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un altro.

      Luke stava perdendo i sensi per i traumi. Forse era stato colpito. Forse stava morendo. Se era così che si moriva, non era poi così male. Non c’era dolore.

      Pensò al ragazzino, un adolescente magrolino, con il torso largo quanto quello di uomo robusto. Aveva avuto indosso un giubbotto esplosivo.

      Pensò a Rebecca, incinta del suo bambino.

      L’oscurità lo avvolse.

      ***

      A un certo punto il sole era sorto, ma non aveva portato con sé alcun calore. Il combattimento era finito. Lui non riusciva a ricordare quando, né come si fosse concluso. Il terreno era frastagliato e bucherellato. C’erano cadaveri ovunque. Uomini magri e barbuti erano stesi a terra, con gli occhi fissi e sgranati.

      Luke. Il suo nome era Luke.

      Era seduto su un mucchio di corpi. Si era svegliato sotto di essi, ed era emerso strisciando come un serpente.

      Erano impilati come legname. Non gli piaceva sedere su di loro, ma era comodo. Era abbastanza alto da dargli una visuale sul lato della collina attraverso i resti del muro di sacchi di sabbia, ma comunque basso quanto bastava perché nessuno tranne un cecchino estremamente bravo avrebbe potuto colpirlo.

      I talebani non avevano molti cecchini bravi. Alcuni, ma non molti, e la maggior parte dei soldati attorno a lui sembravano morti.

      Nelle vicinanze ne notò uno che strisciava sulla collina, lasciandosi dietro una traccia di sangue come la bava di una lumaca. Avrebbe dovuto andare lì e ucciderlo, ma non voleva rischiare di spostarsi all’aperto.

      Luke abbassò lo sguardo su se stesso. Non aveva un gran bell’aspetto. Il suo petto era macchiato di rosso. Era intriso del sangue dei morti. Tremava per la fame e la stanchezza. Fissò le montagne circostanti, illuminate dal sole che sorgeva. Sarebbe stata una bella giornata. Quello era un paese splendido.

      Quanti altri ce n’erano là fuori? Quanto tempo ci sarebbe voluto prima che arrivassero?

      Scosse la testa. Non lo sapeva. Non aveva importanza. Qualsiasi numero sarebbe stato eccessivo.

      Martinez era steso sulla schiena lì vicino, più in basso nella trincea. Stava piangendo. Non riusciva a muovere le gambe. Ne aveva avuto abbastanza. Voleva morire. Luke si rese contro che lo stava ignorando ormai da un po’.

      “Stone!” stava dicendo. “Ehi, Stone. Ehi! Uccidimi, amico. Uccidimi e basta. Ehi, Stone! Ascoltami, amico!”

      Luke era intorpidito.

      “Non ho intenzione di ucciderti, Martinez. Starai bene. Ti tireremo fuori di qui, e i dottori ti rimetteranno a posto. Quindi dacci un taglio… okay?”

      Lì accanto, Murphy era seduto su una roccia, fissando nel vuoto. Non stava nemmeno cercando di mettersi al riparo.

      “Murph! Vieni qua. Vuoi che un cecchino ti pianti un proiettile in testa?”

      Murphy si girò e guardò Luke. I suoi occhi erano semplicemente… vuoti. Scosse la testa. Gli sfuggì un sospiro. Sembrò quasi una risata. Rimase fermo dove era.

      Sotto i suoi occhi tirò fuori una pistola. Era incredibile che ne avesse ancora una addosso. Luke aveva combattuto a mani nude, usando rocce e oggetti taglienti per…

      Non sapeva quanto tempo.

      Murphy si puntò la canna della pistola al lato della testa, senza spostare lo sguardo da Luke per tutto il tempo. Premette il grilletto.

      Click.

      Lo premette ancora e ancora.

      Click, click, click, click… click.

      “Finiti,” disse.

      Gettò via l’arma. Cadde lungo il lato della collina.

