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       Francesco Domenico Guerrazzi

      Lo assedio di Roma

      Pubblicato da Good Press, 2020

       [email protected]

      EAN 4064066072926

       LO ASSEDIO DI ROMA

       PROLEGOMENI

       LIBRO I

       PARTE II.

       PARTE TERZA

      DI

      F.D. GUERRAZZI

      SECONDA EDIZIONE

      RIVEDUTA E CORRETTA DALL'AUTORE

      LIVORNO

      TIPOGRAFIA A.B. ZECCHINI

      1864.

       Indice

      DI

      F.D. GUERRAZZI

      PROLEGOMENI

       Indice

      Roma!

      E' corre vecchia fama che Roma sia parola arcana, e significhi Amor, ed io ci credo, però che sappia come l'Amore nascesse ad un parto insieme coll'Odio; ora Roma, appunto rappresenta l'Amore indomato del sangue latino alla terra latina, e l'Odio religioso contro lo straniero da qualsivoglia plaga si muova per contaminare la terra latina.

      Roma crebbe la sua terra con la polvere degli stranieri: e fu giustizia; ma poi le piacquero i gaudi della strage, e la voluttà acre dello imperio del mondo; allora si accese contro lei l'ira di Dio; i barbari vennero da contrade rimotissime prima a rovesciarla nel sepolcro, poi a seppellire lo stesso sepolcro.

      Però che anco sepolta Roma metta spavento.

      E tuttavia, in fondo del sepolcro sotterrato Roma meditò un'altra signoria; all'antica rete dalle maglie di ferro sostituiva la rete sacerdotale dalle maglie di fede, e gittatala su le coscienze imprigionò da capo molta parte del mondo.

      Anche questa fu colpa, e più trista della prima, però la vendetta ne dura più lunga. I padri nostri peccarono e noi portiamo il peso delle loro iniquità. Veramente ella si merita il saluto di Niobe delle nazioni; lei a buon diritto appellano madre le anime desolate; veruna città patì maggiori ingiurie di lei: qui, pure ieri, al popolo romano plaudente alla libertà il littore francese disse: basta[1], e il popolo tacque, e qui, mila e mila anni fa, il soldato gallo che profanò temerario la veneranda canizie del senatore cadde col cranio fesso dal colpo dello scettro di avorio.

      [1] Nella relazione scritta da Filodemo dei gesti del Comitato nazionale romano di cui l'ultimo atto non ha riscontro negli annali delle infamie politiche, sicchè per trovargli conveniente paragone è mestieri ricorrere al furto a mano armata della banca Parodi, e che pure fu visto difeso su pei Diari la Nazione di Firenze, e la Gazzetta di Torino, in cotesta relazione, dico, si legge come certa dimostrazione popolesca fosse ammannita dall'eroico comitato consenziente, o connivente il padrone di Francia, onde quando parve la dovesse cessare, i giendarmi andando attorno dicevano: Assez!

      Di cui la colpa? Colpa è di coloro i quali mentre Roma, e Venezia arieno ad essere i punti estremi della cote su cui arrotare il ferro, e la virtù italiana gittarono dentro lo spazio che intercede tra una terra e l'altra viltà, avarizia, ogni maniera di malvage passioni, e ignoranza e ne tramarono il lenzuolo dentro il quale si avvolgono i popoli diventati cadaveri.

      I preti quando dintorno rintrona il ruggito del lione tremano, e fuggono; allorchè poi vedono accostarsi le volpi dicono: perchè ce ne andremo? Non siamo volpi anche noi? Il crisma del Signore non fabbrichiamo noi altri? Sicchè, se siamo unti non si domanda nè anco! Quanto a corone noi ne portiamo tre.

