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vende solo opere protette da copyright?”

      “Principalmente sì. Mi piace essere il capo di me stessa, e non un’impiegata dell’ONU. Mi è capitato di fare da intermediario per il WLO—”

      “Il suo dovere patriottico, naturalmente.”

      “Per una commissione—ma la Terra ha beneficiato di ognuna delle trattative.”

      “Quindi i pirati letterari non le piacciono?”

      “È una domanda o un’affermazione?”

      “Mi prende in giro, signorina Rabinowitz?”

      “La risposta è no. L’arte e le idee sono la nostra sola valuta nei mercati interstellari. Se boicottassi questo concetto sarebbe come tagliarmi la gola da sola.”

      “Suona come un’altissima forma pratica di patriottismo.”

      “Oh, mi spiace, penso che lei cercasse Deborah Rabinowitz l’Idealista. Beh, lei vive a circa dodici ore di sonno da qui. Le farò sapere che è passato.”

      Hoy rise. Era una bella risata, una risata sincera. “Lei è divertente, lo sa? Sono contento di essere venuto fin qui.”

      “Almeno uno di noi è soddisfatto. Il mio “pratico patriottismo” è liso e consunto e io non mi diverto nemmeno un po’

      “Andrò diritto al punto, allora. Ho ragione di credere che il suo amico Levexitor stia cercando di acquistare del materiale di dominio mondiale attraverso il mercato nero.”

      Rabinowitz si sporse verso di lui. “E la questione non dovrebbe essere di competenza dell’IPC piuttosto che dell’Interpol?”

      “Beh, in un secondo momento, sì. Stiamo cercando di evitare che ci si arrivi.”

      “Fate tutto in famiglia all’ONU,” suggerì Rabinowitz.

      “Qualcosa del genere,” concordò Hoy allegramente. “Non ha mai avuto a che fare con l’IPC?”

      Rabinowitz fece una smorfia. “Un paio di volte.”

      “Allora sa di cosa si tratta.” Si alzò dalla sedia e iniziò ad esaminare accuratamente gli scaffali di libri. “Ma va, penso di aver letto alcuni di questi libri a scuola.”

      “Sono considerata ufficialmente una sospettata, detective?”

      Lui si girò per guardarla. “Oh, odio usare la parola “sospettata” così all’inizio di un caso. Trasmette un’idea sbagliata alla gente.” Riprese a guardare attentamente la libreria, poi prese un libro dal suo posto e lo riposizionò prima di altri due titoli a destra. “Scusi, quello non era al suo posto. È una cosa che non sopporto. Lei li mette in ordine alfabetico, giusto?”

      “Grazie. Venga a spolverarli quando vuole. Se non sono una sospettata. —”

      “Diciamo solamente che lei è qualcuno che volevo veramente incontrare e con cui volevo parlare. Non sono deluso, d’altronde. Lei è tanto bella quanto affascinante. Anche più bella che nella foto della sua scheda.”

      “Bene, ora la mia giornata è perfetta. Adesso se vuole…—”

      “Alcune persone possono essere una tale delusione, sa? Tu pensi che dovrebbero affascinarti e invece ti annoiano terribilmente. Ma lei no. Lei —”

      Rabinowitz si alzò dalla scrivania. “Se non ha altre domande—”

      Hoy rifiutò il suggerimento. “Beh, una o due. Non c’era nessun altro della Terra coinvolto nel suo affare con Levexitor?”

      Rabinowitz si risedette. “No. Stavo lavorando per conto dell’Agenzia Adler, ma ero la sola a rappresentare interessi umani in questa trattativa.”

      Hoy annuì. “Levexitor ha fatto riferimento ad altri nomi, contatti umani?”

      “Non che mi ricordi.”

      “Altre trattative che aveva in corso?”

      “No, perché dovrebbe? Non sono la sua socia. Nemmeno io gli ho detto di altre trattative che ho in corso.”

