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scomparsa da cinque anni, a discapito della ricerca di una donna che era sparita da meno di un giorno.

      Ma doveva arrivare presto. Brody era partito in anticipo per i Burlingame, perciò poteva arrivare dopo di lui. Ma se si fosse fatta vedere troppo tardi, Brody avrebbe sicuramente fatto la spia a Hillman.

      Avrebbe usato qualsiasi scusa per evitare di lavorare con lei. E raccontare al capo che lei aveva rallentato un’indagine presentandosi in ritardo all’interrogatorio di un testimone era roba sua. E questo le lasciava solo pochi minuti per controllare il deposito.

      Parcheggiò sulla strada e puntò al cancello principale. Il deposito si trovava tra un magazzino e un punto vendita della U-Haul. Il brusio della centrale elettrica dall’altra parte della strada era fastidiosamente alto. Keri si chiese se non stesse rischiando di prendersi il cancro anche solo stando lì.

      Il deposito era circondato da staccionate a basso costo pensate per tenere fuori i girovaghi e i tossici, ma non fu difficile per Keri scivolare nella fessura che stava tra i cancelli chiusi malamente. Avvicinandosi alla porta principale del complesso, notò il cartello del luogo a terra, coperto dalla polvere. Diceva Conservazione di oggetti senza prezzo.

      Non c’era niente che fosse senza prezzo dentro al deposito vuoto e cavernoso. In effetti non c’era proprio niente, eccetto poche sedie pieghevoli di metallo rovesciate e qualche mucchio di cartongesso sbriciolato. L’intero posto era stato ripulito. Keri esplorò tutto il complesso, in cerca di qualche indizio che potesse riguardare Evie, ma non fu in grado di trovare nulla.

      Si abbassò sulle ginocchia, sperando che una prospettiva diversa potesse offrirle un punto di vista nuovo. Non notò nulla, anche se c’era qualcosa di leggermente strano sul fondo del deposito. Una sedia pieghevole di metallo era in piedi con sopra una pila di detriti in cartongesso, finemente ammucchiati fino a raggiungere un’altezza di trenta centimetri. Sembrava improbabile che fossero finiti così senza nessun aiuto.

      Keri si avvicinò per vedere meglio. Aveva la sensazione di essere in cerca di collegamenti dove non ce n’erano. Eppure spostò in parte la sedia, ignorando il breve barcollio che fece il cartongesso prima di ruzzolare sul pavimento.

      Rimase sorpresa dal suono che fece quando colpì il cemento. Invece del tonfo che si aspettava, ci fu un un’eco vuota. Sentendo che il cuore cominciava improvvisamente a battere veloce, Keri calciò via i detriti e calpestò il punto in cui erano caduti – un’altra eco vuota. Fece scorrere la mano sul pavimento e scoprì che il punto che prima si trovava sotto alla sedia non era di cemento vero, ma di legno dipinto di grigio per mimetizzarsi con il resto della pavimentazione.

      Cercando di controllare il respiro, esaminò la parte in legno con le dita finché non ne sentì una parte rialzata. Premette, e udì il rumore di una serratura a scatto che si apriva, e sentì sollevarsi un’estremità. Si abbassò e tirò via dalla sua fessura scanalata il pezzo quadrato di legno, che era grande circa come il coperchio di un tombino.

      Sotto c’era uno spazio pronfondo all’incirca venticinque centimetri. Non c’era nulla dentro. Nessun documento, nessun attrezzo. Era troppo piccolo per contenere una persona. Al massimo avrebbe potuto contenere una piccola cassaforte.

      Keri ne tastò i margini in cerca di un altro pulsante nascosto, ma non trovò altro. Non era sicura di cosa poteva esserci stato in passato, ma ora non c’era più. Sedette sul cemento duro accanto alla fessura, non sapendo che altro fare.

      Guardò l’orologio. Era l’una e quindici. Doveva essere a Beverly Hills entro quindici minuti. Anche partendo in quel momento, sarebbe arrivata appena in tempo. Frustrata e infastidita, rimise velocemente a posto il coperchio in legno, fece scivolare la sedia dove si trovava prima e lasciò l’edificio, dando un’ultima occhiata al cartello per terra.

      Conservazione di oggetti senza prezzo. Il nome dell’attività è una specie di indizio o sono solo stata giocata da uno stronzo crudele? Qualcuno mi sta dicendo che cosa devo fare per conservare Evie, il mio bene più prezioso?

