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lo interruppe Reid. “L’ubicazione dello sceicco. Quello che mi ha detto. A chi ho passato le sue informazioni. So tutto del vostro piano, e non sono il solo.”

      Gli angoli della bocca di Otets si sollevarono in un ghigno. “Agente Zero.”

      “Te l’avevo detto,” esclamò Yuri. “Ho fatto bene, sì?”

      “Chiudi la bocca,” ordinò Otets. Yuri si raggomitolò su se stesso come un cane bastonato. “Portalo al piano di sotto e fatti dire tutto quello che sa. Inizia tagliandogli le dita. Non voglio perdere tempo.”

      In una giornata normale, quella minaccia avrebbe sconvolto di terrore Reid. I suoi muscoli si tesero per un istante, i peli sul suo collo si rizzarono… ma il suo nuovo istinto lottò contro il panico e lo costrinse a rilassarsi. Aspetta, gli disse. Aspetta l’occasione giusta

      Lo scagnozzo rasato fece un secco cenno d’assenso e afferrò di nuovo il braccio di Reid.

      “Idiota!” scattò Otets. “Prima bendalo! Yuri, vai allo schedario. Lì dovrebbe esserci qualcosa.”

      Yuri corse allo schedario a tre ripiani di quercia che si ergeva in un angolo e vi spulciò dentro fino a quando non trovò un rotolo di spago grezzo. “Ecco,” disse, e lo lanciò allo scagnozzo calvo.

      Tutti gli occhi si alzarono istintivamente sul rotolo di spago che roteava in aria, sia quelli degli scagnozzi, che quelli di Yuri e Otets.

      Ma non quelli di Reid. Vide un’occasione e la colse.

      Piegò a coppa la mano sinistra e la sollevò bruscamente verso l’alto, colpendo la trachea dell’uomo rasato con la parte più carnosa del palmo. Sentì la sua gola che cedeva all’impatto.

      Mentre il primo colpo andava a segno, spinse il tallone dello stivale sinistro dietro di sé e calciò lo scagnozzo con la barba al fianco, lo stesso fianco su cui l’uomo aveva evitato di appoggiarsi durante il viaggio fino in Belgio.

      Un ansimo bagnato e strangolato sfuggì dalle labbra dell’uomo rasato mentre si portava le mani alla gola. Lo scagnozzo con la barba grugnì e il suo grosso corpo roteò e cadde.

      Abbattuti!

      Lo spago finì a terra. E così anche Reid. In un unico gesto si abbassò sul pavimento e strappò la Glock dalla fondina da caviglia dell’uomo rasato. Senza neanche alzare lo sguardo, balzò in avanti e atterrò roteando su se stesso.

      Non appena saltò, un boato risuonò nel piccolo ufficio, assurdamente rumoroso. Lo sparo della Desert Eagle lasciò un foro impressionante nella porta d’acciaio dell’ufficio.

      Reid smise di roteare a un metro da Otets e si spinse in avanti, verso di lui. Prima che Otets potesse girarsi per prendere la mira, Reid gli prese la mano con la pistola da sotto—non afferrarla mai da sopra, è un ottimo modo per perdere un dito—e la spinse verso l’alto. La pistola sparò di nuovo, un'esplosione rumorosa a meno di un metro dalla testa di Reid. Gli fischiarono le orecchie, ma lui lo ignorò. Spinse di nuovo la pistola verso il basso e di lato, tenendo la canna lontana da sé mentre si portava l’arma al fianco, e la mano di Otets insieme a essa.

      L’uomo di mezza età gettò la testa all’indietro e gridò quando il dito che era sul grilletto si spezzò. Il suono nauseò Reid, ma la Desert Eagle rimbalzò a terra.

      Si voltò e strinse un braccio attorno al collo di Otets, usandolo come scudo mentre prendeva di mira i due scagnozzi. L’uomo rasato era fuori gioco, ansimando invano per riprendere fiato nonostante la trachea spezzata, ma quello con la barba aveva preso la sua TEC-9. Senza esitare Reid sparò tre colpi in rapida successione, due al petto e uno alla fronte. Un quarto proiettile gli diede il colpo di grazia.

      La coscienza di Reid gli gridò dal fondo della sua mente. Hai appena ucciso due uomini. Altri due uomini. Ma la coscienza nuova era più forte, allontanava la nausea e il senso di autoconservazione.

      Puoi farti prendere dal panico più tardi. Ancora qui non hai finito.

