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con i pennelli e poi trascorse la sua vita pubblica, per modo di dire, in diverse città che la invitavano a partecipare a mostre collettive o individuali per presentare i suoi progressi.

      Inoltre, l’esercito la sosteneva, perché migliorava l’immagine del corpo militare tra i civili, dimostrando che la vita all’interno di una base non dovesse per forza essere noiosa e monotona e che le donne dell’esercito non dovevano rinunciare alle loro ambizioni e alla loro vita, potendosi realizzare proprio come tutte le altre.

      In breve tempo, quella famiglia cambiò identità, passò dall’essere la famiglia di mio padre, conosciuto come il famoso capitano, decorato in vari contesti e rispettato da tutti coloro che avevano servito al suo comando, all’essere la famiglia di mia madre, nota all’intero paese, per essere la pioniera e in molti casi l’esempio dell’eccellenza delle donne all’interno e all’esterno dell’esercito, al punto che l’hanno persino invitata in uno di quei programmi in prima serata (con massimo pubblico).

      Ciò che all’inizio era una gioia per tutti, perché vedevamo felice nostra madre, poi si rivelò in qualche modo problematico per la questione economica.

      Mia madre iniziò ad avere la tanto attesa indipendenza economica, con le proprie entrate, che le permisero di acquistare una serie di oggetti e veicoli non di proprietà del personale militare o delle famiglie.

      Mio padre, insisteva sul fatto che dovesse trattenersi, che ciò che guadagnava avrebbe potuto essere destinato a qualsiasi altra cosa, ma che non si sarebbe dovuta distinguere per i suoi sprechi all’interno della base, ma mia madre lo ignorava, stanca, a suo dire, di vivere come gli altri, potendo permettersi più comfort.

      Inoltre, cominciò a fare continui viaggi, di diversi giorni, in musei e mostre, o per presentare le sue opere, si stava persino preparando a partecipare alla creazione di una fondazione per giovani artisti, per la quale trascorse diversi mesi visitando diverse istituzioni finanziarie, affinché appoggiassero con borse di studio coloro che erano entrati nella fondazione.

      Tutto ciò significava che in diverse occasioni ci ritrovavamo soli a casa, accuditi dalla madre di un amico, ma non era lo stesso che avere la propria famiglia.

      Nessuno sembrava disposto a lasciare parte della sua vita per dedicarci più tempo, quindi dovetti essere responsabile per mia sorella, che accompagnavo avanti e indietro alla scuola della base.

      Anche se, naturalmente, quel compito non era troppo complesso, dato che avevamo il trasporto da casa a scuola con l’autobus della base, tuttavia quel pomeriggio la madre del mio amico non era ancora arrivata, non so perché, dato non avesse chiamato o altro.

      Tornammo da scuola e mangiammo da soli e dopodiché approfittando della giornata di caldo torrido decidemmo di andare in piscina.

      Questa era situata vicino a dove vivevamo, quindi si trattava solo di attraversare il cortile dopo un paio di case ed eccola lì.

      Quando arrivammo di fronte, non sapevo cosa fare poiché di solito c’erano un soccorritore e alcuni bagnini ai lati, nel caso in cui fosse successo qualcosa, ma in quel momento era tutto deserto.

      Forse perché non era ancora il momento o perché la piscina non era aperta, ma noi volevamo inaugurare la stagione, approfittandone per farci il primo bagno.

      Allora mancavano, tuttavia, ancora alcuni giorni alla sua inaugurazione ufficiale, ma dopo, sarebbe stata sempre piena soprattutto di quei ragazzoni che sembravano volerla tutta per loro.

      Stavo ancora guardando dappertutto, cercando di indovinare dove fosse la parte bassa dove eravamo entrati l’anno scorso, quando mia sorella si tuffò improvvisamente a bomba, come mi aveva visto fare tante volte, dopo però, non ritornò in superficie.

      Fissai il fondo della piscina che tornò alla sua statica calma, riducendosi fino a quando non vi fu nemmeno un’onda di tutte quelle alterazioni che aveva causato l’ingresso di mia sorella, ma lei continuava a non risalire dal fondo.

      Infilai la testa e feci qualcosa che mia madre mi aveva proibito, ossia, aprire gli occhi sott’acqua, dato che volevo vedere se riuscivo a trovarla, visto che non emergeva. Fino a quando, finalmente, qualcuno dietro di me, saltò tornando a muovere quell’immenso specchio d’acqua, scostandola passo dopo passo e prendendo mia sorella tra le braccia.

      Emergendo dalle acque, me la porse per prenderla mentre lui usciva. Era un soldato, dedussi dai dai suoi vestiti, piuttosto giovane, ma bagnato dalla testa ai piedi.

      Non aveva avuto il tempo di togliersi i vestiti prima di gettarsi in acqua, persino le scarpe stavano gocciolando.

      Mia sorella giaceva inerte tra le mie braccia, il suo viso pallido e senza fiato, tutta bagnata. Non facevo altro che guardarla senza sapere cosa fare o cosa dire, aspettando che reagisse e si alzasse, desiderando che mi stesse solo facendo uno scherzo senza senso, ma non reagiva.

      Capivo a malapena quello che stava succedendo, ma ero sicuro che non ci fosse nulla di buono. Chiamavo mia sorella ancora e ancora, ma sembrava addormentata e non mi rispondeva. Fu tutto ciò che potei fare prima che il giovane che si era gettato nella piscina me la strappasse dalle mani, appoggiandola lentamente sul prato accanto e iniziasse a premere sul petto dicendo:

      – Respira. respira, respira…

      Non sapevo di cosa si trattasse, ma sembrava convinto che l’avrebbe aiutata. Dopo lunghi e intensi secondi, che mi sembrarono ore, mia sorella iniziò a tossire, facendo uscire molta acqua dalla sua bocca.

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