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contrarie opinioni in Teologia dogmatica sieno state lunghe, feroci, e sanguinose, posto che oggidì i saggi, illuminati Governi, provvidamente più non permettono, per le passate terribili esperienze, che avvengano simili pubblici disastri, potevansi coprire d'un velo i moltissimi fatti storici, che provano a che grado di furiosa crudeltà possa giungere l'entusiasmo, ed il fanatismo de' popoli rozzi, nelle controversie di religione. (Nota di N. N.)
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Il dotto Mosheim coll'imparzialità e buona fede, solite in lui, esamina gli errori e le virtù de' Paoliziani (Hist. eccles. seculum IX, p. 311, ec.) desumendo i fatti da Fozio (contra Manichaeos, l. I), e da Pietro il Siciliano (Hist. Manichaeorum). La prima delle ridette opere non mi è venuta fra le mani: ho letta la seconda, che d'ordinario il Mosheim ha preferita, valendomi di una versione latina inserita nella Maxima Bibliotheca Patrum (t. XVI, p. 754-764), Edizione del Gesuita Radero (Ingolstadt, 1064, in 4).
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Nei giorni di Teodoreto, la diocesi di Cirro nella Sorìa contenea ottocento villaggi; due de' quali abitati dagli Ariani, e dagli Eunomj, otto dai Marcioniti, che quell'operoso vescovo unì alla Chiesa cattolica (Dupin, Biblioth. eccles. t. IV, p. 81, 82).
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Nobis profanis ista (sacra Evangelia) legere non licet, sed sacerdotibus duntaxat; fu questo il primo scrupolo di un cattolico cui veniva consigliato legger la Bibbia (Pietro il Siciliano, p. 761).
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L'opinione de' Paoliziani che ricusavano di ammettere la seconda Epistola di S. Pietro, trova appoggio nell'autorità di alcuni rispettabilissimi scrittori tanto antichi quanto moderni (V. Wetstein, ad loc. Simon, Hist. crit. du Nouveau Testament, c. 17). I Paoliziani ricusavano ancora l'Apocalisse; (Pietro il Sic., p. 736). Dal vedere che i contemporanei non ne apposero ad essi un delitto, potrebbe quasi dedursi che i Greci del nono secolo non facessero gran caso delle rivelazioni.
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Una tale contesa, che alla malignità di Porfirio non isfuggì, suppone errore o passione nell'uno e nell'altro de' due appostoli, o forse anche in entrambi. S. Grisostomo, S. Gerolamo ed Erasmo, la suppongono una lite finta, un pietoso artifizio ideato per istruire i Gentili, e per correggere gli Ebrei (Middleton's Works, vol. II, p. 1-20).
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Chiunque bramasse tutte le particolarità che riguardano i libri eterodossi può consultare le ricerche del Beausobre (Hist. critique du Manichéisme, t. I, p. 305-437). S. Agostino parlando de' libri manichei, che si trovano nell'Affrica dice: Tam multi, tam grandes, tam pretiosi codices (contra Faust., XIII, 14); ma aggiunge poi senza misericordia: incendite omnes illas membranas, e tal consiglio fu rigorosamente seguito.
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La religion cristiana è composta di tre parti: la morale, la dogmatica, la disciplinare: la parte morale è contenuta intera chiaramente, senza bisogno di spiegazioni, e di interpretazioni, in queste parole, scritte nell'Evangelo, nelle quali disse Gesù Cristo consistere tutta la legge, Ama il signore Dio tuo sopra tutte le cose, ed il Prossimo tuo come te stesso; in questi due precetti tutta la legge ed i Profeti stanno. Queste poche parole sono da annoverarsi fra quelle delle quali scrisse, con buon senso, Agostino: Vi sono alcune cose nelle Scritture, le quali richiedono più il semplice uditore che il comentatore. La parte morale intrinsecamente non ha cangiato mai.
