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Soltanto per essere perfettamente in grado d’adempiere agli obblighi che si assume con te – date queste condizioni – chiede (e mi sembra giusto) la liquidazione del suo passato. Ha qualche debito.

      Fabio. Quanti? Molti? Oh, me l’immagino!

      Maurizio. Pochi, no, pochi! – Perdio, lo vorresti anche senza debiti? Ne ha pochi. Ma bisogna che aggiunga – e me l’ha raccomandato lui stesso, bada, d’aggiungerlo – che sono cosi pochi non per mancanza di volontà da parte sua, ma per mancanza di credito da parte degli altri.

      Fabio. Ah, benissimo!

      Maurizio. Onesta confessione! Capirai che, se godesse ancora di un certo credito…

      Fabio (prendendosi la testa fra le mani). Basta! basta, per carità!

      Dimmi il discorso che gli hai fatto. – E’ mal vestito? com’è? malandato?

      Maurizio. L’ho trovato un poco deperito, dall’ultima volta. – Ma a questo si rimedia. Ho già rimediato in parte. Sai, è un uomo su cui il morale può molto. Le cattive azioni che si vede costretto a commettere.

      Fabio. gioca? bara? ruba? che fa?

      Maurizio. Giocava. Non lo lasciano più giocare da un pezzo. Era d’una amarezza che accorava. Ho passeggiato con lui tutta una notte, per il viale attorno alle mura. – Sei mai stato a Macerata?

      Fabio. Io, no.

      Maurizio. T’assicuro che è stata per me una nottata fantastica, tra lo sprazzare d’una miriade di lucciole per quel viale: accanto a quell’uomo che parlava con una sincerità spaventosa; e, come quelle lucciole innanzi agli occhi, ti faceva guizzare innanzi alla mente certi pensieri inattesi dalle più oscure profondità dell’anima. Mi pareva, non so, di non esser più sulla terra, ma in una contrada di sogno, strana, lugubre, misteriosa, ov’egli s’aggirava da padrone, ove le cose più bizzarre, più inverosimili potevano avvenire e sembrar naturali e consuete. Egli se n’accorse – (s’accorge di tutto) – sorrise, e mi parlò di Descartes.

      Fabio (stordito). Di chi?

      Maurizio. Di Cartesio. Eh, perché è anche vedrai d’una cultura, specialmente filosofica, formidabile. Mi disse che Cartesio…

      Fabio. Ma in nome di Dio, che vuoi che m’importi di Cartesio, adesso?

      Maurizio. Lasciami dire! Vedrai che te n’importerà! Mi disse che Cartesio, scrutando la nostra coscienza della realtà, ebbe uno dei più terribili pensieri che si siano mai affacciati alla mente umana: – che, cioè, se i sogni avessero regolarità, noi non sapremmo più distinguere il sonno dalla veglia! – Hai provato che strano turbamento, se un sogno ti si ripete più volte? – Riesce quasi impossibile dubitare che non siamo di fronte a una realtà. Perché tutta la nostra conoscenza del mondo è sospesa a questo filo sottilissimo. la re-go-la-ri-tà delle nostre esperienze. – Noi, che abbiamo questa regolarità, non possiamo immaginare quali cose possano essere reali, verosimili, per chi viva fuori d’ogni regola, come quell’uomo li! – Ti dico che, a un certo punto, mi fu facilissimo entrare a fargli la proposta. Parlava di certi suoi disegni, che a lui parevano più che possibili, e a me cosi strampalati e inattuabili, che la proposta mia – capisci? – diventò subito d’una facilità, che più ovvia, più piana non si sarebbe potuto immaginare , d’una ragionevolezza, che chiunque avrebbe potuta accettarla. – E sbalordisci! Non fui mica io a dirgli in prima di quella condizione del danaro fu lui, subito, a protestare, risentito, che – danari niente! – non voleva neppur vederne da lontano. – Ma sai perché?

      Fabio. Perché?

      Maurizio. Perché è molto più facile – sostiene lui— essere un eroe che un galantuomo. Eroi si può essere una volta tanto; galantuomini, si dev’esser sempre. Il che non è facile.

      Fabio. Ah!

      Inquieto, smanioso, fosco, sì mette a passeggiare per la stanza.

      E’… è dunque un uomo d’ingegno, a quanto pare?

      Maurizio. Ah, di molto, di molto ingegno!

      Fabio. Se n’è servito male – sembra!

      Maurizio. Malissimo, malissimo. Fin da ragazzo. Fummo compagni di collegio, te l’ho detto. Col suo ingegno poteva arrivare dove voleva. Studiò sempre quel che gli piacque, quel che poteva servirgli meno. E dice che l’educazione è la nemica della saggezza, perché l’educazione rende necessarie tante cose, di cui, per esser saggi, si dovrebbe fare a meno. Ebbe un’educazione da gran signore: gusti, abitudini, ambizioni, vizii anche… Poi i casi della vita… il crollo finanziario del padre… e… – non c’è da farsene meraviglia!

      Fabio (riprendendo a passeggiare per la stanza). E’… è anche un bell’uomo, hai detto?

      Maurizio. Sì, di bella presenza. – Che cos’è?

      Ride.

      Di’ un po’. niente niente, adesso cominci a temere che abbia scelto troppo bene?

      Fabio. Ma fa’ il piacere! Vedo… vedo del… superfluo, ecco! Ingegno, cultura —

      Maurizio. – filosofica! Non mi sembra che sia superflua al caso.

      Fabio. Maurizio, perdio, non scherzare! lo sono sulla brace! Avrei voluto di meno, ecco! Un uomo modesto, da bene —

      Maurizio. – che si scoprisse subito? . che non avesse l’apparenza conveniente? Ma scusa! Bisognava anche tener conto della casa in cui deve entrare… Un uomo mediocre, non più giovane, avrebbe dato sospetto… Ci voleva un uomo di merito, che ispirasse rispetto e considerazione… tale, insomma, che domani la gente si possa spiegare la ragione per cui la signorina Renni ha potuto accettarlo… E io sono sicuro che —

      Fabio. – che?

      Maurizio. – che lo accetterà – non solo – ma mi ringrazierà un po’ meglio, almeno, di come stai facendo tu!

      Fabio. Sì! Ti ringrazierà… Se la sentissi! – Gli hai detto che si deve fare al più presto?

      Maurizio. Ma sì! Vedrai che saprà subito entrare in confidenza —

      Fabio. – cioè, cioè? —

      Maurizio. – oh, Dio, in quel tanto che vorrete accordargliene!

      SCENA QUARTA

      Cameriera, Detti, poi la Signora Maddalena.

      Cameriera (accorrendo dall’uscio di destra). Signor marchese, la signora la desidera di là un momento.

      Fabio. Ma ora non posso! Debbo andare con mio cugino.

      A Maurizio:

      Bisogna che Io veda… gli parli.

      Alla Cameriera:

      Dite alla signora che abbia un po’ di pazienza: ora non posso!

      Cameriera. Sissignore.

      Via.

      Maurizio. E’ qua, a due passi: al primo albergo. Ma così?

      Fabio. Impazzisco… impazzisco… impazzisco… Fra lei, di là, che piange… e te, di qua, che mi dici…

      Maurizio. Bada, non c’è finora alcun impegno! – E se tu non vuoi…

      Fabio. Voglio vederlo, ti dico, parlargli!

      Maurizio. E andiamo, allora, su! Ti dico che è qua, a due passi!

      Maddalena (sopravvenendo agitata). Fabio! Fabio! Venite di qua, non mi lasciate sola in questo

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