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mi hai dato scelta,” disse Kate. “Tu…”

      “Tu hai distrutto il cuore del mio potere,” disse Siobhan. “Così tanto, distrutto in un istante. Ho avuto a malapena la forza di tenermi a questo. Ma non mi manca la conoscenza, non mi mancano i modi per sopravvivere.”

      Fece un gesto, e la scena dietro alla bolla brillò. Ora Kate poteva riconoscere l’interno della casa di Haxa, intagliata su ogni superficie con rune e immagini. La strega della runa sedeva su una sedia e guardava la forma immobile di Kate. L’aveva ovviamente trascinata fuori dal luogo del rituale nel profondo delle caverne.

      “La mia fontana mi ha sostenuta,” disse Siobhan. “Ora ho bisogno di un vascello per fare lo stesso. E guarda caso ce n’è proprio uno vuoto.”

      “No!” gridò Kate, sbattendo ancora la mano contro la bolla.

      “Oh, non ti preoccupare,” disse Siobhan. “Non ci starò per molto. Quello che basta per uccidere tua sorella, credo.”

      Kate si sentì ghiacciare al pensiero. “Perché? Perché vuoi Sofia morta? Solo per farmi del male? Uccidi me piuttosto, ti prego.”

      Siobhan la scrutò valutandola. “Daresti davvero la vita per lei, vero? Uccideresti per lei. Moriresti per lei. Ma adesso niente di tutto questo è sufficiente.”

      “Ti prego, Siobhan, ti sto implorando!” gridò Kate.

      “Se non volevi questo, avresti dovuto fare come ti avevo chiesto,” disse Siobhan. “Con il tuo aiuto avrei potuto mettere le cose su un sentiero in cui la mia casa sarebbe stata al sicuro per sempre. Dove avrei avuto il potere. Ora quello me l’hai preso, e io ho bisogno di vivere.”

      Kate ancora non capiva come questo potesse essere collegato alla morte di Sofia.

      “Vivi nel mio corpo allora,” disse. “Ma non fare del male a Sofia. Non ne hai motivo.”

      “Ho tutti i motivi per farlo,” disse Siobhan. “Pensi che mascherarsi da sorella più giovane di una regina sia sufficiente? Pensi che morire in una singola vita umana sia sufficiente? Tua sorella è incinta. Di un bambino che governerà. Lo modellerò come qualcosa di non nato. La ucciderò e porterò via il bambino. Lo prenderò e lo crescerò. Diventerò tutto quello che devo essere.”

      “No,” disse Kate comprendendo il completo orrore di tutta la questione. “No.”

      Siobhan rise, e c’era crudeltà nella sua risata. “Uccideranno il tuo corpo quando ucciderò Sofia,” disse. “E tu resterai qui, tra i mondi. Spero che tu ti goda la tua libertà da me, apprendista.”

      Mormorò della parole e parve dissolversi. Ma l’immagine della casa di Haxa non svanì, e Kate si trovò a gridare mentre vedeva il proprio corpo fare un respiro.

      “Haxa, no, non sono io!” gridò, e poi tentò di inviare lo stesso messaggio con il suo potere. Non accadde nulla.

      Dall’altra parte di quell’agile separazione, però, accaddero un sacco di cose. Siobhan annaspò con i suoi polmoni, aprì i suoi occhi e si mise a sedere con il corpo di Kate.

      “Piano, Kate,” disse Haxa, senza alzarsi. “Hai avuto un bel travaglio.”

      Kate guardò il proprio corpo che si percepiva in modo instabile, come se stesse tentando di capire dove si trovava. Ad Haxa poteva sembrare che Kate fosse ancora disorientata dall’esperienza, ma Kate poteva ben vedere che Siobhan stava provando i suoi arti, testando ciò che potevano e non potevano fare.

      Alla fine si alzò in piedi, barcollante. Il primo passo fu piuttosto instabile, ma il secondo era già più sicuro. Sguainò la spada di Kate, facendola roteare in aria come a provarne l’equilibrio. Haxa parve un po’ preoccupata da quel gesto, ma non si ritrasse. Magari pensava che fosse il genere di cose che Kate avrebbe potuto fare per mettere alla prova il proprio equilibrio e la propria coordinazione.