      I preti ci procedono acerbamente nemici: chi li potrebbe condannare? Certo non io. Di vero, chi oggi ha in mano il freno d'Italia non li sa satisfare nè spengere, bensì intende arrostirli a lento fuoco come san Lorenzo, ovvero scorticarli a mo' di san Bartolommeo; e questo i preti ben possono con orazioni panegiriche levare a cielo, e chi lo patì, onde altri lo riverisca, riverire, ma non sostenere essi. La Chiesa non ha più mestieri di martiri; cessò di essere militante per diventare trionfante; se a taluno cui rimase addosso la vaghezza del martirio vuole cavarsene la voglia se ne va lontano lontano nelle parti degl'infedeli, però, che tra noi correrebbe il rischio di trovarsi chiuso in qualche manicomio, ovvero in prigione; dacchè le coscienze abbiano ad essere libere, e persona deve possedere la facoltà di turbarle. Ognuno viva tranquillo nella religione dei suoi padri, nè deve mutarglisi con violenza, o insidiare con fraudi dove non appaia mostruosa per pratiche nefande; il che accade solo tra gente selvaggia; lassù in fondo oltre le stelle vigila per tutti Dio, e le diverse religioni del mondo sono quasi assise diverse di un medesimo signore, e bandiere di uno stesso capitano. Così piaccia al Padre delle cose e degli uomini versare sul capo dei mortali insieme con la luce la benevolenza, affinchè le tavole della sua legge compaiano norme di vivere faterno non bersaglio posto davanti ad arcadori irrequieti.

      Ma tu dirai: e chi vuole martoriarli? Io intendo tôrre loro il governo dei beni terreni. E chi sei tu che presumi spogliare della sostanza il prete?—Il prete dice: in nome di cui vieni? Quale rappresentanza hai? Come mostri che governerai meno di me soperchiatore ed avaro? Un solo è padrone della terra, questo si chiama popolo. Io non mi sento muggire intorno le onde del popolo. Sorgano intorno a me anime latine, ed io cederò alla grandezza latina. Se per te il danaro è sangue, egli è sangue anco per me; e con quale giustizia mentre il secolo rappresenta una corsa forsennata, un lupercale, un baccanale a traverso tutti gli articoli del codice penale per agguantare il milione dovrò lasciarmi tôrre la camicia io prete, io prete, uso di cavarla altrui, e cantare il Te-deum? Ed io prete, ho mestieri di tenermela cara meglio di voi perchè voi altri andate in Borsa, convenite in Camera, tendete trappole di strade ferrate, aprite reti di crediti fondiari, vendete, barattate, mercate, ma io non ci vado, e a sopperire ai miei bisogni non mi avanza altro che la rete di San Pietro a cui per vetustà ora casca questa, ed ora quell'altra maglia. Qualche prete in Camera andò, ma scarso, e parve pauroso, ma per un'abbadia si mansuefece; di fatti, il modo più sicuro onde uomo taccia sta nello empirgli la bocca; dunque come presumete che altri non fiati levandogli quello che da secoli gl'imbandirono dinanzi la industria propria e la ignoranza altrui? Sacerdoti e Sacerdotesse si rassomigliano tutti; Alessandro strinse la Pitia nelle sue braccia, e la sforzò a rivelare lo spirito del Dio; anche il Papa a quel mo' intenderebbe ragione; se vuolsi, che il sommo Pontefice si accosti al cielo sollevatelo con mani poderose di sopra la terra. Finchè domanderete Roma come il pitocco la elemosina voi non l'avrete; Roma, di cui i cittadini dispensavano le corone ai Re come soldi, patireste voi vi fosse data come un soldo? A Roma si va ma con cuore, con braccia, e con passi romani.

      E questo è vero. Ma quando Roma avrà Romani sparirà il sacerdote? Non credo. Potrà egli dunque ridivenire poeta, legislatore, e guerriero? Nè manco questo credo. Potrà, se vuole, durare poeta, e Pio IX lo fu un momento quando nella procella che abbatteva imperi e regni, come fronde in bosco, ravvisava il soffio di Dio; la umanità è cosa che passa sopra mondo, che passa; ma il suo cuore anela la eternità; il

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