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verso il bordo e oltre. Gridò e tentò di aggrapparsi a qualsiasi cosa fosse a portata di mano. Le sue dita trovarono un pezzo di pietra della parete, persero la presa e poi la trovarono ancora, mentre la guardia continuava a precipitare sotto di lei. Angelica guardò in basso, giusto il tempo di seguire la sua caduta fino a terra. Provò un breve momento di soddisfazione quando l’uomo colpì il suolo, rapidamente sostituito dal terrore per trovarsi appesa al bordo del castello.

      Rovistò con le mani alla ricerca di appigli, tentando di trovare qualcosa a cui tenersi. I piedi rimasero penzolanti nell’aria per un momento, ma poi riuscì a piantarli sul ruvido lato di uno scudo araldico scolpito nella pietra. Angelica notò con limitato divertimento che si trattava dello stemma reale, ma non poté comunque fare a meno di sentirsi sollevata che fosse lì. Senza dubbio sarebbe stata altrimenti ormai morta, proprio come desiderava la vedova.

      La scalata per tornare in cima al tetto sembrò durare in eterno. I muscoli di Angelica bruciavano per lo sforzo inaspettato. Sotto poteva ora udire delle grida mentre la gente iniziava a riunirsi attorno alla guardia caduta. Non c’era dubbio che qualcuno guardasse in alto, vedendola mentre tentava di tornare al tetto, scavalcando la balaustra e restando distesa lì, con il respiro affannato.

      “Alzati,” disse a se stessa. “Sei morta se resti qui. Alzati.”

      Si sforzò di rimettersi in piedi, cercando di pensare. La vedova aveva tentato di ucciderla. La cosa ovvia da fare era scappare, perché chi poteva tenere testa alla vedova? Doveva trovare una via di fuga dal palazzo, forse arrivare al molo e partire verso le terre della sua famiglia dall’altra parte dell’oceano. Questo, oppure sgattaiolare attraverso le vie secondarie della città, evitando qualsiasi sentinella che fosse stata posizionata di sorveglianza e scappare in terraferma. La sua famiglia era potente, con il genere di amicizie che avrebbero potuto sollevare delle domande nell’Assemblea dei Nobili su questa faccenda, che avrebbero…

      “Faranno quello che la vedova dice loro,” disse Angelica a se stessa. Se avessero agito, lo avrebbero fatto lentamente, tanto che lei nel frattempo sarebbe stata senza dubbio assassinata. Il meglio che poteva sperare era di continuare a scappare, senza mai essere al sicuro, senza mai trovarsi al centro delle cose. Era una soluzione del tutto inaccettabile.

      Che le riportò alla mente la domanda precedente: chi poteva tenere testa alla vedova?

      Angelica si spolverò con attenzione l’abito, si risistemò i capelli il meglio possibile mentre annuiva a se stessa. Questo piano era… pericoloso, sì. Spiacevole, quasi certamente. Ma era la migliore possibilità che aveva.

      Mentre la gente di sotto gridava, lei partì di corsa tornando dentro al palazzo.

      CAPITOLO SETTE

      Gli occhi di Sebastian stavano iniziando ad abituarsi al buio quasi totale della sua cella, all’umido e anche al puzzo. Si stava iniziando ad adeguare al debole gorgoglio dell’acqua che si sentiva da qualche parte in lontananza e al rumore di gente che andava e veniva al di là. Era probabilmente un brutto segno. C’erano posti a cui era bene che nessuno si abituasse.

      La cella era piccola, pochi metri per lato, con una parete di sbarre di ferro chiuse con un solido lucchetto. Non era la bella torre di una prigione, dove la famiglia di un uomo poteva pagare per il suo mantenimento in grande stile fino a che non fosse giunto per lui il momento di perdere la testa. Questo era un posto dove un uomo veniva gettato per essere poi dimenticato dal mondo.

      “E se verrò dimenticato,” sussurrò Sebastian, “Rupert avrà la corona.”

      Doveva essere quello il senso. Sebastian non nutriva alcun dubbio su quella parte. Se suo fratello lo avesse fatto scomparire, se avesse fatto apparire il fatto come se Sebastian fosse scappato per non tornare mai più, allora Rupert sarebbe diventato in automatico l’erede al trono. Il fatto che non avesse ucciso Sebastian però suggeriva che questo potesse bastargli, che potesse magari liberarlo, non appena avesse ottenuto quello che voleva.

      “O potrebbe solo significare che vuole prendersi il tempo necessario per uccidermi,” disse Sebastian.

      Non riusciva a sentire altre voci nell’oscurità in quel momento, anche se di tanto in tanti le si udiva arrivare da lontano. Sebastian sospettava che ci fossero altre celle là sotto, forse altri prigionieri. Ovunque questo posto fosse. Quella era decisamente una questione cui valeva la pena di pensare. Se si trovavano da qualche parte sotto al palazzo, allora c’erano delle possibilità che Sebastian potesse attirare abbastanza attenzioni per ottenere aiuto. Se invece erano da qualche altra parte in città… beh, allora dipendeva da dov’erano, ma Sebastian avrebbe trovato un modo per farsi aiutare.

      Tentò di pensare al viaggio che avevano fatto per arrivare lì, ma era impossibile poterlo dire per certo. Non il palazzo, ora che ci pensava. Addirittura Rupert non sarebbe stato tanto arrogante da andare a rinchiuderlo lì. Suo fratello e la sua famiglia avevano abbastanza soldi da permettersi di acquistare una qualsiasi altra proprietà attorno alla città. Qualche casa extra tenuta per le sue relazioni amorose o per affari torbidi.

      “Probabilmente entrambe le cose, conoscendo Rupert,” disse Sebastian.

      “Stai zitto tu,” disse una voce. Una figura venne fuori dal buio, un uomo indefinito che prestava servizio in qualità di carceriere. L’uomo scendeva solo un paio di volte al giorno, portando acqua salmastra e pane stantio. Fece strisciare una mazza di legno contro le sbarre della cella di Sebastian e l’improvviso rumore lo fece sobbalzare, dopo tutto quel silenzio.

      “Sai chi sono,” disse Sebastian. “Sono il fratello di Rupert, il figlio più giovane della vedova.” Afferrò le sbarre. “Mia madre farà uccidere chiunque sia coinvolto nel fare del male ai suoi figli. Questo lo devi per forza sapere, se non sei un idiota. La tua sola possibilità di sopravvivenza in questo momento è di essere quello che mi lascerà andare.”

      Sebastian non amava fare minacce. Erano il genere di cose che faceva suo fratello, ma era anche niente più che la verità. Sua madre avrebbe fatto a pezzi Ashton per cercarlo se pensava che fosse stato catturato, e non appena l’avesse trovato, chiunque gli avesse fatto del male sarebbe morto per questo. Quando si trattava della sua famiglia, sua madre era in tutto e per tutto la monarca crudele e implacabile che la gente credeva.

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