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ancora che lui finisse di parlare. Frank la accompagnò nel piccolo magazzino pieno zeppo di merce non deperibile di ogni tipo.

      “Ho bisogno di prendere alcune di quelle lampadine sullo scaffale là in alto,” indicò Frank. “Ti dispiacerebbe tenere ferma la scala per me?”

      “Certo che no. Vuoi che salga al posto tuo?” si offrì Carla.

      “No, va bene così. Mi sentirei solo più tranquillo sapendo che qualcuno tiene ferma la scala.”

      Carla annuì e afferrò la scala mentre l’uomo saliva. Vide che le sue mani tremavano un po’ mentre si arrampicava sui gradini, vacillando lievemente, ma poi alzò le braccia e prese la scatola dallo scaffale più in alto. Sembrava leggero come una piuma.

      “Grazie. Sapevo che era una buona idea avere due mani in più ad aiutarci,” le disse, quando fu tornato accanto a lei sul pavimento.

      Carla si sentì la benvenuta e fu felice di essere di qualche aiuto a quelle persone così gentili. “Ora è meglio se torno nel negozio e aiuto Delores. Penso di aver sentito di nuovo il suono del campanello,” disse, mentre si faceva strada verso il retrobottega.

      “Eccoti qui, ti stavo cercando,” la salutò Delores con un sorriso raggiante.

      “Ero nel magazzino con Frank. Mi ha chiesto di tenergli la scala,” spiegò Carla, un po’ confusa. Era preoccupata che il suo capo credesse che stava battendo la fiacca, ma Delores stava sorridendo troppo sinceramente per pensare a questo.

      “Va bene. È che un certo giovanotto è passato per chiedere di te. Sono venuta a cercarti ma ho immaginato che fossi occupata. Ha detto che si sarebbe rifatto vivo più tardi,” Delores le fece l’occhiolino e Carla arrossì.

      “Buongiorno, potreste aiutarmi a prendere un po’ di riso?” Un uomo anziano si avvicinò al bancone, proprio mentre Carla stava per domandare a Delores chi fosse quel “certo giovanotto”. Sperava in qualcuno di specifico, ma voleva esserne sicura. Però quello non era il momento per chiederlo, pensò mentre andava a prendere un pacco di riso da uno degli scaffali più bassi dall’altra parte del negozio.

      “Grazie mille. Io non riesco a piegarmi così tanto, come vedi,” disse il cliente quando Carla tornò, scoprendo che nel frattempo Delores se n’era andata.

      Dopodiché, il lavoro divenne frenetico, con i clienti che entravano per ogni genere di cosa. Carla era contenta di aver preso mentalmente nota di dove era riposta tutta la merce o si sarebbe ritrovata in alto mare in mezzo a tutti quei prodotti. Quando la situazione si calmò un po’, Delores aveva la testa infilata nei libri contabili e Carla non pensava fosse giusto interromperla solo per chiedere chi era il “giovanotto” che aveva chiesto di lei quella mattina.

      Il suo cuore sussultò quando poco dopo la porta del negozio si aprì improvvisamente ed entrò un uomo con un cappello da cowboy e due brillanti, e familiari, occhi verdi.

      “Buongiorno,” disse allegramente. Fece il giro della corsia di sinistra e iniziò ad esaminare gli scaffali.

      Carla sentì il cuore sprofondare. Aveva sognato quell’uomo tutta la notte, pensava a lui da quando si era svegliata e adesso lui a malapena le parlava! Sembrava bellissimo, proprio come lei ricordava, e notò che quel giorno si era fatto la barba. Le piaceva quell’aspetto pulito tanto quanto la barba incolta.

      Lui non la guardò più, continuando semplicemente a selezionare i prodotti come se lei neppure fosse lì. Si sentiva delusa e ferita. Cominciava a sentirsi anche un po’ seccata per quell’improvviso cambio di atteggiamento.

       Cosa ho fatto di sbagliato? Perché non mi guarda neppure?

      Mentre cercava la risposta, il campanello suonò di nuovo.

      “Buongiorno, bellezza.” Aiden Fielding si avvicinò con aria spavalda al bancone, porgendole un piccolo mazzo di fiori. “Questi sono per te.”

