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fuori senza supervisione e a malapena vestita. Anche se sentiva che Sunset Harbor era una zona sicura, lei era cresciuta a New York City e avrebbe sempre provato ansia al pensiero delle terribili cose che le persone potevano farsi a vicenda.

      Facendo capolino dalla porta sul retro, Emily chiamò Chantelle. La bambina alzò lo sguardo, sorridendo felice. Aveva i piedi verdi per aver corso nell’erba bagnata di rugiada.

      “Vieni dentro, tesoro,” gridò Emily. “È ora dei pancake.”

      “Voglio giocare!” rispose Chantelle.

      “Tra un attimo,” disse Emily cercando di mantenere il tono calmo e amichevole. “Prima devi fare colazione. Poi, una volta vestita, possiamo portare i cani alla spiaggia e giocare lì. Ti va?”

      Chantelle guardò Emily accigliata e la faccia le diventò rossa. Per la prima volta Emily intuì i problemi di cui Chantelle doveva aver fatto esperienza in passato. Nel suo viso scuro, vide rabbia e acredine. Sapeva che non erano dirette a lei ma a questo terribile mondo, alla terribile gente che aveva conosciuto e alle terribili esperienze che aveva fatto. Probabilmente stavano emergendo solo adesso perché Emily e Daniel le avevano fornito una rete di sicurezza in cui Chantelle potesse esplorare quel lato di se stessa senza temere di essere punita.

      Improvvisamente, Chantelle inclinò all’indietro la testa e si mise a strillare forte. Emily fece un respiro profondo. Non poteva fare a meno di pensare a tutte le migliaia di madri che aveva visto nella sua vita combattere contro i capricci dei bambini, l’aria sfinita negli occhi, l’imbarazzo misto alla rabbia. Ma sapeva che se voleva che Chantelle si fidasse di lei e crescesse felice e psicologicamente sana perdere il controllo non era un’opzione percorribile.

      Avanzò decisa nel giardino e prese la mano di Chantelle. “Vieni, tesoro,” disse come se i pianti di Chantelle non le stessero sfondando i timpani.

      Proprio allora Emily notò qualcuno risalire il vialetto. Trevor. Certo. Un classico che scegliesse quel momento per venire a schernirla.

      “Che c’è, Trevor?” sibilò Emily, senza farsi scrupoli di perdere il controllo con lui.

      “Che cosa crede che ci sia?” borbottò Trevor. “Non sono neanche le sette del mattino e questa bambina fa chiasso nel giardino. Sta disturbando il mio diritto alla pace.”

      Chantelle si fece immediatamente silenziosa. Si allungò per prendere la mano di Emily, quasi come scusandosi per averla messa nei guai.

      “Ci stiamo ancora abituando,” disse Emily con un sospiro, stupefatta da quanto poco si curasse dei giochetti di Trevor, ultimamente. “E Chantelle domani comincia la scuola, perciò non accadrà più.”

      “C’è sempre il weekend,” sogghignò Trevor.

      “Ci assicureremo di non svegliarla più prima delle sette.” Sospirò Emily. “Non lo faremo, vero, Chantelle?”

      Ma quando abbassò lo sguardo sulla bambina, vide che aveva le lacrime che le rigavano il viso e che stava tremando dalla paura. Vederla così esaurita fece esplodere qualcosa in Emily, un’improvvisa pulsione materna a difendere la sua piccola.

      Si voltò verso Trevor, d’un tratto fumando dalla rabbia, sentendo il calore che le saliva alle guance. “Sa una cosa, Trevor? Chantelle può giocare nel suo giardino quando diavolo vuole. La mia casa, la mia bambina, le mie regole.”

      Trevor sembrò preso un po’ di sorpresa dallo scatto di Emily. Ma si riprese subito, e sul viso gli tornò la solita espressione sogghignante. “Però non è sua figlia, vero?”

      “È sotto la MIA custodia,” urlò Emily. “Sono la sua tutrice e farò tutto ciò che posso per proteggerla da uomini abietti come lei.”

