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sonno, quindi ho cercato di approfondire questo secondo aspetto.

      –Ebbene?, Quale relazione crede che possa avere la mancanza di sonno e questo oggetto che ha recuperato?

      –Ah!, sí, quella― disse, sconcertata. ―Vede, credo che sia preziosa, ma non ho neppure osato aprirla, era così bello che mi dispiaceva rompere l’involucro nel quale era avvolto.

      – Ma se non sa cos’è, come fa a togliere il sonno?― dissi, mettendo in evidenza l’incoerenza di ciò che diceva.

      –Precisamente, non so cosa sia, immagino siano un paio di scarpe nuove.

      –Scarpe?― chiesi, sconcertato.

      – Sì, o un bel fazzoletto per la testa. Non sa quanto ne vorrei uno― rispose emozionata con un gran sorriso.

      –E perchè non apre e non lo scopre?― chiesi, stupito.

      – Forse perchè è avvolto in una bella carta decorata.

      –Come quella di un regalo?― chiesi, cercando di ottenere più informazioni possibili su quell’oggetto.

      –Sì, di color rosso, per il mio gusto un colore molto attraente, e si nota che c’era un fiocco, ma ora rimane solo un pezzo incollato.

      –Ma quando l’ha trovata c’era qualcuno?

      –No, no, l’ho guardata e sono stata per un po’ con la scatola in mano, ma non è venuto nessuno a reclamarla, e non si fermava neppure chi mi passava accanto.

      –E cosa vuole che faccia?― chiesi, sconcertato per la situazione.

      –Forse che mi aiuti a dormire.

      –E riguardo al pacchetto? Insistetti su quel dettaglio.

      –Cos’ha che non va il pacchetto?

      –Cosa vuol farne?

      –Ah!, non lo so, lo riporterò dov’era, che c’è di male?

      – No, assolutamente, è che pensavo che, se quello può essere la causa della sua mancanza di sonno…

      –Sì, mi dica…―interruppe facendo molta attenzione.

      –Bene, se è così, suppongo che se va a disfarsene tutto tornerà alla normalità.

      –Crede?

      –Certo!―affermai a chiare lettere, anche se non mi era così chiaro.

      La signora mi guardò con pena, come se quella notizia le fosse arrivata al cuore dandole un gran dolore.

      –Cosa crede che debba fare?

      –Non lo so, ma se vuole risorverlo, deve aprirlo.

      –Il pacchetto?

      –Sí, il pacchetto ― ribadii.

      –Ma se è un regalo che qualcuno sta aspettando, come posso aprirlo?

      –Se lo ha lei non arriverà mai al suo destinatario, certamente lo da per perso― dissi, tentando di mostrare l’assurdità di quella situazione.

      –Preferisco che lo tenga lei― disse la donna dopo averci riflettuto un poco.

      –Cosa?― chiesi, sorpreso per quella decisione.

      –Sì, così può dirmi cos’è, e può impacchettarlo di nuovo una volta che l’ha visto, e lo riporterà dove’era ― rispose con un sorriso nervoso.

      – Ma, se lo apro…

      –Con molta attenzione ― mi interruppe la donna con gli occhi grandi come piattini e uno sguardo penetrante.

      –Sí, infatti, se lo apro, non perderà il suo fascino?

      –No, guardi all’interno e mi dica cos’è, poi lo chiuda com’era, così credo di poter dormire come prima.

      Personalmente non ero molto convinto di quale fosse la soluzione, ma vidi che questa signora era disosta a fermarsi per ciò che restava del pomeriggio se non avessi accolto la sua richiesta.

      In verità non avevo mai affrontato una situazionetanto sconcertante e assurda, “Poteva aprirlo lei stessa senza necessità di venire a una mia seduta!”, ma, poichè volevo chiudere la questione, le dissi:

      –Mi lasci vedere queste regalo!

      La signora fece uscire da una borsa per la spesa una scatola bianca con una carta rossa e sopra un nastro dello stesso colore. “Sembra proprio una scatola da scarpe”, pensai tra me e me.

      Con attenzione tolsi il nastro che ancora era presente e aprii la scatola alle spalle di quella signora, come mi aveva chiesto. Quale non fu la mia sorpresa quando la aprii del tutto.

      –Cos’è?― chiese a voce alta tra il preoccupato e lo stupito.

      –Sono scarpe?― chiese la signora, emozionata e ansiosa.

      –No, è un anello di fidanzamento e un invito a un balletto.

      –Un balletto?― chiese la signora, un po’ delusa dalle mie parole.

      –Così sembra e c’è anche una dedica, “Anche se non ci conosciamo, sono sicuro che le nostre strade si incroceranno”.

      –Non ha detto che era un anello di fidanzamento? ―rimarcò la donna, cercando di guardare mentre si copriva gli occhi per non farlo.

      –Sí, perchè?― chiesi, senza capire la domanda.

      –Come fa a sapere che è un anello di fidanzamento se non conosce l’altra persona?― puntualizzò la donna.

      –Non lo so!― dissi, un po’ sconcertato, senza sapere se quello era una specie di scherzo o qualcosa del genere.

      Sembrava che quella scatola non fosse stata persa, ma che fosse stata messa apposta per essere trovata da qualcun altro, una sorta di ‘messaggio nella bottiglia’,del quale avevo sentito raccontare delle storie, ma l’invito al balletto era molto strano, che fosse un appuntamento al buio?, ma, qualcuno sarà disposto ad andarci senza sapere con chi?

      –Che delusione!―affermò la signora preparandosi a lasciare la seduta, ―tante speranze per nulla.

      –Bene, penso che ora potrà dormire meglio sapendo cosa contiene― affermai con un sorriso forzato.

      –Già!, bene, ma se almeno fosse stato un paio di scarpe, anche se di un numero diverso dal mio― protestó la signora.

      –Prenda la sua scatola!― dissi, con l’intenzione di restituirgliela una volta richiusa e sistemato il tutto com’era.

      –Non la voglio, che perdita di tempo!, addio― concluse la signora mentre chiudeva la porta alle sue spalle.

      Uscii dietro di lei, cercando di farla tornare indietro per riprendersi la scatola e rimetterla dove l’aveva trovata, ma la signora non voleva saperne, e salendo sull’ascensore chiuse le porte in ferro e premette il pulsante per il piano terra.

      Quella fu l’ultima volta che vidi la strana signora, che, lunghi dal cercare aiuto per il suo problema di accumulatrice seriale, aveva perso perfino il sonno per sapere cosa conteneva una scatola, questa sì, confezionata con gusto.

      “Bene!, e io che pensavo di aver finito”, dissi tra me e me mentre tornavo nel mio studio, soddisfatto di aver fatto un’opera buona per una sconosciuta, “Ora potrà dormire tranquilla”.

      Guardavo dalla finestra quando suonò l’orologio da parete così ben decorato, “Guarda un po’, si è fatto tardi”, pensai mentre mettevo le mani nella giacca per verificare di avere le chiavi dello studio.

      “Ora sì che ho finito, per oggi”, dissi, mentre controllavo che il mio schedario fosse in ordine prima di lasciare il mio posto di lavoro, che era come una seconda casa, anche se, a dir la verità, passavo molto più tempo lì che dove abitavo.

      Quelle quattro pareti, pieni di diplomi e di libri, erano diventate così familiari che quasi non mi rendevo conto di essere lì; soltanto quando qualcosa non era al suo posto sembrava rompersi l’equilibrio della stanza finchè non la rimettevo dove doveva stare.

      All’improvviso,

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