      “Capisco. Bene, è praticamente tutto quello che mi interessa per il momento.” Hoy si alzò e le sorrise. “È stato bello incontrarla, signorina Rabinowitz. Un vero piacere. Se ricorda qualcos’altro, mi può raggiungere tramite l’ufficio locale, proprio al di là della Baia.”

      Rabinowitz si alzò dalla sedia per accompagnarlo verso l’uscita. “Naturalmente, se dovesse saltare fuori che lei è coinvolta nella vendita al mercato nero,” continuò Hoy, “le assicuro che la metterò dentro per molto tempo. Ma se non è quella che sto cercando, verrebbe a cena con me? Dopo che il caso sarà risolto, ovviamente.”

      “Mi dispiace. Io non mangio mai,” disse lei nel chiudergli la porta alle spalle.

       ***

      Mentre la porta si chiudeva, lei si girò, si accasciò contro di essa, chiuse gli occhi e sospirò, “Così infastidita da un damerino.” Poi si rese conto di essere sveglia e di muoversi scatti, mentre il mento le colpiva il petto. Si raddrizzò e spalancò volutamente gli occhi. Proprio di fronte a lei c’era la scala, che portava su alla camera da letto. Di fianco alla scala, il corridoio portava alla cucina sul retro della casa. I commenti di Hoy sulla cena avevano suscitato l’interesse del suo stomaco.

      “Ho più bisogno di dormire,” mormorò, “ma ci sono tutti quei gradini.”

      Si diresse lentamente verso la cucina, sicura che se si fosse mossa troppo velocemente avrebbe inciampato e si sarebbe addormentata prima di toccare il pavimento. Trovò due lastre inamidate che erano probabilmente pane, le farcì con qualcosa di non identificabile e divorò l’ammasso prima di guardarlo troppo da vicino. Sfortunatamente, mentre le si riempiva lo stomaco, le si riaccesero i sensi, troppo per tornare a dormire. E c’era una trappola in attesa prima che potesse tornare alla scala.

      Si fermò di fianco alla porta aperta della stanza dei Viaggi Virtuali. Guardò all’interno. “Domani lo rimpiangerò,” mormorò. “Cavoli, lo rimpiango già adesso.” E così dicendo, entrò. “Viaggi Virtuali: Jenithar, Ufficio di Path–Reynik Levexitor”.

      “Se sono fortunata,” aggiunse, parlando a sé stessa, “non lo troverò.”

      Si ritrovò in un’anticamera nello spazio virtuale, proprio all’esterno dell’ufficio di Levexitor. Di fronte a lei due portoni di legno senza alcuna decorazione. Il fatto che lei si trovasse lì significava che l’impianto di Visita Virtuale di Levexitor era sintonizzato e che il suo arrivo gli era già stato annunciato.

      “Signorina Rabinowitz,” disse la voce eterea di Levexitor. “Non mi aspettavo un’altra sua visita così presto.”

      “La prego di scusarmi se la disturbo, Altissimo. Posso tornare in un altro momento.”

      Ci fu una pausa stranamente lunga prima della risposta. “Non vedo alcun motivo perché non dovremmo parlare ora. Non è che io fossi impegnato con altre cose. Può entrare.”

      Rabinowitz si diresse verso la porta virtuale di fronte a lei, che oscillò verso l’interno per ammetterla alla realtà che Levexitor aveva scelto di mostrare a suoi visitatori.

      Alcune erano creature di fantasia, che creavano degli habitat virtuali elaborati dal design esotico. I Jenitharp non erano fra queste. L’ufficio di Levexitor era esattamente come era stato ogni volta che lei lo aveva visitato negli ultimi quattro mesi. Le pareti erano color granata spruzzate d’oro, mentre il pavimento era liscio e grigio ardesia. C’erano due porte – quella da cui era entrata e una all’altra estremità della stanza – e nessuna finestra.

      Una luce diffusa proveniva da una fonte non identificata. La stanza era piccola, qualcuno di tale importanza sulla terra avrebbe avuto un ufficio spazioso. Era una stanza cupa, triste, quasi come una cantina ammobiliata alla bell’e meglio, ma d’altronde lo stesso Levexitor non era il

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