Affrica. I Berberi poi non si tenean da meno di loro: conscii del proprio numero, valore, dritti d'islamismo e dritti di natura. Un moderno e sagace osservatore, il generale Daumas, notando il divario ch'è tra le istituzioni sociali degli Arabi e dei Berberi, e trattando particolarmente dei Berberi della Kabilia Grande, come chiaman la regione tra Dellys, Aumale, Setif e Bugia, ben ha dipinto quella nazione col motto di “Svizzera salvatica.” Cantoni e villaggi, al dir suo, fanno unità politiche; rannodansi tra loro per leghe più o meno durevoli: repubblichette democratiche, ove ognuno ha voce in consiglio; i magistrati elettivi, di breve durata e poca autorità; case nobili preposte sovente alle leghe, per ambito o riputazione, non per dritto; e, più che ai magistrati o ai nobili, si obbedisce ai marabuti, frateria che molto somiglia al monachismo del medio evo: la gemâ' rende ragione in materia criminale, non secondo il Corano ma con le antiche consuetudini del paese: l'omicida dichiarato fuor della legge; per gli altri delitti, pene pecuniarie, e non mai staffilate come appo gli Arabi. Pensa il lodato autore ch'abbian ordini analoghi le altre popolazioni berbere dell'Algeria;88 ed io aggiugnerei che, si eccettuino le tribù nomadi e alcuni periodi in cui tribù agricole, o leghe, si son governate a monarchia, e del resto si tengano le consuetudini di civile uguaglianza come osservate in tutta la schiatta berbera fin da tempi remotissimi.89 Dopo il conquisto musulmano ne danno indizio quella generale inclinazione dei Berberi alle sètte kharegite; e lo spirito d'independenza della tribù di Kotâma a fronte dei califi fatemiti;90 e i magistrati della medesima tribù e di Zenâta nell'undecimo secolo, analoghi a quelli di cui parla il generale Daumas ai dì nostri:91 che se talvolta sursero in quel popolo principi o dittatori, si ricordi tali usurpazioni avvenir più agevolmente negli Stati democratici che sotto l'aristocrazia. Da ciò si può conchiudere che le popolazioni berbere passate in Sicilia, e non soggette a principi loro, poichè ubbidivano agli aghlabiti, fossero informate dal genio d'uguaglianza che le dovea vieppiù alienare dagli Arabi, e rendere intolleranti dei signorili soprusi di quelli. Le inclinazioni economiche divideano alsì l'una dall'altra gente: gli Arabi oziosi, i Berberi industri; gli uni pastori di vassalli, poichè lor n'eran caduti in mano in vece di cameli e pecore; gli altri sempre agricoltori. Doveano dunque i primi bramar che si lasciassero le terre ai vinti siciliani; i secondi che le si dividessero. E bastava sol questa, se fosse mancata ogni altra cagione, a suscitar la guerra civile!

      Dal detto fin qui si comprende la origine dei due movimenti diversi, che cominciarono ad agitare la colonia di Sicilia, entro mezzo secolo dalla fondazione sua. L'uno era sforzo della colonia a

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<p>76</p>

Si percorrano nel Libro II le vicende della colonia infino al tempo di cui si tratta, e si vedrà appena un dono di spoglie e prigioni di Castrogiovanni fatto dallo emir di Sicilia al principe aghlabita, e da questi al califo.

<p>77</p>

Intitolato il Moscitarik, opera di Iakût, geografo del XIII secolo. Il testo arabico è stato pubblicato a Gottinga dal dotto e infaticabile dottor Wüstenfeld.

<p>78</p>

Veggasi il Moscitarik, alla voce Mêzar. È noto a tutti che gli antichi supposero il nome di Segesta, mutato per eufemismo da Egesta; ma l'autorità degli antichi è debolissima in fatto di etimologie.

<p>79</p>

Veggasi il Libro II, cap. IX, p. 407 del primo volume.

