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è l'allegria della Marchesa che è comunicativa. Le dieci. (suono di campanello) Eccolo qui, è puntuale.

GEMMA

      Elena, lasciamo correre?

ELENA (la guarda – pausa)

      Vedremo.

      SCENA IX

Anselmo, Andrea e dettiANSELMO

      Il sig. Sarni.

(Andrea entra e s'inchina)ELENA

      Mio zio mi ha annunziato la sua visita e stavo aspettandola. Mio zio le avrà detto che le dava appuntamento in casa mia.

ANDREA

      Sì, signora Marchesa.

ELENA

      La Contessa del Pallio si è trattenuta apposta per fare la sua conoscenza. (inchini). Il mio amico il Barone Landucci.

FILIPPO

      Ebbi già l'onore di conoscere il signor Sarni ieri sera…

ANDREA

      Alla Direzione del Faro.

FILIPPO

      Appunto.

ELENA (fa cenno ad Andrea di sedere)

      Inutile dirle che si parlava di lei.

FILIPPO

      Ammirando.

ANDREA

      È un'ammirazione presto guadagnata, se basta partire per ottenerla.

GEMMA

      Si ammira un volontario che parte per la guerra.

ANDREA

      Ma non un botanico che parte per erborizzare, nè un artista per veder paesi. Al giorno d'oggi i piccoli fatti sono troppo facilmente divulgati, e finiscono per acquistare importanza dal numero delle persone che li conosce.

GEMMA

      Quando tutti sono d'accordo in un sentimento…

ANDREA

      È segno che c'è una specie di pigrizia universale, che fa senza esame accettare per buono il giudizio corrente.

GEMMA

      Ammetterà che pochi tenterebbero l'impresa che lei sta per tentare.

ANDREA

      Le assicuro che non faccio sfoggio di modestia, ma questa larva di celebrità improvvisata e ad ogni modo anticipata mi può dare delle gran noie. Ieri sera un amico mi portò all'ufficio di un giornale dove andai volentieri per vedere un po' di gente prima di lasciare il mio paese: ma invece di trovarmici spettatore, mi accorsi di esserci come una specie di bestia rara che molte persone convenute apposta volevano veder da vicino. Quei signori possono credere che io ci fossi andato per darmi in spettacolo, e se la spedizione fallirà o se non riescirò a trarne quel profitto che mi propongo, eccomi fatto ridicolo o almeno convinto di molta presunzione.

FILIPPO

      Il solo fatto di affrontare i rischi di un viaggio…

ANDREA

      Non esageriamo. Ne sono già tornati dai mari polari.

FILIPPO

      Finirò per aver più merito io, che me ne sto qui a far la corte a queste signore.

ANDREA

      Dicono infatti che sia una navigazione assai più difficile.

ELENA (levando la testa e guardandolo fiso)

      È pericolosa?

ANDREA

      Sono tentato di crederlo, Marchesa.

ELENA

      Per esperienza?

ANDREA

      Un'esperienza di cinque minuti.

ELENA

      Oh! Come farà a smaltire di simili galanterie laggiù nella solitudine?

ANDREA

      Farò economia.

GEMMA

      È già tanto ricco!

FILIPPO

      L'avevo detto? A sentir discorrere di un uomo che va ai mari polari, lo si immagina selvatico come un orso bianco.

ANDREA

      Al contrario, adoro la società!

GEMMA

      E perchè l'abbandona?

ELENA

      Oh, Gemma! Non indaghiamo i segreti d'un uomo di quell'età.

ANDREA

      No, no, non ho segreti da nascondere e non sono più romantico che selvatico. Non ho nè dolori da vincere, nè disinganni da consolare. Faccio la mia strada e cerco che non sia la strada maestra dove passano tutti. Come vede, mi confesso ambizioso; ma per emergere dalla folla bisogna essere più alto degli altri, mentre anche un uomo di media statura, se cammina solo, lo si vede da lontano.

ELENA (carezzevole a Filippo)

      Filippo, passatemi quello sgabello.

FILIPPO

      Subito. (le porta lo sgabello e glielo mette sotto i piedi).

ELENA (c. s.)

      E abbassate un po' il paralume, la lampada mi fa male agli occhi.

FILIPPO

      Ecco. (eseguisce).

ELENA (gli porge la mano e con tonodi molto sentimento dice:)

      Grazie, mio buon amico.

FILIPPO (sorpreso)

      Oh! (bacia la mano).

ELENA (c. s.)

      Voi, poveretto, solo non ci andreste, eh?

ANDREA

      È così bene accompagnato!

ELENA (piano a Filippo)

      Fa una grande ostentazione di semplicità.

FILIPPO

      Vi dispiace?

ELENA (c. s.)

      Siete meglio voi, cento mila volte.

FILIPPO (sempre più stupito)

      Oh!

ELENA (c. s.)

      Quasi quasi gli do la sua lettera. Eccola.

FILIPPO (c. s.)

      Che viltà!

ELENA (c. s.)

      Mi è antipatico. Basta, vedremo. Andate di là.

(Filippo torna dall'altra)ANDREA (seguitando un discorso con Gemma)

      Sissignora, ci sono andato un'altra volta; ma dopo di essere stati sei giorni bloccati dai ghiacci dovemmo riparare in Norvegia.

(Elena mentre Andrea parla, tiene la lettera in mano col braccio penzoloni lungo il fianco esterno del seggiolone, più volte sorridendo a mezze labbra fa cenno di mostrare la lettera. Filippo la guarda e le fa dei segni col capo e colla bocca. Concerto. Tutti e due sorridono – Andrea ha notato il giuoco e ne è un po' sconcertato)GEMMA

      Chi sa quei sei giorni che apprensione!

ANDREA

      Passarono in un attimo, nei preparativi dell'invernata e fummo liberi prima d'avvertire che… (a Filippo che fa cenni ad Elena) Dica.

FILIPPO

      Io?

ELENA

      Scusi un po', sig. Sarni, la colpa è mia. Interrogava a cenni il mio amico Filippo, per sapere se devo mandare al suo recapito una certa lettera ch'egli conosce. Giusto, lei farà l'oracolo.

ANDREA

      Io?

ELENA

      Sì. Lei ignora di che si tratta, quindi il suo verdetto avrà tutta la cecità che si richiede ad un verdetto della sorte. Vuole rispondere?

ANDREA

      Ma si può conoscere almeno a chi è diretta la lettera?

ELENA

      Ah no! (guarda Filippo ridendo) Il nome del destinatario le direbbe ogni cosa.

ANDREA (fra sè)

      È lui! Che parte mi fa fare? (forte) È una lettera importante?

ELENA (ridendo)

      Se andasse al suo recapito, sarebbe tenuta per tale.

ANDREA

      Ebbene. (fra sè) Vediamo. (forte) Io non la manderei.

ELENA

      Davvero?

ANDREA (ridendo)

      L'oracolo ha parlato.

ELENA

      E

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