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all’esterno, e immaginò che fosse il posto adatto da cui iniziare la sua ricerca.

      Smontò da cavallo e corse dentro, facendosi strada a gomitate tra la gente chiassosa per il troppo bere, fino a che raggiunse l’oste che stava in fondo alla stanza e scriveva i nomi delle persone, raccoglieva i loro posti e indicava loro la strada per le camere. Era un tipo dall’aspetto viscido, con un sorriso finto, il volto imperlato di sudore, continuamente impegnato a sfregarsi le mani una contro l’altra mentre contava le sue monete. Sollevò lo sguardo verso Erec con un sorriso plastico stampato in viso.

      “Una camera, signore?” gli chiese. “O volete delle donne?”

      Erec scosse la testa e si avvicinò all’uomo, con l’intenzione di farsi sentire in quel chiasso.

      “Sto cercando un commerciante,” disse. “Un commerciante di schiavi. È venuto qui da Savaria suppergiù un giorno fa. Aveva con sé un carico prezioso. Un carico umano.”

      L’uomo si leccò le labbra.

      “Quella che cerchi è un’informazione preziosa,” disse l’uomo. “Te la posso fornire tanto facilmente quanto darti una camera.”

      L’uomo allungò una mano e sfregò due dita, poi protese il palmo aperto. Guardò Erec e sorrise.

      Erec era disgustato da quell’uomo, ma voleva quell’informazione e non aveva tempo da perdere, quindi infilò una mano nel suo sacco e mise una grossa moneta nella mano dell’uomo.

      L’uomo sgranò gli occhi esaminandola.

      “L’oro del Re,” osservò, impressionato.

      Squadrò Erec da capo a piedi con espressione carica di rispetto e meraviglia.

      “Quindi vieni direttamente dalla Corte del Re?” gli chiese.

      “Basta,” rispose Erec. “Sono io quello che fa le domande qui. Ti ho pagato. Ora dimmi: dov’è il commerciante?”

      L’uomo si leccò le labbra diverse volte, poi si chinò verso di lui.

      “L’uomo che cerchi si chiama Erbot. Viene qui una volta alla settimana sempre con nuove partite di puttane. Poi le vende all’asta al miglior offerente. Dovresti trovarlo nel suo covo. Segui questa strada fino alla fine: l’edificio è lì. Ma se la ragazza che cerchi è di valore, sarà già stata probabilmente venduta. Le sue puttane non durano a lungo.”

      Erec stava per andarsene quando si sentì afferrare al polso da una mano calda e appiccicaticcia. Si voltò, sorpreso di constatare che l’oste lo stava trattenendo.

      “Se sono le sgualdrine che cerchi, perché non ne provi una delle mie? Sono buone quanto le sue, e vengono la metà del prezzo.”

      Erec fece una smorfia all’uomo, disgustato. Se avesse avuto più tempo l’avrebbe probabilmente ucciso, liberando il mondo da un individuo del genere. Ma guardandolo bene valutò che non ne valeva la pena.

      Liberò il braccio con uno strattone e gli si avvicinò.

      “Mettimi le mani addosso un’altra volta,” lo avvisò, “e rimpiangerai di averlo fatto. Ora fai due passi indietro da me prima che trovi il posto giusto dove conficcare questo stiletto che ho in mano.”

      L’oste abbassò lo sguardo, gli occhi sgranati per la paura, e indietreggiò.

      Erec si voltò e corse fuori dalla stanza, colpendo e urtando gli avventori per farsi strada più in fretta. Attraversò in fretta e furia la doppia porta d’ingresso. Non era mai stato tanto disgustato da degli esseri umani.

      Montò sul suo cavallo, che stava scalpitando e sbuffando per la presenza di alcuni passanti ubriachi che lo stavano guardando, sicuramente – pensò Erec – con il pensiero di rubarlo. Si chiese se avrebbero realmente tentato se lui non fosse tornato così in fretta, e si convinse di legarlo meglio la prossima volta si fosse fermato. Il livello di vizio di quella cittadina era impressionante. Eppure il suo cavallo, Warkfin, era un potente cavallo da battaglia, e se qualcuno avesse tentato di rubarlo lo avrebbe probabilmente calciato a morte.