      Luke guardò la pistola che rimbalzava in lontananza. Arrivò molto più lontano di quanto non si sarebbe aspettato. Alla fine si fermò con uno scivolone in mezzo alla ghiaia e sassi. Spostò lo sguardo su Murphy. Il soldato rimase fermo lì, guardando il vuoto.

      Se fossero arrivati altri talebani, sarebbero stati finiti. Nessuno di quegli uomini riusciva più a combattere, e l’unica arma che Stone aveva ancora era la baionetta piegata in mano sua. Per un momento, pensò vagamente di cercare armi tra i cadaveri. Non era certo di avere la forza per alzarsi. Forse avrebbe dovuto strisciare.

      Uno stormo di insetti neri apparve nel cielo in lontananza. Capì subito che cosa erano. Elicotteri. Elicotteri dell’esercito degli Stati Uniti, probabilmente Black Hawks. Stava arrivando la cavalleria. Luke non ne fu felice, né turbato.

      Non sentiva niente.

      CAPITOLO TRE

      19 marzo

      Notte

      Un aeroplano sopra l’Europa

      “I suoi uomini sono comodi?”

      “Sì, signore,” rispose Luke.

      Murphy non rispose. Era seduto su una poltrona dall’altra parte della stretta corsia, di fronte a Luke, fissando l’oscurità cupa fuori dal finestrino. Erano in un piccolo jet arredato quasi come un soggiorno. Luke e Murphy erano seduti in fondo, rivolti in avanti. Nella parte anteriore c’erano tre uomini, inclusi un colonnello della Delta Force e un generale a tre stelle del Pentagono. Il terzo era in abiti civili.

      Dietro gli uomini c’erano due Berretti Verdi, in piedi sull’attenti.

      “Specialista Murphy?” disse il generale. “È comodo?”

      Murphy abbassò la tenda del finestrino. “Sì, sto bene.”

      “Murphy, sa come ci si rivolge a un superiore?” domandò il colonnello.

      Murphy si girò dal finestrino. Guardò direttamente gli uomini per la prima volta.

      “Non sono più nel vostro esercito.”

      “Perché è su questo aereo, quindi?”

      Lui si scrollò. “Qualcuno mi ha offerto un passaggio. Non ci sono molti voli commerciali fuori dall’Afghanistan di questi tempi. Quindi ho pensato che fosse meglio approfittare di questo.”

      L’uomo in abiti civili lanciò un’occhiata verso la porta della cabina.

      “Se non è nell’esercito, suppongo che possiamo sempre chiederle di andarsene. Ovviamente la strada è lunga fino a terra.”

      Murphy seguì il suo sguardo.

      “Lo faccia. Le prometto che verrà insieme a me.”

      Luke scosse la testa. Se quello fosse stato un parco giochi, gli sarebbe quasi venuto da ridere. Ma non lo era, e quegli uomini erano mortalmente seri.

      “Okay, Murph,” disse. “Datti una calmata. Io ero su quella collina insieme a te. Nessuno su questo aereo ci ha messo là.”

      Murphy fece spallucce. “Va bene, Stone.” Guardò il generale. “Sì, sono comodo, signore. Molto comodo, grazie.”

      Il generale studiò alcuni documenti davanti a sé.

      “Grazie, signori, per il vostro servizio. Specialista Murphy, se è interessato a essere congedato in anticipo dai suoi doveri, le suggerisco di affrontare l’argomento con il suo ufficiale in comando quando sarà tornato a Fort Bragg.”

      “Okay,” rispose lui.

      Il generale alzò lo sguardo. “Come sapete, questa è stata una missione difficile che non è andata esattamente secondo i pieni. Vorrei approfittare dell’occasione per familiarizzare con i fatti della situazione. Ho i rapporti stilati sulla missione in seguito al vostro ritorno a Bagram. Capisco dalle testimonianze, e dalle prove fotografiche, che in complesso la missione è stata un successo. Concorderebbe, sergente Stone?”

      “Uh…

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