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fece una smorfia. Le spezzava il cuore pensare a tutte le cose terribili che Chantelle aveva passato nella sua breve vita. Più di tutto, voleva assicurarsi che la bambina adesso si sentisse al sicuro, che avesse la possibilità di fiorire e lasciarsi il passato alle spalle. Emily sperava che con amore, pazienza e stabilità, Chantelle sarebbe stata in grado di riprendersi dall’orribile inizio della sua vita.

      Nella nuova camera da letto della bambina, Emily appese i pochi vestiti che possedeva nel guardaroba. Aveva solo due paia di jeans, cinque magliette e tre felpe. Non aveva neanche abbastanza calzini per un’intera settimana.

      Chantelle la aiutò a riporre la biancheria in uno dei comodini. “Sono contenta di avere dei genitori, adesso,” disse Chantelle.

      Emily andò a sedersi sull’angolo del letto, presa dal desiderio di spingerla a confidarsi. “Io sono contenta di avere una bambina adorabile come te con cui passare il tempo.”

      Chantelle arrossì. “Davvero vuoi passare il tempo con me?”

      “Ma certo!” disse Emily, presa un po’ alla sprovvista. “Non vedo l’ora di portarti in spiaggia, di uscire in barca con te, di fare giochi da tavolo o in cortile insieme a te.”

      “Mia mamma non ha mai voluto giocare con me,” disse Chantelle con la voce piccola e umile.

      Emily sentì spezzarsi il cuore. “Mi dispiace sentirtelo dire,” disse cercando di non permettere al dolore che provava di trasparire dalla sua voce. “Be’, potrai giocare a tutto quanto, adesso. Cosa vorresti fare?”

      Chantelle si limitò a stringersi nelle spalle, e a Emily venne in mente che l’educazione che aveva ricevuto era stata così opprimente che non riusciva neanche a pensare a cose divertenti da fare.

      “Papà dov’è andato?” chiese.

      Emily si guardò alle spalle e vide che Daniel era scomparso. Anche lei era preoccupata.

      “Probabilmente è solo andato a prendere altro caffè,” rispose Emily. “Ehi, mi è venuta un’idea. Perché non andiamo in soffitta a prendere qualche orsacchiotto per la tua camera?”

      Aveva accuratamente imballato e messo via tutti i vecchi giocattoli di Charlotte che aveva trovato nella stanza che era stata chiusa dopo la sua morte. Chantelle aveva più o meno l’età che avevano loro quando la stanza era stata chiusa, ed era piena di giochi che sarebbero stati perfetti per lei.

      Il viso di Chantelle si accese. “Hai degli orsetti in soffitta?”

      Emily annuì. “E delle bambole. Sono tutti lì a fare un pic-nic, ma sono abbastanza sicura che un’altra ospite la vorranno. Vieni, ti mostro dov’è.”

      Emily portò la bambina al secondo piano e poi le fece percorrere il corridoio. Abbassò la scala a pioli della soffitta. Chantelle alzò lo sguardo, intimidita.

      “Vuoi che vada prima io?” chiese Emily. “Che controlli che non ci siano ragni?”

      Chantelle scosse la testa. “No. Non ho paura dei ragni.” Sembrava orgogliosa di se stessa.

      Salirono in soffitta insieme, ed Emily le mostrò lo scatolone dei vecchi giocattoli. “Puoi prendere tutto quello che vuoi da qui,” disse.

      “Papà ci viene a giocare?” chiese Chantelle.

      Anche Emily voleva che Daniel fosse lì. Non sapeva dove se ne fosse andato, né perché. “Vado a chiederglielo. Tu te ne starai qui buona e tranquilla dato che non hai paura dei ragni, vero?”

      Chantelle annuì ed Emily lasciò la bambina a giocare. Scese fino al primo piano in cerca di Daniel, poi andò al piano terra. Lo trovò in cucina, davanti al caffè, immobile.

      “Stai bene?” chiese Emily.

      Daniel trasalì e poi si voltò. “Scusa. Sono sceso per il caffè e sono stato del tutto sopraffatto dalla cosa.” Guardò Emily e si accigliò. “Non so come farlo. Come essere un padre. È troppo per me.”