      Erec spronò Warkfin e lo lanciò lungo la stretta via, facendo del suo meglio per evitare la moltitudine di gente. Era notte fonda, eppure le strade sembravano farsi sempre più fitte di persone, con uomini di ogni razza che si mescolavano in gruppi di vario genere. Alcuni beoni ubriachi gli urlarono dietro quando passò loro accanto troppo velocemente, ma ad Erec non importava. Sentiva che Alistair era lì da qualche parte e non si sarebbe fermato davanti a nulla fino a che non l’avesse raggiunta.

      La strada terminava contro un muro di pietra e l’ultimo edificio sulla destra era una taverna pericolante, con i muri di argilla bianca e il tetto di paglia che sembrava aver visto giorni migliori. Dall’aspetto delle persone che entravano e uscivano, Erec sentì che si trattava del posto giusto.

      Scese da cavallo, lo assicurò alla posta ed entrò con impeto. Lì si fermò paralizzato dalla sorpresa.

      Il posto era illuminato a malapena: una grande stanza con poche torce baluginanti appese alle pareti e un fuoco che si stava spegnendo nel caminetto d’angolo. Ovunque erano sparsi tappeti sui quali giacevano decine di donne vestite in modo succinto e legate tra loro con delle spesse corde assicurate alle pareti. Sembravano tutte sotto l’effetto di droghe: Erec poteva sentire l’odore dell’oppio nell’aria e vide un pipa che veniva passata di mano in mano. Alcuni uomini ben vestiti si aggiravano per la stanza, calciando e colpendo i piedi delle donne qua e là, come per testare la mercanzia e decidere quale comprare.

      Nell’angolo più lontano della stanza un uomo sedeva solo su una piccola sedia ricoperta di velluto rosso. Indossava abiti di seta e aveva delle donne incatenate a entrambi i lati. In piedi accanto a lui si trovavano degli uomini grossi e muscolosi, i volti ricoperti di cicatrici, più alti e robusti di Erec, con l’aspetto di chi si sarebbe esaltato all’idea di poter uccidere qualcuno.

      Erec studiò l’intera scena rendendosi perfettamente conto di ciò che stava accadendo: era un bordello, quelle donne erano lì in affitto, e l’uomo nell’angolo ne era il fulcro, l’uomo che aveva agguantato Alistair, e con ogni probabilità anche tutte le altre donne che si trovavano lì. Erec pensò che pure Alistair poteva trovarsi in quella stanza.

      Scattò in azione, muovendosi freneticamente attraverso le file di donne e osservandole in volto. Ce n’erano diverse decine in quella stanza, alcune morte, e l’ambiente era così buio che era difficile procedere. Stava guardando ogni viso, camminando tra le file, quando improvvisamente una grossa mano lo fermò colpendolo al petto.

      “Hai già pagato?” chiese una voce burbera.

      Erec sollevò lo sguardo e vide un uomo enorme che gli si era parato davanti guardandolo con espressione accigliata.

      “Vuoi guardare le donne, paga,” tuonò la voce bassa dell’uomo. “Queste sono le regole.”

      Erec fece una smorfia, sentendo l’odio che gli ribolliva dentro, poi, più veloce di un battito di ciglia, lo colpì dritto all’esofago con la base della mano.

      L’uomo sussultò con gli occhi sgranati, poi cadde in ginocchio tenendosi la gola. Erec lo colpì quindi con una gomitata alla tempia e lo fece crollare con la faccia a terra.

      Erec continuò a percorrere velocemente le file, osservando disperatamente i volti alla ricerca di Alistair, ma non la vide da nessuna parte. Non era lì.

      Il cuore gli batteva all’impazzata mentre correva verso l’angolo della stanza in direzione del vecchio che stava seduto lì a sorvegliare tutto.

      “Hai trovato qualcosa che ti piace?” gli chiese l’uomo. “Qualcosa su cui vuoi puntare?”

      “Sto cercando una donna,” iniziò Erec con la voce fredda come l’acciaio, cercando di mantenere la calma, “e ho intenzione di dirlo solo una volta. È alta, ha i capelli lunghi e biondi e gli occhi verde-blu. Si chiama Alistair. È stata presa a Savaria solo uno o due giorni fa. Mi hanno detto che è stata portata qui. È vero?”

      L’uomo scosse lentamente la testa sorridendo.

      “Temo che la proprietà che cerchi sia già stata venduta,” disse l’uomo.

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