<p>80</p>

Alla prima apparteneano Ibn-Gauth (Libro II, cap. III, p. 285 del primo volume), un della tribù di Hamadân (Libro II, cap. VI, p. 314 del primo volume), i Kelbiti, che furono emiri di Sicilia nel X secolo, e fin nel XII secolo un della tribù di Kinda, che comperò una casa in Palermo da un Berbero di Lewâta. Della seconda nasceano gli Aghlabiti, che mandarono molti loro congiunti in Sicilia: e si trovano inoltre i nomi delle tribù di Kinâna, Fezâra e altre dello stesso ceppo. Tra i poeti arabi di Sicilia, che fiorirono la più parte nell'XI e XII secolo, veggiamo tre rami soli di Kahtân e moltissimi di Adnân, non ostante la signoria dei Kelbiti.

<p>81</p>

Per gli Spagnuoli veggasi il Libro II, cap. III, p. 264, e cap. IV, p. 286 e 288 del primo volume. Si potrebbe anco attribuire alli Spagnuoli il nome di Caltabellotta “la Rocca delle Querce,” identico a quello di Kalat-el-bellût, presso Cordova. Ma ognun vede che il nome potea nascere dalla condizione del luogo.

<p>82</p>

Casr-Sa'd chiamavasi secondo Ibn-Giobair (Voyage en Sicile de Mohammed-ibn-Djobaïr, Journal Asiatique, série IV, tomo VI, 1845, p. 516, e tomo VII, 1846, p. 75, e nota 24) un castello nelle vicinanze di Palermo, fondato fin dai primi tempi della dominazione musulmana. Era nome di tribù arabica di Adnân, stanziata in Siria e in Egitto, come si ritrae da Makrizi, El-Baiân-wa-l-I'râb, edizione del Wüstenfeld, p. 11 a 14; dalla quale tribù vennero i nomi di quattro diversi luoghi in Oriente, che occorrono nel Moscitarik di Iakût, p. 447, e d'un villaggio presso Mehdîa, in Affrica, ricordato nel dizionario biografico di Sefedi, MS. di Parigi, Suppl. Arabe 706, articolo su Khazrûn; e da Edrisi, Géographie, versione francese, tomo I, p. 277.

Belgia, secondo Edrisi, era castello sul fiume, or detto Belici, che scorre tra Gibellina e Santa Margarita, e mette foce presso Selinunte. Il nome or del castello e or del fiume, nei diplomi latini dall'XI al XV secolo si vede scritto Belich, Belichi, Belice, Belix, Bilichi. In altra regione, tra Polizzi, cioè, e Collesano, si ricorda nel XIV secolo un castel Belici. Veggansi i diplomi presso Pirro, Sicilia Sacra, p. 695, 736, 842, 843; Di Gregorio, Biblioteca Aragonese, tomo II, p. 469, 489, 492; Del Giudice, Descrizione del tempio di Morreale, appendice, p. 8, seg., dipl. del 1182. Fanno menzione degli stessi nomi: Amico, Lexicon Topographicum, in Val di Mazara e Val Demone; e Villabianca, Sicilia Nobile, tomo I, parte II, p. 23.

Il medesimo nome, sotto la forma di Belgi e Belgiân, si trova a Bassora e presso Marw in Khorassân, secondo il Merâsid-el-Ittilâ'. Inoltre un picciol fiume che si scarica nell'Eufrate presso Rakka, chiamato anticamente Bileka, porta oggi il nome di Belich, o Belejich, secondo la pronunzia inglese, come si nota nel Journal of the Royal Geographical Society, anno 1833, tomo III, p. 233.

<p>83</p>

Volgarmente Dennisinni, fonte presso Palermo, tra i palagi della Cuba e della Zisa. In un diploma latino del 1213, presso Mortillaro, Catalogo dei diplomi della cattedrale di Palermo, p. 55, questo nome è scritto Aynscindi; e Aynisindi nello Anonymi Chronicon Siculum, opera del XIV secolo, presso Di Gregorio, Biblioteca Aragonese, tomo II, p. 129. Ibn-Haukal, nel X secolo, dava a questa fonte il nome di 'Ain-abi-Sa'id. Journal Asiatique, IV série, tomo V, p. 90 e 99 (20 e 29 dell'estratto).