      Per la prima volta in assoluto, Trevor sembrò umiliato. Emily non era pronta a sentire altro da lui, quindi sollevò Chantelle dalla vita e la prese in braccio. La bambina tremava così tanto che Emily stette male dall’ansia. Ne aveva passate così tante nella sua breve vita – l’ultima cosa che le serviva era fare esperienza di quella mostruosità che si chiamava Trevor Mann.

      Emily portò dentro Chantelle e sbatté la porta. Non aveva mai provato una tale esplosione di emozioni, di desiderio di amare e proteggere la bambina che aveva in custodia.

      “Scusa!” escalmò subito Chantelle non appena furono dentro. La stringeva così forte che Emily pensò che le avrebbe rotto il collo.

      “Chantelle, va tutto bene,” disse Emily, con delicatezza. “Trevor si arrabbia per tutto. E tu non sapevi che l’avresti svegliato. Però facciamo che in futuro chiedi il permesso prima di uscire, eh? D’accordo?”

      Chantelle annuì con tanta foga che sembrava non voler altro che sistemare le cose con Emily.

      “La mamma mi diceva sempre di giocare fuori,” disse Chantelle tra le lacrime. “Non voleva mai che le stessi tra i piedi.”

      A Emily pianse il cuore. La poverina doveva essere stata davvero molto confusa quando Emily le aveva detto di entrare. Si sentì male per averla turbata.

      “Be’, io e Daniel vogliamo giocare sempre con te,” disse Emily. “Okay?”

      Chantelle annuì. Alla fine le lacrime le si asciugarono ed Emily sistemò a terra la bimba.

      Emily la portò in cucina, dove stava entrando Daniel. “Che succede?” disse. “Ho sentito piangere. Ti sei fatta male, Chantelle?”

      La bambina scosse la testa in segno di diniego.

      “Stavo proprio dicendo a Chantelle che io e te vogliamo giocare con lei quando esce, quindi dovrebbe chiedere a uno dei due di andare con lei,” disse Emily rivolgendo a Daniel un’occhiata che gli diceva di non prendere iniziative in merito.

      Lui sembrò capire cosa gli stava dicendo e annuì. “Be’, sono contento che tutti siano di nuovo felici,” disse. “Preparo la colazione?”

      Chantelle annuì entusiasta e lei ed Emily si misero a tavola ad aspettare la colazione.

      “Dunque,” disse Daniel un momento dopo sedendosi con una pila di pancake. “Cosa facciamo oggi, visto che la scuola comincia solo domani?”

      Emily andò in agitazione. Capì che anche Daniel non aveva idee dall’espressione leggermente ansiosa che aveva. Nessuno dei due si era dovuto occupare di un bambino prima, ed entrambi subivano la pressione di assicurarsi che Chantelle si divertisse il più possibile per farle dimenticare la terribile vita che aveva vissuto fino a quel momento.

      “Credo che a Chantelle farebbe piacere andare da qualche parte con i cani,” disse Emily guardando la bambina in cerca di consenso.

      Chantelle annuì.

      “Mi è venuta un’idea,” disse Daniel. “Jason e Vanessa non hanno portato Katy alla raccolta delle mele ieri all’Autunno in fattoria? Che ne dite?”

      “Non sono mai stata in una fattoria!” disse Chantelle con un sussulto. “Hanno gli animali? Mi piacciono tanto gli animali! I miei preferiti sono i maiali. Hanno i maiali?”

      Emily sgranò gli occhi. Non aveva mai sentito Chantelle dire così tante parole in una volta sola. L’idea di trascorrere del tempo con gli animali la stava tirando fuori dal suo guscio.

      “Hanno anche una fattoria didattica,” disse Emily. “Con i conigli e i porcellini d’India.”

      “I conigli!” urlò Chantelle. “I conigli sono i miei più preferitissimi!”

      “Bene allora,” disse Daniel con un largo sorriso. “Immagino che oggi andremo all’Autunno in fattoria.”

      *

      Mogsy e Rain abbaiarono di gioia per tutto il viaggio fino alla fattoria. Emily e Daniel non li portavano spesso in luoghi che non fossero la spiaggia e il parco dove fare due passi, quindi sentivano che stava accadendo qualcosa di entusiasmante. Ma per quanto i cani sembrassero felici, ciò non era niente in confronto alla gioia di Chantelle. Per tutto

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