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       Francesco Domenico Guerrazzi

      La vendetta paterna

      Pubblicato da Good Press, 2020

       [email protected]

      EAN 4064066069957

       § I. Orazio, come tutti i personaggi di romanzo, prima ricusa a raccontare, e poi racconta; però che diversamente non si stamperebbe la storia.

       § II. Le Terzettate.

       § III. La Maledizione.

       § IV. Don Marcantonio Massimi.

       § V. Don Luca Massimi.

       § VI. Don Mario Massimi.

       § VII. Don Severo Massimi.

       LETTERE INEDITE.

       A Ferdinando Bertelli

       A Ersilia Bertelli, sposa

       A Teresa Bertelli nata Guerrazzi

       A Ersilia Bertelli

       A Teresa Bertelli nata Guerrazzi

       Ad Ersilia Bertelli

       A Ferdinando Bertelli

       A Emilia Bertelli

       A Ersilia Bertelli

       A Ferdinando Bertelli

       A Ersilia Bertelli

       A Teresa Bertelli nata Guerrazzi

       A Ersilia Bertelli

       A Ferdinando Bertelli

       A Teresa Bertelli nata Guerrazzi

       A Ersilia Bertelli

       A Teresa Bertelli nata Guerrazzi

       A Ferdinando Bertelli

       A Ersilia Bertelli

       A Ferdinando Bertelli

       A Ersilia Bertelli

       A Emilia Bertelli

       A Ferdinando Bertelli

       A Ersilia Bertelli [17]

       A Ferdinando Bertelli

       Al cav. Cesare Stiavelli

       PREDICA PER IL VENERDÌ SANTO COMPOSTA NELLE CARCERI DEL FALCONE IN PORTOFERRAIO IL 19 MARZO 1848.

       PREFAZIONE

       PREDICA PEL VENERDÌ SANTO

       Pochi, in verità, diedero sè stessi alla patria quanto Francesco Domenico Guerrazzi. Pochi ebbero la sua fede in un avvenire di libertà e di civiltà, la sua tenacia nei propositi, il suo carattere, il suo ingegno. Pochi lavorarono come lui alla effettuazione di un ideale.

       E l'ideale di F. D. Guerrazzi fu una Italia democratica, veramente libera, senza padroni e senza servi, senza moderati e senza preti, una Italia conscia di sè, senza tutori e senza pupilli, una Italia infine che non avesse paure, che non commettesse vigliaccherie. A questo ideale bellissimo, che fu pure quello di Giuseppe Mazzini e di Giuseppe Garibaldi, consacrò egli la giovinezza, la virilità, la vecchiaia.

       L'ideale di Mazzini, di Garibaldi, di Guerrazzi e tanti e tanti altri e pensatori, e soldati, e martiri, non si è per anche tradotto in fatto. Ma non disperiamo dei destini della patria. Ma lavorino i giovani, ma non si addormenti il popolo, e l'Italia vagheggiata da quei pensatori, da quei soldati, da quei martiri, sarà.

       In alto i cuori, o gioventù d'Italia! Fede e ardire, o popolo italiano! e l'alba dei giorni promessi, dei giorni tanto aspettati, arriderà alla patria, veramente a libera vita risorta.

       Ma questo non avverrà fino a che «l'odio per qualunque servitù e l'odio per qualunque tirannia» non avrà messo ben salde radici nei petti, come per tempo le mise in quello fortissimo di F. D. Guerrazzi.

       Nato a Livorno il 12 agosto del 1805, da gente antica, dedita un tempo all'agricoltura e alla guerra, il Guerrazzi ebbe educazione «popolana e severa», come egli stesso ci dice nelle sue auree Memorie. Il padre, che era lettore fervidissimo della storia di Roma antica, gl'inculcò primo nell'anima l'amore alla libertà e l'odio verso ogni tirannide. Un giorno che il piccolo Francesco Domenico si mostrava meravigliato delle geste di Pompeo e di Catone, il padre gli disse: «Eppure uomini erano e mortali come te!...», facendogli in questo modo capire che egli pure, quando gli fosse bastato l'animo, li avrebbe potuto emulare. E certamente una grande impressione fece sul giovinetto questa sentenza che il padre gli andava spesso ripetendo: «Meglio vale vivere un giorno come un leone, che venti anni come una pecora»; sentenza

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