<p>84</p>

Del villaggio di Balharâ, fa menzione Ibn-Haukal, l. c. Il sito risponde senza dubbio a quel di Monreale; e il nome par sia rimaso a un mercato di Palermo, ch'era frequentato probabilmente dagli abitatori di Balharâ, il quale, nel medio evo, fu chiamato, come attesta Fazzello, Segehallaret, e oggi, tralasciata la voce suk o sug, “mercato,” si addimanda Ballarò. Io l'ho avvertito alla nota 33 alla mia versione di Ibn-Haukal. Or in India avvi un monte detto nel medio evo Balharâ, e scritto dagli Arabi precisamente con la stessa ortografia del testo di Ibn-Haukal. Ne fa menzione il medesimo autore, e, seguendo lui, Ibn-Sa'id, Moktaser-Gighrafia, MS. di Parigi, fog. 53. Balharâ era anche titolo di un principe d'India, al dir di Masudi, Morûg-ed-dscheb, versione inglese di Sprenger, tomo I, p. 193, e Reinaud, Mémoire sur l'Inde, p. 129.

<p>85</p>

Ságana, vasto podere, e un tempo feudo, tra le montagne a ponente di Palermo. Il nome resta tuttavia. Se ne fa menzione in un diploma di Guglielmo II, del 1176, del quale v'ha una copia in arabico nell'archivio del Monastero di Morreale, con una versione latina contemporanea, pubblicata da Del Giudice, Descrizione del tempio di Morreale, appendice, p. 18.

Saghâniân chiamavasi una città della Tartaria independente, al sud-est di Samarkand; e scriveasi con le medesime lettere radicali che nel diploma di Morreale, se non che in questo l'accento e la finale son diversi: in luogo di Saghâniân, Sâghanû. È superfluo ricordare che nel IX secolo l'impero arabico si estendeva alla Tartaria fino a Fergana; e che Bokhara, Samarkand e altre città di quella provincia, furono patria di dottissimi scrittori arabi.

<p>86</p>

Menzîl Sindi, ricordato da Edrisi, e situato presso Corleone; e Gebel-Sindi, vasto podere presso Girgenti, di cui si fa menzione in un diploma del 1408, presso Di Gregorio, Biblioteca Aragonese, tomo II, p. 49. Significano l'uno “la posta o villaggio,” e l'altro “il monte” del Sindî, o vogliam dire uom del Sind. Il nome di Sindis, a levante di Corleone, occorre di più in un diploma presso Pirro, Sicilia Sacra, p. 764. Mohammed-ibn-Sindi capitanò l'armatetta uscita di Palermo contro i Bizantini nell'855. Veggasi il Libro II, cap. V, p. 302 del primo volume.

<p>87</p>

Dei nomi che presentano tal certezza, sei sono vicinissimi a Girgenti; due tra questa e Palermo; due presso Palermo; uno nei dintorni di Messina; uno in quei di Siracusa. Ecco i nomi:

I. Andrani, casale tra Sciacca e Girgenti, da un diploma del 1239, Constitutiones Regni Siciliæ, edizione del Carcani, p. 268. Andrani o Andarani è l'aggettivo etnico di Andara, tribù berbera, ricordata da Ibn-Khaldûn, Storia dei Berberi, testo arabico, tomo I, p. 108 e 178, e versione francese di M. De Slane, tomo I, p. 170, 275.

II. Kerkûd, nome di villa in Sicilia secondo il Merâsid-el-Ittilâ' e il Mo'gim di Iakût, MS. del British Museum, nº 16649 e 16650, nell'articolo Kerkeni (Girgenti): forse la Karches di un diploma del 1177 a favor del vescovo di Girgenti, negli Opuscoli di autori siciliani, tomo VIII, p. 334. Kerkûda è tribù berbera, secondo Ibn-Khaidûn, op. cit., testo, tomo I, p. 177; versione, tomo I, p. 274.

III. Mesisino, nome di collina nell'antica baronia di Belici presso Castelvetrano, secondo Villabianca, Sicilia Nobile, tomo II, p. 345. Meziza è tribù berbera, secondo Ibn-Khaldûn, op. cit., testo, tomo I, p. 153; versione, tomo I, p. 241. La mutazione della z in s non mette in forse la etimologia.