      L’ultimo pensiero le mandò un’ondata di ansia lungo il corpo. Sentì le ginocchia cedere e cadde a terra goffa, cercando di evitare di farsi ancora male al braccio sinistro, che era inutilmente allacciato all’imbracatura che le attraversava il petto. Usò la mano destra per evitare di crollare del tutto.

      Piegata in due, con una nuvola di polvere che le si sollevava intorno, Keri chiuse forte gli occhi e cercò di scacciare i pensieri oscuri che la stavano accerchiando. Una fugace visione della sua piccola Evie le si fece strada violentemente nel cervello.

      Nella visione aveva ancora otto anni, i codini biondi le rimbalzavano sul capo, il viso era bianco di terrore. Un uomo biondo con un tatuaggio sul lato destro del collo la stava buttando dentro a un furgone bianco. Keri sentì il tonfo quando il suo corpicino andò a sbattere contro alla parete del furgone. Vide il biondo accoltellare un ragazzino che aveva cercato di fermarlo. Vide il furgone partire e andarsene in fretta, lasciandola lei lontanissima, a inseguirlo con i piedi nudi e sanguinanti.

      Era ancora tutto così vivido. Keri represse le lacrime mentre scacciava il ricordo, cercando di costringersi a tornare al presente. Dopo alcuni momenti riprese il controllo. Fece dei lunghi respiri lenti. La vista le si schiarì e si sentì abbastanza in forze da rialzarsi.

      Era il primo flashback che aveva da settimane, da prima dello scontro con Pachanga. Una parte di lei aveva sperato che i flashback se ne fossero andati per sempre – non era stata fortunata.

      Sentì un dolore alla clavicola dovuto allo scatto che aveva fatto per attutire la caduta. Irritata, si tolse l’imbracatura. Era più un intralcio che un aiuto, a quel punto. Inoltre non voleva sembrare debole quando avrebbe incontrato il dottor Burlingame.

      L’interrogatorio con Burlingame — devo andare!

      Riuscì a incespicare fino alla macchina e a immettersi nel traffico, stavolta senza la sirena. Aveva bisogno di silenzio per la telefonata che stava per fare.

      CAPITOLO QUATTRO

      Keri percepiva il nervosismo nello stomaco mentre digitava brusca il numero della stanza d’ospedale di Ray e aspettava che rispondesse. Ufficialmente, non c’era ragione per cui si sarebbe dovuta sentire nervosa. Dopotutto Ray Sands era suo amico e suo partner nell’Unità persone scomparse della Divisione Pacific del LAPD.

      Mentre il telefono continuava a suonare, la sua mente tornò a prima che fossero partner, quando lei era una docente di criminologia alla Loyola Marymount University e lavorava come consulente per il dipartimento, aiutandolo in alcuni casi. Erano andati d’accordo subito, e lui le aveva ritornato l’aiuto professionale parlando occasionalmente alle sue classi.

      Dopo il rapimento di Evelyn, Keri era precipitata in un nero abisso di disperazione. Il suo matrimonio era andato in pezzi, e lei aveva preso a bere pesantemente e a passare la notte con molti studenti dell’università. Alla fine era stata licenziata.

      Era stato poco dopo, quando era quasi al verde, ubriaca, e viveva in una vecchia e decrepita casa galleggiante al porto, che era tornato. L’aveva convinta a iscriversi all’accademia di polizia, come aveva fatto lui quando la sua, di vita, era andata in pezzi. Ray le aveva offerto una cima di salvataggio, un modo per riconnettersi con il mondo e scoprire il senso della sua vita. Lei aveva preso la cima.

      Dopo il diploma e il servizio come agente in divisa, era stata promossa detective, e aveva chiesto di essere assegnata alla Divisione Pacific, che copriva quasi tutta la West Los Angeles. Era il luogo in cui viveva e che conosceva meglio. Era anche la divisione di Ray. Lui l’aveva richiesta come partner e lavoravano insieme da un anno quando il caso Pachanga li aveva mandati entrambi all’ospedale.

      Ma non era per lo stato di guarigione di Ray che Keri si sentiva nervosa. Era per lo stato della loro relazione. Qualcosa di più dell’amicizia era nato nell’ultimo anno, mentre lavoravano fianco a fianco, insieme. Lo sapevano entrambi, ma nessuno dei due era disposto a riconoscerlo ad alta voce. Keri provava fitte di gelosia quando lo chiamava a casa e rispondeva una donna. Era un noto e impenitente dongiovanni perciò la cosa non avrebbe dovuto

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