La parte dogmatica è pure negli Evangelj, ma pel modo ond'è esposta, ha avuto bisogno di spiegazioni, di interpretazioni, ed in conseguenza di queste (le quali furono fatte da scrittori ecclesiastici, ed anche da Concilj generali, cominciando quanto a questi ultimi dall'anno 325, in cui si adunò quello generale di Nicea, e venendo all'anno 381 in cui fu convocato l'altro generale di Costantinopoli, e indi all'anno 400 in cui si convocò quello primo di Toledo soltanto nazionale, o provinciale, e poscia all'anno 1274 in cui si tenne quello generale di Lione) fu scritto, e compiuto il Credo in unum Deum ec., che dicesi nella Messa, e ch'è la formula della credenza de' cattolici. Non si può sostenere, che sieno state fatte veramente innovazioni nella parte dogmatica; era questa già contenuta negli Evangelj, non vi fu bisogno, che d'interpretarla, dilucidarla, e scriverla in una formula da presentarsi a' Cristiani, perchè da essi dovesse esser creduta. Ecco ciò che fecero molti Concilj in differenti secoli, secondo, che porgevasi l'occasione di decidere controversie, che spesso sorgevano, e che le une dalle altre nascevano intorno ai dogmi. Per esempio (pigliando la prima, e principal controversia) sta scritto nell'Evangelo che Gesù Cristo disse: mio Padre è in me, ed io sono in lui: ed in un altro luogo pure dell'Evangelo è scritto, che Gesù Cristo disse: il Padre, che mi mandò è maggiore di me; ed altrove pure nell'Evangelo; siccome il Padre mandò me, così io mando voi; disse Cristo agli Appostoli. Da questi due ultimi passi dell'Evangelo giudicavano i Cristiani, detti Ariani dal loro Capo il prete Ario, che Gesù Cristo non fosse della stessa sostanza del Padre, ossia dell'esser supremo, e perciò non fosse Dio; ed il Concilio di Nicea di 318 vescovi, l'anno 325, condannandoli giudicò, che per il primo passo, Gesù Cristo era, per le parole di lui medesimo, della stessa sostanza del Padre, vale a dire, ch'era Dio, e perciò si scrisse nel Concilio il Credo in unum Deum ec., in cui i Vescovi, contro il minor numero de' Vescovi Ariani, decretarono, che si scrivesse, come fu scritto, che Gesù Cristo era consustanziale del Padre, cioè della stessa sostanza del Padre, cioè ch'era Dio, siccome leggesi nel Credo di Nicea. Tuttavia la guerra per la parola consustanziale, e per l'idea che racchiude, durò moltissimi anni nelle province cristiane d'Asia, e d'Europa; l'Arianismo mutò d'aspetto colla denominazione Nestorianismo da Nestorio Patriarca di Costantinopoli; vi venne dopo l'Eutichianismo, poi seguitò il Monotelismo, e questa Storia empiè alcuni volumi.
La parte disciplinare poi ha avuto tali, e tante variazioni sì inferiormente che esteriormente, che sarebbe troppo lungo il riferirle; converrebbe scrivere un grosso volume in-folio. (Nota di N. N.)
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Bisogna osservare, che qui l'autore, riferisce le cose dette dai Paoliziani, che erano nell'errore, ed il Cattolico non dee punto turbarsi nella sua credenza. (Nota di N. N.)
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Si faccia qui la medesima riflessione, da ripetersi ogni volta, che l'autore riferisce gli errori de' Paoliziani. (Nota di N. N.).
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Il legame fra l'Antico, ed il Nuovo Testamento fu stabilito dai Concilj, dai Padri, e dai Teologi. Agostino ci dice; novum in vetere est figuratum, et vetus in novo est revelatum, nel Testamento Nuovo spesso si cita l'Antico: la Teologia è tutta fondata sull'autorità dei libri del Testamento Vecchio e Nuovo, dei decreti dei Concilj, dei Papi, e delle spiegazioni dei Padri, e dei Teologi che ottennero credito. (Nota di N. N.)
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Pietro il Siciliano (p. 756) ha additati, ma con molta parzialità e passione i sei errori capitali dei Paoliziani.
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Primum illorum axioma est, duo rerum esse principia; Deum malum et Deum bonum, aliumque hujus mundi conditorem et principem, et alium futuri aevi. (Pietro il Siciliano, p. 756.)
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Due dotti critici il Beausobre (Hist. critique du Manichéisme, l. I, IV, V, VI), e il Mosheim (Institut. histor. eccles. et De rebus christianis ante Constantinum, sec. I, II, III), sonosi studiati di riconoscere e distinguere gli uni dagli altri i diversi sistemi de' Gnostici intorno ai due Principj.
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Appostolo vuol dire inviato in generale; ciò è vero; ma questo vocabolo, per quanto sembra, è da usarsi soltanto parlando di quelli, che furono inviati da Gesù Cristo a spargere la sua religione: euntes, docete etc., e non di Silvano che andava diffondendo le sue opinioni contrarie a quelle determinate dai Concilj generali. (Nota di N. N.)
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I Medi e i Persiani possedettero più di tre secoli e mezzo le province poste fra l'Eufrate a l'Halis (Erodoto l. I, c. 103), e i Re di Ponto perteneano alla reale casa degli Achemenidi (Sallustio, Frammento
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