IV. Mechinesi, antico casale sul cui sito sorge in oggi Acquaviva, secondo Amico, Lexicon Topographicum. Miknas, o Miknasa è nome notissimo di tribù berbera.

V. Minsciâr, castello, secondo Edrisi, presso il sito presente di Racalmuto; e Muxaro (Sant'Angelo di) in oggi comune a 14 miglia da Girgenti, scritti entrambi con varianti nei diplomi del medio evo. Minsciâr era nome di una montagna in Affrica, appartenente alla tribù berbera dei Wezdâgia, secondo Ibn-Khaldûn, Histoire de l'Afrique et de la Sicile, versione di M. Des Vergers, testo arabo, p. 56, e versione, p. 128. Si vegga anche Edrisi, versione di M. Jaubert, tomo I, p. 275. Il Merâsid, di Iakût, edizione di Leyde, tomo III, p. 159, nota una fortezza Minsciâr presso l'Eufrate.

VI. Modiuni si addimanda in oggi il fiume detto anticamente Selinus, presso Selinunte. Madiûna è nome di tribù berbera, secondo Ibn-Khaldûn, Storia dei Berberi, testo, tomo I, p. 109, e versione, tomo I, p. 172.

VII. Sanagi o Sinagia, si chiamò la sorgente del fiume Mazaro, e un podere nel territorio di Salemi, secondo un diploma del 1408, presso Di Gregorio, Biblioteca Aragonese, tomo II, p. 489, e Villabianca, Sicilia Nobile, tomo II, p. 396. Sanhâgia, o Sinhagia, come ognun sa, è delle principali tribù berbere.

VIII. Notissima al paro quella di Zenata. Hager ez-Zenati e Rahl ez-Zenati che suonan “La rupe,” e “il villaggio” di quel di Zenata, sono nomi di luogo presso Corleone, ricordati nei diplomi: del 1093, presso Pirro, Sicilia Sacra, p. 695 e 842; del 1150, 1155, 1301, presso Mongitore, Sacræ Domus Mansionis… Panormi, Monumenta historica, cap. XIII; e del 1182, presso Del Giudice, Descrizione del tempio di Morreale, Appendice, p. 11. Di quest'ultimo diploma avvi una copia arabica nell'archivio del monastero di Morreale. Negli altri, che son tutti latini, si legge talvolta Petra de Zineth, Raalginet, Ragalzinet ec.

IX. Magagi in latino e Maghâghi in arabico, secondo il diploma del 1182 presso Del Giudice, l. c., è nominata una villa nel territorio dell'antica Giato, non lungi dall'odierno comune di San Giuseppe li Mortilli. Maghâga, tribù berbera, secondo Ibn-Khaldûn, Storia dei Berberi, testo, tomo I, p. 108; versione, tomo I, p. 171.

X. Cutemi, Cutema, Gudemi, terra presso Vicari, sul confine delle diocesi di Palermo e Girgenti, ricordata in un diploma del 1244, presso Pirro, Sicilia Sacra, p. 147. Il nome deriva da Kotâma o Kutâma, tribù berbera, di cui ci occorrerà far parola. Avvertasi che questa e Sanhagia forse non vennero in Sicilia prima del X l'una, e l'altra dello XI secolo.

XI. Cûmîa, nome di due villaggi vicino Messina, e di una tribù berbera, di cui Ibn-Khaldûn, op. cit., testo, p. 109 ec., e versione, tomo I, p. 172 ec.

XII. Melilli, nome di città a dodici miglia da Siracusa. Melila e Melili, cittadi d'Affrica, l'una su la costiera del Rif di Marocco, l'altra nello Zab; e Melila, tribù berbera, di cui Ibn-Khaldûn, op. cit., testo, tomo I, p. 107 ec., e versione, p. 170 ec. Ma il nome potrebbe esser pure d'origine latina.

XIII. Mesisino, nel feudo del Landro (val di Mazara), citato da Villabianca, Sicilia nobile, tomo II, p. 345. Meziza era nome di tribù berbera, secondo Ibn-Kaldûn, Histoire des Berbères, tomo I, p. 241 della versione, e I, 153 del testo.