      “Sai dove ti trovi?” chiese Haxa.

      Siobhan la fissò usando gli occhi di Kate. “Sì, lo so.”

      “E sai chi sono io?”

      “Sei quella che si fa chiamare Haxa per tentare di nascondere il suo nome. Sei la guardiana delle rune, e non sei stata per niente mia nemica fino a che non hai tentato di aiutare la mia apprendista.”

      Da dove si trovava intrappolata, Kate vide l’espressione di Haxa mutare e assumere un’espressione di orrore.

      “Non sei Kate.”

      “No,” disse Siobhan. “Non sono io.”

      A quel punto si mosse con tutta la velocità e il potere del corpo di Kate, tuffandosi con la spade leggera in modo da farla apparire come poco più che una scintilla quando si piantò nel petto di Haxa. Uscì dalla parte opposta, trafiggendola.

      “Il problema con i nomi,” disse Siobhan, “è che funzionano solo quando hai il fiato per usarli. Non avresti dovuto metterti contro di me, strega della runa.”

      Lasciò che Haxa cadesse a terra e poi sollevò lo sguardo, come se sapesse dove si trovava il punto da cui Kate stava guardando.

      “È morta a causa tua. Sofia morirà a causa tua. Il suo bambino e questo regno saranno miei a causa tua. Voglio che ci pensi, Kate. Pensaci quando la tua bolla svanirà e le tue paure verranno a cercarti.”

      Fece un gesto di saluto con la mano e l’immagine si dissolse. Kate si gettò contro la bolla cercando di prendere Siobhan, cercando di uscire da lì e trovare un modo per fermarla.

      Si fermò quando le cose attorno a lei mutarono, diventando un genere di paesaggio grigio e nebbioso, ora che Siobhan non era lì a dargli forma per ingannarla. Ci fu un debole baluginio d’argento in lontananza, che poteva apparire come il sentiero sicuro, ma era tanto lontano che poteva anche non essere lì.

      Delle figure iniziarono a venire dalla nebbia. Kate riconobbe i volti delle persone che aveva ucciso: suore e soldati, il maestro d’armi di Lord Cranston e gli uomini del Maestro dei Corvi. Sapeva che erano solo delle immagini e non dei fantasmi, ma questo non fece nulla per ridurre la paura che le scorreva dentro, facendole tremare le mani e rendendo inutile la spada che portava con sé.

      C’era ancora Gertrude Illiard, con un cuscino in mano.

      “Sarò la prima,” promise. “Ti soffocherò come tu hai soffocato me, ma non morirai. Non qui. Non importa ciò che ti faremo: non morirai, anche se implorerai che accada.”

      Kate di guardò in giro osservandoli, e tutti avevano un qualche strumento, che fosse un coltello o una frusta, una spada o una fune per strangolare. Tutti sembravano avere fame di farle del male, e Kate sapeva che le sarebbero piombati addosso senza pietà non appena avessero potuto.

      Ora poteva vedere lo scudo che svaniva, diventando trasparente. Kate strinse la spada con maggiore forza e si preparò a quello che stava per capitare.

      CAPITOLO TRE

      Emeline seguiva Asha, Vincente e gli altri attraverso le brughiere che si estendevano al di là di Strand, tenendo stretto il braccio di Cora in modo da non perdersi nelle nebbie che salivano dal terreno.

      “Ce l’abbiamo fatta,” disse Emeline. “Abbiamo trovato Casapietra.”

      “Penso che Casapietra abbia trovato noi,” sottolineò Cora.

      Era piuttosto corretto, dato che gli abitanti del posto le avevano salvate dall’esecuzione. Emeline poteva ancora ricordare il calore bruciante delle pire quando chiudeva gli occhi, e la puzza acre del fumo. Non avrebbe voluto.

      “E poi,” aggiunse Cora, “penso che per trovare un posto, si debba essere capaci di vederlo.”

      Mi piace il tuo animaletto umano, le disse Asha con il pensiero, camminando davanti a loro. Parla sempre così tanto?

      La donna che pareva essere uno dei capi di Casapietra camminava a grandi passi, il lungo

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