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d’ordinanza, nessuna autorità formale, e nessun accesso alle risorse della polizia.

      “C’è qualcosa di particolare che secondo te dovrei cercare?” chiese Ray.

      “A dire il vero, sì. Susan ha detto che una delle ragazze che hanno fatto da Premio di sangue era un’ex attrice bambina diventata tossicodipendente e finita per strada. Se è stata stuprata e uccisa, in modo particolare col taglio della gola, ce ne dovrebbe essere una testimonianza, no? Non ricordo che la cosa sia finita sui notiziari, però magari me la sono persa. Se riuscissi a ripescare la cosa, magari il controllo completo della scientifica includeva il DNA preso dal seme dell’uomo che l’ha aggredita.”

      “È possibile che non ci abbia neanche pensato nessuno a prendere il DNA,” aggiunse Ray. “Se hanno trovato quella ragazza morta con la gola tagliata, potrebbero non aver sentito il bisogno di fare altro. Se riusciamo a capire chi era lei, magari riusciamo a far fare altri test, mettergli fretta e identificare l’uomo che era con lei.”

      “Esattamente,” disse d’accordo Keri. “Però ricordati di essere discreto. Coinvolgi meno persone possibili. Non sappiamo quante orecchie abbia nell’edificio il nostro avvocato.”

      “Capito. Allora, cosa hai in programma di fare tu mentre io leggo attentamente vecchi verbali di teenager assassinate?”

      “Io andrò a interrogare una possibile testimone.”

      “E chi?” chiese Ray.

      “La prostituta amica di Susan, Lupita – quella che ha detto di aver sentito quei tipi parlare del Vista. Magari si ricorderà dell’altro, con un po’ d’aiuto.”

      “Okay, Keri, ma ricordati di andarci pianino. Quella zona di Venice è dura e tu non sei ancora al massimo della forma. E poi, almeno per adesso, non sei neanche una poliziotta.”

      “Grazie della preoccupazione, Ray. Ma penso che ormai dovresti saperlo. Andarci piano non è il mio stile.”

      CAPITOLO TRE

      Mentre Keri accostava di fronte all’indirizzo di Venice che Susan le aveva mandato per messaggio, si costrinse a dimenticarsi del dolore persistente che aveva al petto e al ginocchio. Stava entrando in un territorio potenzialmente pericoloso. E dato che al momento non era ufficialmente al lavoro, doveva stare in allerta massima. Nessuno lì le avrebbe dato il beneficio del dubbio.

      Era solo metà mattina, e attraversando la Pacific Avenue in quella squallida striscia di Venice la sua sola compagnia erano i surfisti tatuati ignari del freddo che puntavano all’oceano ad appena un isolato di distanza, e i senzatetto rannicchiati nelle soglie dei negozi non ancora aperti.

      Arrivò al malmesso condominio, attraversò la porta principale sul davanti, e salì le tre rampe di scale fino alla stanza in cui, presumibilmente, l’aspettava Lupita. Di solito non si tirava su lavoro prima di pranzo, perciò quello era un buon momento per passare.

      Keri si avvicinò alla porta e stava per bussare quando udì del rumore venire da dentro. Controllò e scoprì che la porta non era chiusa a chiave e silenziosamente la aprì, facendo capolino all’interno.

      Sul letto della stanza disadorna c’era una mora che sembrava avere circa quindici anni. Sopra di lei c’era un atletico uomo nudo sui trenta. Le coperte nascondevano i particolari, ma stava spingendo in modo aggressivo. Ogni qualche secondo schiaffeggiava la ragazza in viso.

      Keri combatté la voglia di marciare dentro e strapparle il tipo di dosso. Persino senza distintivo, era la sua inclinazione naturale. Ma non aveva idea se fosse un cliente e se l’attività che stava avendo luogo fosse una procedura standard.

      La triste esperienza le aveva insegnato che a volte salvare era controproducente, sul lungo termine. Se era un cliente e Keri li interrompeva, il tipo poteva arrabbiarsi e lamentarsi col protettore di Lupita, che se la sarebbe presa con lei. A meno che la ragazza non fosse stata disposta a lasciare quella vita per sempre, come aveva fatto Susan Granger, intervenire, pur seguendo la legge, poteva solo peggiorarle le cose, nel quadro generale.

