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si lavava accuratamente con un getto d’acqua distillata, poi si metteva a fondere a temperatura ordinaria entro ad una grande cassula che si teneva riparata dalla polvere coprendola con un imbuto rovesciato. Le prime acque di fusione si eliminavano, le altre si raccoglievano. Ottenuta l’acqua di fusione, si facevano anzitutto dei saggi qualitativi per la ricerca dei componenti che possono alterarsi col soggiornare dell’acqua, o peggio coll’evaporazione, quali sono l’ammoniaca, i nitriti, i nitrati. Se l’acqua era torbida, la si filtrava prima di intraprenderne le indagini.

      Il resto dell’acqua misurato accuratamente (per lo più erano due litri) si metteva a svaporare nelle cassule, su fornelli a petrolio, avendo cura che le fiamme non fossero fumanti, senza di che ricadevano nell’acqua, passando fra la cassula e il filtro capovolto, minutissimi fiocchi di fuliggine.

      Dirò qui, di passaggio, che le lampade o fornelli a petrolio usate convenientemente, si mostrarono assai comode; per ottenere temperature più alte ricorremmo a lampade a gaz di petrolio con aria compressa, oppure a lampade a benzina o gazogeno sul tipo della lampada svedese da gazista; una lampada a serbatoio di benzina ed a tubo circondato d’amianto della casa Muencke di Berlino, in capo a pochi giorni si guastò e funzionò irregolarmente.

      L’evaporazione si continuava fino ad avere un residuo di circa 200 cc. d’acqua; per le ulteriori indagini questo residuo, insieme colla risciacquatura della cassula mediante acqua distillata, si introduceva in un pallone di vetro, dal collo lungo, il quale si fondeva alla lampada, chiudendo così ermeticamente la boccia. Conservate in tal guisa, le acque giunsero tutte in perfetta condizione a Torino.

      2º Acque dei laghi

      Abbiamo raccolte le acque in due laghi alpini; quello Gabiet, situato a sud dell’alpe Lavez a m. 2339 e quello Salzia9 a nord dell’alpe, lungo il contrafforte che scende dall’Hohes Licht dopo abbassatosi a formare la depressione del Colle della Salzia.

      Entrambi i laghi sono permanenti e non mostrano nelle rive traccie di grandi oscillazioni di livello. Non sono alimentati dalla neve e giacciono entro a depressioni rocciose circondate, quello Salzia da balze dirupate di roccie sconnesse e disgregate, quello Gabiet da una distesa di pascoli interrotta verso ovest dalla parete del Rothhorn, formato da banchi di rupi rossigne, che per l’azione atmosferica si frantumano in scheggie.

      Non si scorgono correnti di acqua che alimentino il lago Salzia, nè potrebbero esistere per la sua posizione; bisogna dunque ammettere che esso riceva il tributo di polle o scaturigini profonde.

      Il lago Gabiet invece riceve un torrentello che esce dall’estremità opposta precipitando in cascata nel vallone di Netscio.

      Entrambi questi laghetti hanno acque assolutamente limpide e incolore, il che non avviene per i laghi che ricevono acque di neve filtrate per strati di poca potenza. In questo caso, l’acqua suole assumere una tinta d’azzurro di cobalto, dovuta alle minutissime particelle di materia sospesa: se ne ha esempio nella stessa regione, in un piccolo stagno che è ai piedi della grande cascata di detriti frananti dalle scoscese punte che fiancheggiano il Colle d’Olen; un altro esempio ancora più caratteristico è quello del così detto Lago Azzurro, che è ai piedi della morena laterale destra del ghiacciaio di Ventina sopra Fiery; lago che è segnato sulla carta dello Stato Maggiore. Il fondo di questi laghi azzurri è sempre costituito di limo finissimo, impalpabile, quasi vischioso, bianchiccio, il quale riveste tutto quanto è sott’acqua; le rive dove l’acqua si è ritirata mostrano una zona bianca e polverulenta, fessurata per il calore del sole che la sta essiccando. Non così nei laghi ad acqua incolora, nei quali traspare la tinta naturale del fondo.

      Nei laghi Gabiet e Salzia l’acqua ha sempre una temperatura eguale o alquanto superiore a quella dell’aria; entrambi sono abitati da insetti ed in quello Gabiet trovai che nuotavano dei piccoli ranocchi.

      Le acque si raccolsero in grandi bottiglie di circa 5 litri, colle solite cautele con cui si prendono i campioni d’acqua da analizzarsi: la presa operavasi a poca distanza dalla riva, nei punti profondi e non contenenti animali visibili.

      I saggi eseguiti in laboratorio furono gli stessi che già ho accennato per le acque di neve, e così pure il trattamento per avere il residuo da portarsi a Torino.

      3º Acque di torrente

      A circa un chilometro dall’alpe Lavez scorre il torrente che trascina le acque del versante meridionale della Piramide Vincent e dei due ghiacciai di Garstelet e d’Indren che ne occupano la parte superiore. Questo torrente, segnato sulla carta col nome di Mos (che è quello dei casolari più bassi del vallone, presso al suo sbocco a Schaval), è chiamato in quella regione col nome di Indren, nome che credo più appropriato, come quello che appartiene al ghiacciaio maggiore che lo alimenta.

      Le acque sono sempre torbide, come accade per tutti i torrenti glaciali; ma la torbidità e la portata del torrente variano immensamente nelle diverse ore del giorno, e, come è da aspettarsi, le variazioni dei due elementi sono parallele; e si ha un maximum nelle giornate calde e verso il cader del giorno, e un minimum al mattino.