      Emily lo raggiunse e gli massaggiò piano il braccio. “Troveremo un modo insieme.”

      “Anche solo sentirla parlare mi uccide. Vorrei aver potuto essere stato lì per lei. A proteggerla da Sheila.”

      Emily lo cinse con le braccia. “Non puoi guardarti indietro e dispiacerti per il passato. Tutto ciò che possiamo fare adesso è assicurarci di fare tutto quel che è in nostro potere per aiutarla. Andrà tutto benissimo, te lo prometto. Sarai un padre fantastico.”

      Percepiva ancora della resistenza in Daniel. Voleva disperatamente che si calmasse, che accettasse il suo abbraccio e che ne fosse confortato, ma qualcosa lo frenava.

      “Ha già cominciato a fare domande,” disse. “Mi ha chiesto perché non le ho mai mandato gli auguri di compleanno. Non sapevo che dire. Cioè, cosa si può dire che un bambino di sei anni possa capire?”

      “Credo che dobbiamo solo essere sinceri,” disse Emily. “I segreti non aiutano mai nessuno.”

      Pensò all’intensità delle sue parole. Suo padre aveva tenuto dei segreti per tutta la vita. Emily aveva scoperto appena la punta dell’iceberg, da quando era venuta lì.

      Proprio allora, Chantelle si precipitò in cucina. Teneva tra le braccia un grande panda di peluche. Era grande quasi quanto lei.

      “Guarda, papà! Guarda!” disse correndo da Daniel.

      Emily era sotto shock. Non aveva visto l’orso pulendo la vecchia camera di Charlotte. Doveva essere sempre stato in soffitta. Era il preferito di Charlotte. Lo aveva chiamato Andy the Pandy. Vederlo adesso le inviò una scheggia di dolore attraverso il corpo. Si chiese come avesse fatto Chantelle a trovarlo in mezzo a tutti gli scatoloni.

      “Come si chiama il tuo orsetto?” chiese Daniel a Chantelle, chinandosi in modo che si trovassero faccia a faccia.

      “Andy Pandy,” disse Chantelle con un sorrisone.

      Emily si afferrò al piano di lavoro sotto shock. Ancora una volta sentì distintamente che era un altro segno di Charlotte, un sollecito a non dimenticarla, perché lei li stava guardando dall’alto.

      “Ehi, mi è venuta un’idea,” disse Daniel riportandola alla realtà. “Credi che a Andy piacerebbe vedere una parata?”

      “Sì!” urlò Chantelle.

      Daniel alzò lo sguardo su Emily. “Che ne dici? Andiamo alla parata del Labor Day? La nostra prima uscita come una famiglia?”

      Il fatto che parlasse di loro come di una famiglia fece uscire Emily dal torpore.

      “Sì,” disse. “Sì. Mi farebbe molto piacere.”

      CAPITOLO DUE

      La strada principale era piena di persone – alcune sventolavano bandiere, altre tenevano in mano dei palloncini. Come per la maggior parte delle feste nazionali, Sunset Harbor stava facendo del suo meglio per celebrare il Labor Day. La città era decorata meravigliosamente, con bandierine e luci appese tra i lampioni e gli alberi, stelle filanti legate agli steccati, e un piccolo carnevale.

      Mentre percorrevano le strade piene, Emily strinse forte la mano di Chantelle, percependo che la ragazzina era sconvolta. Ma ogni volta che abbassava lo sguardo c’era un grande sorriso sul volto della bambina. A Emily riempiva il cuore di gioia il sapere che era felice. Ma glielo riempiva anche di molto altro; una sensazione di pace, di appagamento. Aveva voluto un figlio suo, per un po’, ma non aveva capito quanto piacere avrebbe ricevuto dal trascorrere del tempo con Chantelle.

      Emily non poté fare a meno di notare che Daniel, da parte sua, sembrava teso. Nella folla pareva sulle spine, come un falco che percepisse il pericolo a ogni angolo di strada. Sicuramente si era abituato naturalmente al ruolo di tutore, ma sembrava che gli mancasse qualcosa sul fronte del legame. Emily sperava che fossero solo problemi iniziali, che si sarebbe calmato a mano a mano che il tempo passava per imparare a godersi

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