      Reid girò su se stesso, con Otets davanti a sé come se stessero ballando, e alzò la Glock su Yuri. Lo sfortunato messaggero stava cercando inutilmente di liberare la Sig Sauer dalla fondina della spalla.

      “Fermo,” gli ordinò Reid. Yuri si bloccò. “Mani in alto.” Il messaggero serbo alzò lentamente le mani, con i palmi verso fuori. Fece un ampio sorriso.

      “Kent,” disse in inglese, “noi siamo buoni amici, non è vero?”

      “Prendi la mia Beretta fuori dalla tasca sinistra della tua giacca e appoggiala sul pavimento,” gli disse Reid.

      Yuri si leccò il sangue dall’angolo della bocca e agitò le dita della mano sinistra. Lentamente, le infilò nella tasca e ne estrasse la piccola pistola nera. Ma non l’appoggiò a terra. Invece la strinse, con la canna puntata verso il basso.

      “Lo sai,” disse, “sto pensando che se vuoi delle informazioni, ti serve almeno uno di noi vivo. Sì?”

      “Yuri!” ringhiò Otets. “Fai come ti ha detto!”

      “A terra,” ripeté Reid. Non distolse lo sguardo da Yuri, ma temeva che altri nell’impianto potessero aver sentito il rombo della Desert Eagle. Non sapeva quante persone ci fossero al piano di sotto, ma l’ufficio era insonorizzato e i macchinari là fuori erano accesi. Era possibile che non lo avessero sentito, o che fossero così abituati al suono da non farci più caso.

      “Forse,” disse Yuri, “prendo la pistola e sparo a Otets. Poi tu avrai bisogno di me.”

      “Yuri, nyet!” gridò Otets, quella volta più sbalordito che arrabbiato.

      “Vedi, Kent,” spiegò il messaggero. “Questa non è Cosa Nostra. È più, uh… una storia di impiegati scontenti. Vedi come mi tratta. Quindi magari gli sparo, e tu e io, ci mettiamo d’accordo…”

      Otets strinse i denti e sibilò una sfilza di maledizioni a Yuri, ma il messaggero reagì solamente con un largo sorriso.

      Reid stava diventando impaziente. “Yuri, se non abbassi la pistola subito, sarò costretto a…”

      Il braccio di Yuri si mosse, solo un minuscolo segnale che stava per alzarsi. L’istinto di Reid scattò come una macchina che stesse cambiando marcia. Senza pensarci prese la mira e sparò, solo una volta. Successe tanto rapidamente che il rinculo della pistola lo spaventò.

      Per un mezzo secondo, Reid pensò di averlo mancato. Poi sangue scuro eruttò da un buco nel collo di Yuri. Cadde in ginocchio, alzando debolmente una mano per fermare il flusso, ma era troppo tardi.

      Servono due minuti per morire dissanguati dall’arteria carotide tagliata. Non voleva sapere come faceva ad avere quella certezza. Ma bastano dai sette ai dieci secondi per svenire per la perdita di sangue.

      Yuri cadde in avanti. Reid subito si voltò verso la porta d’acciaio con la Glock puntata al suo centro. Aspettò. Respirava con calma e senza fretta. Non sudava nemmeno. Otets ansimava a fatica, e si teneva il dito rotto con la mano buona.

      Non arrivò nessuno.

      Ho appena sparato a tre uomini.

      Non c’è tempo per questo ora. Esci di qui.

      “Stai fermo,” ringhiò a Otets mentre lo lasciava andare. Calciò la Desert Eagle in un angolo distante, dove finì sotto lo schedario. Non gli serviva un cannone come quello. Lasciò anche le pistole automatiche TEC-9 degli scagnozzi, erano inaccurate e buone solo a spruzzare proiettili su vaste aree. Invece, spintonò di lato il corpo di Yuri e prese la Beretta. Tenne anche la Glock, infilando entrambe le mani con le pistole in ciascuna tasca della giacca.

      “Usciamo di qui,” disse a Otets, “tu e io. Tu vai per primo e fai finta che non stia succedendo niente di strano. Mi accompagni fuori, fino a una macchina decente. Perché queste?” Mosse le mani, ognuna infilata in una tasca e stretta attorno a una pistola. “Queste sono puntate alla tua schiena. Fai un solo sbaglio, di’ una singola parola e ti infilo un proiettile tra le vertebre L2 e L3. Se avrai la fortuna di non morire, sarai paralizzato per il resto

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