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Ah, forse per questo sì, spesso.

      Guido (c.s.) Come questa sera.

      Pausa.

      Silia (dopo essere rimasta un po’ assorta, con angoscia esasperata) Ma la propria vita… quella che nessuno confida, neanche a se stesso!

      Guido Come dici?

      Silia Non t’è mai avvenuto di scoprirti improvvisamente in uno specchio, mentre stai vivendo senza pensarti, che la tua stessa immagine ti sembra quella d’un estraneo, che subito ti turba, ti sconcerta, ti guasta tutto, richiamandoti a te, che so, per rialzarti una ciocca di capelli che t’è scivolata sulla fronte?

      Guido Ebbene?

      Silia Questo maledetto specchio, che sono gli occhi degli altri, e i nostri stessi, quando non ci servono per guardare gli altri, ma per vederci, come ci conviene vivere… come dobbiamo vivere… Io non ne posso più!

      Pausa.

      Guido (appressandosi) Vuoi che ti dica sinceramente perché tu smanii così?

      Silia (pronta, recisa) Perché tu mi stai davanti.

      Guido (restando male) Ah, grazie. Allora, me ne vado?

      Silia (subito) Faresti bene, faresti bene.

      Guido (dolente) Ma perché, Silia?

      Silia Perché non voglio che…

      Guido (interrompendo) No, dico… mi tratti così male?

      Silia Non ti tratto male! Voglio che non ti si veda troppo qua, ecco.

      Guido Ma che troppo! Se non vengo quasi mai! Sarà più d’una settimana dall’ultima volta, scusa. Si vede che per te il tempo passa troppo presto.

      Silia Presto? un’eternità!

      Guido E allora dici che, nella tua vita, io, non ci sono.

      Silia (infastidita) Oh Dio, Guido, per carità…

      Guido T’ho aspettata ogni giorno! Non ti fai più vedere…

      Silia Ma che vuoi vedere! Non vedi come sono?

      Guido Perché non sai tu stessa quello che vuoi… e invochi, così, senza saper quale, una speranza che t’apra uno spiraglio nell’avvenire.

      Silia Già, perché, secondo te, dovrei andarci con un filo tra le dita, io, verso l’avvenire, a prender le misure: tanto posso volerlo, e di più no: come per i mobili, quando si va in una casa nuova.

      Guido Se ti fa piacere credermi un pedante…

      Silia Ma sì, caro! Mi sembra uno sbadiglio tutto quello che mi dici.

      Guido Grazie.

      Silia Vorresti farmi capire che ho avuto tutto quello che potevo volere, e che ora smanio così (lo dici tu) perché vorrei l’impossibile, è vero? Non è saggio. Eh, lo so… Ma che vuoi farci? Voglio l’impossibile!

      Guido Ma per esempio?

      Silia Per esempio… Ma che ho avuto io, mi sai tu dire che ho avuto, di che dovrei contentarmi?

      Guido Ma io non dico neanche contentarti, se non te ne contenti…

      Silia E che dici allora?

      Guido È questione di misura, contentarsi. Uno si contenta di tanto,

      fa segno col pollice sul mignolo.

      un altro ha tutto e non se ne contenta.

      Silia Io ho tutto?

      Guido No… dico…

      Silia Spiègati!

      Guido Ma spiega tu piuttosto, che altro vorresti?

      Silia (come se parlasse lui) Ricca… padrona di me… libera…

      A un tratto cangiando e infiammandosi:

      Ma non hai ancora capito che questa è stata la sua vendetta?

      Guido Per causa tua! Perché tu non sai approfittarti della libertà che egli t’ha data —

      Silia – di lasciarmi amare da te, o da un altro… di starmene qua, o altrove, libera, liberissima… (c.s.) Ma se non sono mai io!

      Guido Come non sei tu?

      Silia Io, libera di disporre di me, come se non ci fosse nessuno!

      Guido E chi c’è?

      Silia Lui! Io vedo sempre lui che me l’ha data, questa libertà, come una cosa da nulla, andandosene a vivere per conto suo, e dopo avermi dimostrato tre anni, che non esiste, questa famosa libertà, perché, comunque possa avvalermene, sarò sempre schiava… anche di quella sua seggiola là, guarda! che mi sta davanti come qualche cosa che vuol essere una sua seggiola, e non una cosa per me, fatta perché io ci segga!

      Guido Ma questa è una fissazione, scusa!

      Silia Io ho l’incubo di quest’uomo!

      Guido Non lo vedi mai!

      Silia Ma c’è! c’è! E l’incubo non mi passerà mai, finché so ch’egli c’è! Ah Dio, morisse!

      Guido Scusa, non seguita a venire, sì e no, la sera, per una mezz’oretta soltanto?

      Silia Non viene neanche più! Mentre è nei patti che deve venire, deve venire da me ogni sera, per mezz’ora. Ogni sera!

      Guido E viene difatti. Non sale. Ti fa domandare dalla cameriera se non c’è nulla di nuovo…

      Silia Nossignore. Deve salire, deve salire. E deve stare qua, mezz’ora, ogni sera, com’è nei patti.

      Guido Scusa… se dici…

      Silia Che cosa? Ti sembra un’altra contraddizione?

      Guido Hai detto che per te è un incubo!

      Silia Ma io dico che ci sia, che viva, questo è l’incubo per me! Non è mica il suo corpo… Che io lo veda, anzi, è meglio. E apposta lui non si fa più vedere, perché lo sa. Mi si presenta… è lì seduto… come un altro… non più brutto, né più bello d’un altro; gli vedo gli occhi, come li ha… che non mi sono mai piaciuti (Dio! odiosi… acuti come due aghi e vani nello stesso tempo), sento il suono della sua voce che mi dà ai nervi… e posso anche godere del fastidio che gli ho cagionato, d’esser salito per nulla.

      Guido Non credo.

      Silia Che cosa non credi?

      Guido Che sia capace di provar fastidio.

      Silia Ah, lo sai dire? Ma è questo! Io rimango per ore e ore schiacciata dal pensiero che un uomo come quello può esistere, quasi fuori della vita e come un incubo sulla vita degli altri. Guarda tutti dall’alto, lui, vestito da cuoco, da cuoco, signori miei! Guarda e capisce tutto, punto per punto, ogni mossa, ogni gesto, facendoti prevedere con lo sguardo l’atto che or ora farai, così che tu, sapendolo, non provi più nessun gusto a farlo. M’ha paralizzata, quest’uomo! Io non ho più in me che un pensiero che farnetica di continuo! come levarmelo davanti; come liberarne, non me soltanto, ma tutti.

      Guido Oh va’!

      Silia Ti giuro!

      Si sente picchiare alla comune.

      Scena

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