      Carla sorrise. Amava i fiori ma non ne aveva mai ricevuto neppure uno da Jerome. Aiden era un bell’uomo e aveva un chiaro luccichio d’interesse negli occhi mentre le sorrideva. Sebbene fosse delusa dal modo in cui Matt si era comportato, era davvero toccata dal gesto di Aiden.

      “Grazie. Sono adorabili,” disse, prendendo il mazzolino dalle sue dita.

      “Proprio come te.”

      Carla arrossì. Era profondamente lusingata, anche se un pensiero assillante nella mente le faceva presente che avrebbe tanto voluto ricevere tutte quelle attenzioni da Matt.

      “Vieni a cena con me stasera?”

      Carla era senza parole. “Beh… io…” Guardò oltre gli scaffali e vide il meraviglioso uomo che riempiva i suoi pensieri intento a fissarla. Per una frazione di secondo pensò che Matt stesse per dire qualcosa, poi però distolse lo sguardo. Bene. Se è così che vuoi giocare… “Mi piacerebbe molto,” disse, rivolgendo ad Aiden il suo miglior sorriso.

      “Ottimo. Ti passo a prendere io. A che ora finisci?”

      “Alle sei.”

      “Sarò qui,” le promise. “A proposito, dove alloggi? Nessuno sembrava saperlo ieri sera.”

      Carla lo guardò a bocca aperta per un attimo. Era sicura che Frank avesse detto che era stato Matt a chiedere di lei la sera precedente. Doveva essersi confuso. Dopotutto erano entrambi cowboy e affascinanti, per quanto poco si somigliassero Frank poteva averli scambiati.

      “Al Melrose Motel,” rispose lei.

      Aiden annuì. “Bene. Allora ci vediamo più tardi, bellezza.”

      Carla non poté reprimere un sorriso di fronte al suo viso felice. Aiden aveva i capelli biondi e gli occhi azzurri. Era alto poco più di un metro e ottanta, come Matt, e aveva la sua stessa struttura imponente, quella che a lei piaceva da impazzire.

      Pensava che a quel punto Aiden se ne sarebbe andato ma lui la stupì sporgendosi oltre il bancone e dandole un leggero bacio sulle labbra. “Per arrivare a stasera,” mormorò, con gli occhi pieni di promesse.

      Il campanello suonò per l’ennesima volta ma Carla non alzò lo sguardo. Era troppo occupata a guardare il bel viso di fronte a lei. La bocca di Aiden era dolce e Carla si leccò le labbra per prolungare il suo sapore. L’uomo le fece l’occhiolino mentre si voltava e se ne andava. Carla appoggiò i fiori sulla panca dietro il bancone con un sorriso. Quando si voltò per servire il cliente successivo, il sorriso le morì sul viso.

      “Buongiorno.”

      Carla sentì un enorme peso sullo stomaco mentre fissava due ormai familiari occhi verdi, che la fissavano con aria accusatoria. Mentre il suo cervello lottava disperatamente per mettere insieme i pezzi, guardò l’uomo che camminava lentamente verso di lei.

      “M-Matt?”

      “Ciao, Carla.” Il suo viso era teso mentre la osservava, e non le piacque affatto il dolore che lesse nel suo sguardo.

      Passò lo sguardo da lui all’altro Matt. “M-ma io pensavo…”

      L’uomo si avvicinò al bancone e si fermò accanto a Matt.

      “Siete gemelli!” sbottò Carla.

      “Esatto. Sono Dyson Shearer, piacere di conoscerti,” disse lo sconosciuto, porgendole la mano.

      Carla mise il palmo tremante nel suo e si godette il modo in cui sparì in quel calore, proprio come era accaduto quando aveva stretto la mano di Matt il giorno precedente.

      “Ehm, piacere di conoscerti. Sono Carla Burchfield. Mi dispiace, pensavo che fossi…”

      “Me,” sbottò Matt a denti stretti.

      “Sì.”

      Ora che erano l’uno di fronte all’altra, Carla riusciva a vedere che Matt si comportava in modo leggermente più distaccato nei suoi confronti. Se il giorno prima era apparso davvero spensierato e allegro, oggi sembrava chiuso e un po’ ferito.

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