      Keri fece qualche altro passo nella stanza e attirò lo sguardo di Lupita. La ragazza dall’aria spaventata con i capelli scuri e ricci le rivolse uno sguardo familiare, un misto di implorazione, paura e diffidenza. Keri seppe quasi immediatamente cosa voleva dire. Aveva bisogno di aiuto, ma non di troppo.

      Quello chiaramente era un cliente, magari uno nuovo e inatteso dell’ultimo minuto, perché era lì quando Lupita aveva acconsentito a vedere Keri. Ma le era stato detto di servirlo comunque. Era probabile che gli schiaffi fossero inaspettati. Ma non si trovava nella posizione di obiettare se il permesso l’aveva dato il protettore.

      Keri sapeva come gestirla. Entrò rapidamente e silenziosamente, estraendo un manganello di gomma dalla tasca interna della giacca. Lupita sgranò gli occhi e Keri capì che il cliente se ne era accorto. Stava per voltarsi per guardarsi alle spalle quando il manganello venne in contatto con la sua nuca. Cadde in avanti, collassando sopra alla ragazza, privo di sensi.

      Keri si portò un dito alle labbra, indicando a Lupita di stare zitta. Fece il giro del letto per assicurarsi che il cliente fosse davvero svenuto. Lo era.

      “Lupita?” chiese.

      La ragazza annuì.

      “Sono la detective Locke,” disse trascurando di dire che, per il momento, non era tecnicamente una detective. “Non ti preoccupare. Se facciamo presto questo non deve essere un problema. Quando il protettore ti chiede qualcosa, ecco cos’è successo: è entrato un tipo basso con un cappuccio e ha messo fuori gioco il cliente, e gli ha rubato il portafogli. Non gli hai mai visto la faccia. Ha minacciato di ucciderti se avessi detto una parola. Quando me ne andrò da questa stanza, conta fino a venti e comincia a gridare per chiedere aiuto. Non puoi essere colpevolizzata per niente al mondo. Capito?”

      Lupita annuì di nuovo.

      “Okay,” disse Keri frugando tra le tasche dei jeans dell’uomo e prendendogli il portafogli. “Non penso che rimarrà svenuto per più di uno o due minuti, perciò andiamo al punto. Susan ha detto che hai sentito dei ragazzi dire che il Vista sarà domani. Lo sai chi ne stava parlando? Uno dei due era il tuo protettore?”

      “Ah-ah,” sussurrò Lupita. “Non ho riconosciuto le voci. E quando ho guardato in corridoio se n’erano andati.”

      “Va bene. Susan mi ha detto quello che hanno detto di mia figlia. La cosa su cui voglio che ti concentri è il posto. So che tengono sempre questi Vista a Hollywood Hills. Ma sono stati più specifici? Hanno nominato una strada? Dei punti di riferimento?”

      “Non hanno nominato strade. Ma uno dei due si lamentava del fatto che sarebbe stata una rottura peggio dell’anno scorso, perché era recintato. Anzi, ha detto ‘la proprietà è recintata.’ Perciò presumo che sia più di una semplice casa.”

      “Davvero molto utile, Lupita. Altro?”

      “Uno di loro ha detto di essere triste perché non sarebbero stati abbastanza vicini da vedere la scritta di Hollywood. Immagino che l’anno scorso la casa fosse proprio lì vicino. Però stavolta saranno troppo lontani, in una zona diversa. Aiuta?”

      “A dire il vero sì. Significa che probabilmente si trova più vicino a West Hollywood. Restringe il cerchio. È davvero utile. Dell’altro?”

      L’uomo sopra di lei gemette piano e cominciò a muoversi.

      “Non mi viene in mente niente,” borbottò Lupita, a malapena udibile.

      “Va benissimo. È più di ciò che avevo prima. Sei stata di grande aiuto. E se decidi di voler uscire da questa vita, puoi contattarmi tramite Susan.”

      Lupita, nonostante la sua situazione, sorrise. Keri si tolse il berretto, estrasse un cappuccio nero dalla tasca e lo indossò. Aveva delle piccole fessure per gli occhi e la bocca.

      “Ora ricorda,” disse con voce profonda per nascondere la propria, “aspetta venti secondi o ti ammazzo.”

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