Do la presente lista com'abbozzata appena; perocchè nè si trovan raccolti, nè io tutti li so, i nomi topografici secondarii della Sicilia, di monti, poderi, scaturigini d'acqua ec. Da un'altra mano scarseggiano le notizie su le denominazioni etniche di second'ordine e su le topografiche relative ai Berberi d'Affrica, e la lingua loro appena si è cominciata a studiare da Europei; ond'è possibile che siano berberi molti nomi topografici attuali della Sicilia o di quei ricordati nelle carte dal XII al XV secolo, la cui origine non pare arabica, nè greca, nè latina, nè francese. Son certo che si arriverà a scoprirne col tempo molti altri. Avverto infine che moltissimi dati anco dalla schiatta berbera non si riconosceranno giammai; perchè gli uomini di quella prendeano sovente nomi o soprannomi arabici. Occorrono inoltre parecchi nomi berberi tra i poeti siciliani dell'XI e XII secolo. La storia ricorda, nell'XI secolo, Ibn-Meklâti, uno dei regoli che si divisero l'isola, uom della tribù di Meklata, di cui Ibn-Khaldûn, op. cit., testo, tomo I, p. 108 ec.; versione, tomo I, pag. 172 ec. L'atto di vendita di una casa in Palermo, dato il 1132, porta il nome del venditore Abd-er-Rahman-ibn-Omar-ibn… – el-Lewâti, cioè di Lewâta, notissima tribù berbera; testo arabico presso Di Gregorio, De supputandis apud Arabos Siculos temporibus, p. 44.

<p>88</p>

Mœurs et Coutumes de l'Algérie, par le général Daumas, Paris 1853, p. 148, 166, seg.; 191, seg.

<p>89</p>

Ibn-Khaldûn, sì veggente in filosofia storica e sì accurato compilator degli annali dei Berberi, fa una distinzione tra i Berberi nomadi e gli agricoltori, dei quali i primi taglieggiavano i secondi e si teneano più nobili di loro, Storia dei Berberi, versione francese di M. De Slane, tomo I, p. 167, seg. Par che i nomadi non solamente esercitassero quella maggioranza, come più forti, sopra gli agricoltori, ma anco inclinassero all'aristocrazia nello ordinamento interiore di loro tribù. Quanto alla democrazia, ancorchè Ibn-Khaldûn non ne parli, trasparisce dai fatti che io andrò accennando; e fors'anco quello storico si accorse della diversità del reggimento politico, quando notò che i Berberi lontani dalle grandi città e però non soggetti alla dominazione romana, vandala o bizantina, “avean le forze, ordini, numero di genti, re, capi, reggitori (akiâl plurale di kâil) e comandanti che lor piacessero;” poichè la diversità di cotesti governanti, scrivendo lo autore in arabico e non in berbero, mostra differenza non di mero titolo, ma ancora di autorità e natura del magistrato. Veggasi il testo arabico, vol. I, p. 132; e la versione, vol. I, p. 207, che non è litterale.

<p>90</p>

Il califo fatemita Mo'ezz-li-din-Allah, verso il 908, apprestandosi al conquisto di Egitto, volea porre governatori suoi e riscuotere le decime legali nel paese della tribù di Kotâma. Rifiutaronli. Chiamati a corte alcuni sceikhi della tribù, Mo'ezz, non li potendo intimidare, lor disse che l'avea fatto per prova, e che si rallegrava di avere a' suoi servigi uomini di sì alti spiriti. Veggasi Makrizi, citato da M. Quatremère, Vie du Khalife fatimite Moezz-li-din-Allah, p. 30, 31.

<p>91</p>

Queste due tribù sendo state in guerra contro il principe zeirita d'Affrica, Mo'ezz-ibn-Badis, gli mandarono il 1026 loro sceikhi a trattare uno accordo con esso lui: Ibn-al-Athîr, MS. C, tomo V, fog. 59 recto, anno 417. Le milizie di Kotâma, stanziate al Cairo al principio del regno di Hâkein-bi-Amr-Allah (966), non vollero che si ingerisse nelle faccende loro altri che un proprio loro sceikh. Veggasi Iahîa-ibn-Sa'îd, Continuazione degli annali d'Eutichio, MS. di Parigi, Ancien Fonds, 131 A, p. 62.