      Non potei misurare la portata del torrente; ma ho determinato le variazioni sulla quantità di materie in sospensione nell’acqua. Presi dei saggi in giorni ed in ore diversi e filtrai un volume determinato, usando i filtri senza ceneri Schleicher e Schull, n. 589, diametro cm. 9. Ho verificato che il peso delle ceneri di uno di questi filtri corrisponde a quello indicato che è di grammi 0,00011.

      Una parte minima del deposito delle acque passa ancora attraverso al filtro, per cui il filtrato è leggermente opalescente, nè con successive filtrazioni lo si può rendere assolutamente chiaro; filtrati assolutamente chiari si ottengono solo lasciando depositare a lungo le acque prima di filtrarle; la quantità di sostanza che passa per i pori del filtro è minima e trascurabile nei casi ordinarii, ma può crescere in alcune circostanze, come dirò più sotto.

      I filtri col loro deposito ben secchi vennero chiusi in un pesafiltri e portati a Torino dove si lasciarono nella stufa a 100°-120° fino a peso costante, poi si incinerarono; dal peso delle ceneri totali si dedusse quello delle ceneri del filtro.

      Ecco i risultati ottenuti:

      «1894. 4 agosto, ore 8: acqua del torrente raccolta nel ruscello deviato per portare acqua all’alpe Lavez, temperatura dell’aria 8°, cielo sereno. Un litro di acqua lascia un deposito di grammi 0,0037.

      «9 agosto, ore 9: cielo sereno; acqua del torrente raccolta presso al ponte del sentiero che mette verso Lavez. Un litro lascia un deposito di gr. 0,0171.

      «Stesso giorno, ore 15: il tempo si è fatto nuvoloso; temperatura 12°; l’acqua raccolta nello stesso punto lascia per litro un deposito di gr. 0,0885.

      «5 agosto, ore 17,30: sereno, temp. 10°; il torrente molto torbido; deposito di un litro gr. 0,0913.

      «3 agosto, ore 18: pioggia per tutta la giornata, temp. 10°; deposito di un litro gr. 0,0115.

      «10 agosto, ore 17: giornata soleggiata e afosa; la superficie dei ghiacciai era solcata da rivoletti di acqua, il torrente fortemente ingrossato, l’acqua torbidissima. Deposito di un litro gr. 0,3868; il filtrato è ancora assai torbido per una materia finissima che la carta non trattiene; un dosaggio fatto in laboratorio, con ogni cautela, dopo aver lasciato in riposo il liquido per più mesi mi permise di separare sul filtro un nuovo residuo pesante gr. 0,280 per litro; e tuttavia il filtrato non era ancora perfettamente limpido. L’acqua del torrente conteneva dunque gr. 0,3868 + 0,28 = gr. 0,6668 di materie sospese per litro.»

      Tralasciando la prima osservazione perchè il decorso piano del ruscello può aver influito sul depositarsi dei materiali sospesi, si scorge subito che a seconda dell’ora e delle condizioni generali di temperatura la quantità di materiale sospeso varia grandemente. Sono sopratutto interessanti le due cifre estreme perchè prese quasi alla stessa ora; il 3 agosto, giorno piovoso in cui probabilmente sui ghiacciai nevicava, il torrente non trascinava che gr. 0,0115 di detriti; il 10 agosto, giornata soleggiata e calda ne trascina gr. 0,666, cioè sessanta volte tanto. Ho accennato al fatto che una parte dei materiali sospesi che è più fina passa attraverso ai filtri se non si ha cura di lasciarla depositare a lungo. Questa parte non è molto considerevole

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<p>9</p>

Nella carta dell’I. G. M., foglio 29, alla scala 1:50,000 al lago Salzia è assegnata l’altezza di 2270 metri; ciò è evidentemente un errore materiale di scrittura; l’altezza deve essere invece di m. 2670, come risulta anche dalle curve di livello. Nella stessa carta il sentiero del Colle d’Olen dal versante ovest è tracciato nel "Thalweg" mentre esso fa un largo giro per portarsi in alto sulle balze che scendono dal Corno del Camoscio verso il piano d’Indren, e poi giunge al colle tenendosi sempre a mezza costa.

E poichè sono su questo argomento debbo pure fare notare altre imperfezioni della carta sul versante di Gressoney: i due ghiacciai che coprono il fianco meridionale della Piramide Vincent, cioè quello di Garstelet a sinistra e quello di Indren a destra, non hanno nome sulla carta; il bel piano dove le acque del torrente che scende da questi ghiacciai indugiano in meandri fioriti, è chiamato piano di Zindra, mentre il nome suo è di Indren, come quello del ghiacciajo soprastante; il torrente stesso, come è detto più sopra, si chiama Indren e non Mos. La carta poi, benchè abbia una quota e l’indicazione di una morena al posto in cui sorge la capanna Gnifetti, non registra questo frequentatissimo ricovero, come non registra più in alto l’importantissimo Passo del Lys o Lysjoch. Eppure altri passi del Rosa meno importanti e meno frequentati, come p. es., lo Schwarzthor, il Verra Pass, il Felikjoch e lo stesso Passo della Sesia, sconsigliabile sempre se non ai pochissimi ardimentosi e in circostanze eccezionalmente favorevoli, sono tutti segnati, come lo è pure il canale Marinelli e il Jägernetzen che hanno una importanza esclusivamente alpinistica. Di siffatte disuguaglianze ed omissioni ho potuto constatare altri esempi. Uno di essi è di maggior rilievo: sulla strada d’accesso al Gran S. Bernardo, non è indicata la cantina che è a mezza via tra St.-Rhémy e l’Ospizio. La carta dell’1:100.000 pubblicata dal Ministero degli Interni di Francia (foglio XXVI-25, Chamonix) che si vende a basso prezzo ed è di una grande chiarezza per le sue diverse tinte, porta questa indicazione, la cui importanza è evidente.