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più nella strada ove aveva sostenuto quel sanguinosissimo combattimento. Era invece adagiato su di un comodo letto, adorno di cortine di seta azzurra, frangiate in oro, con dei guanciali candidissimi abbelliti da trine di valore.

      Un visino grazioso stava curvo su di lui, spiando ansiosamente i suoi più piccoli movimenti. Lo riconobbe subito.

      «Yara!» disse.

      La giovane indiana si era alzata precipitosamente. I grandi, e dolci occhi di quella creatura erano ancora umidi come se avessero pianto.

      «Cosa fai qui, fanciulla?» le chiese il Corsaro. «Chi mi ha portato in questa stanza? Ed i miei uomini dove sono?»

      «Non muovetevi, signore,» disse la giovane.

      «Dimmi dove sono i miei uomini,» ripetè il Corsaro. «Odo un fragor d’armi giù nella via.»

      «I vostri uomini sono qui, ma…»

      «Continua,» disse il Corsaro vedendola esitante.»

      «Guardano la scala, signore.»

      «Perchè?»

      «Avete dimenticato gli spagnuoli?»

      «Ah!… Stordito!… Sono qui gli spagnuoli?»

      «Hanno circondato la casa, signore,» rispose la giovane con voce angosciata.

      «Mille tuoni!… Ed io sono a letto!»

      Il Corsaro fece atto di gettarsi giù; un dolore acuto lo trattenne.

      «Sono ferito,» esclamò. «Ah!… Ora mi ricordo tutto!»

      Solo in quel momento si accorse di avere il petto fasciato da un lino candidissimo e d’aver le mani lorde di sangue.

      Non ostante il suo coraggio, impallidì.

      «Sarei forse impossibilitato a difendermi?» si chiese con ansietà. «Io ferito e gli spagnuoli che ci assediano e che forse minacciano anche la mia Folgore! Yara, fanciulla mia, cos’è accaduto dopo che io smarrii i sensi?»

      «Vi ho fatto portare qui dai due paggi del mio padrone e da Colima,» rispose la giovane indiana. «Io avevo supplicato il negro di accorrere in vostro aiuto, ma egli non aveva osato uscire finchè vi erano degli spagnuoli sulla via.»

      «Chi mi ha fasciato?»

      «Io ed uno dei vostri uomini.»

      «Sono tornati tutti?

      «Sì, signore. Uno di loro aveva numerose scalfitture ed anche il negro perdeva sangue da un braccio.»

      «E perchè non sono qui?»

      «I due bianchi vegliano sulla scala, il negro si è posto a guardia del passaggio segreto.»

      «Vi son molti nemici nei dintorni?»

      «Lo ignoro, mio signore. Colima ed i due valletti sono fuggiti prima che i soldati giungessero ed io non ho lasciato un solo istante il vostro letto.»

      «Grazie della tua affezione e delle tue cure, mia brava fanciulla,» disse il Corsaro, posando una mano sul capo della giovane indiana. «Il Corsaro Nero non ti scorderà.»

      «Allora mi vendicherà!» esclamò l’indiana mentre un cupo lampo balenava nei suoi grandi occhi neri.

      «Cosa vuoi dire?»

      In quell’istante si udì al di fuori rimbombare un colpo di moschetto, poi la voce di Carmaux a tuonare:

      «Badate!… Vi è una bomba dietro alla porta!…»

      Il Corsaro Nero vedendo la sua spada appoggiata ad una sedia vicina, l’afferrò e fece nuovamente atto di gettarsi giù. La giovane indiana lo trattenne, cingendolo con ambe le braccia.

      «No, mio signore,» gridò ella, «vi ucciderete!…»

      «Lasciami andare!»

      «No, capitano, voi non lascerete il letto,» disse Carmaux entrando. «Gli spagnuoli non ci tengono ancora.»

      «Ah! Sei tu, mio bravo?» disse il Corsaro. «Siete tutti valorosi, lo so, eppure troppo pochi per difendervi da un assalto generale. Non voglio mancare al momento opportuno.»

      «E le vostre ferite?»

      «Mi sembra di potermi ancora reggere, Carmaux. Le hai esaminate?»

      «Sì, capitano. V’hanno dato una stoccata superba un po’ sotto al cuore. Se la lama non avesse incontrata una costola vi avrebbe attraversato il corpo.»

      «Non è grave però.»

      «Questo è vero, signore, – rispose Carmaux. – Io credo che in una dozzina di giorni potrete ricominciare a dare stoccate.»

      «Dodici giorni! Sei pazzo, Carmaux?»

      «Vi sono due buche da turare. Un po’ più sotto vi hanno fatto un secondo occhiello, molto meno profondo del primo forse, però più doloroso. Quelle due stoccate le avete pagate con usura perchè ho veduto giù, presso il portone, tre morti e due feriti.

      «E voi ne avete date? – chiese il Corsaro.

      «Abbiamo gettato a terra una mezza dozzina d’uomini, non ricevendo in cambio che poche graffiature. Noi eravamo convinti che voi ci aveste seguiti, per ciò avevamo continuata la carica per sbarazzarvi la via. Quando ci accorgemmo che voi invece eravate rimasto indietro, cercammo di tornare sui nostri passi. Gli spagnuoli, che avevano fatto il loro piano per isolarvi, ci diedero addosso per impedirci di accorrere in vostro aiuto.»

      «Come avete saputo che io mi trovavo qui?»

      «Fu questa brava fanciulla ad avvertirci.»

      «Ed ora?»

      «Siamo assediati, capitano.»

      «Sono molti i nemici?»

      «L’oscurità non mi ha permesso ancora di valutare il loro numero,» disse Carmaux. «Sono convinto che siano in molti.»

      «Sicchè la nostra situazione è grave.»

      «Non lo nego, tanto più che dobbiamo difenderci anche entro la casa. Gli spagnuoli possono entrare servendosi del passaggio segreto.»

      «Il pericolo maggiore sta precisamente in quel passaggio,» disse la giovane indiana. «Don Pablo ha la chiave della porta di ferro.»

      «Mille balene!» esclamò Carmaux. «Se i nemici ci assalgono d’ambo le parti non so se potremo resistere a lungo.»

      «Ci basterebbe peròpoter resistere otto o dieci ore. Il signor Morgan, non vedendoci tornare a bordo, s’immaginerà che qualche cosa di grave è avvenuto e manderà a terra un forte drappello per venirci a cercare.

      «Potrete resistere fino all’alba? Gli spagnuoli possono scalare le finestre e forzare contemporaneamente il passaggio segreto.»

      «Signore,» disse la giovane indiana che non aveva perduta una sola sillaba di quella conversazione. «Vi è un luogo dove potreste resistere a lungo.»

      «Qualche cantina?» chiese Carmaux.

      «No, nella torricella.»

      «Mille balene! Vi è una torricella in questa casa? Allora noi siamo salvi! Se è molto alta noi potremo fare dei segnali all’equipaggio della Folgore.»

      CAPITOLO IV. ASSEDIATI NELLA TORRICELLA

      Cinque minuti dopo il Corsaro Nero, portato a braccia dai suoi fidi marinai, si trovava nella torricella della casa del signor de Ribeira. Anche la giovane indiana aveva voluto seguirlo, non ostante i consigli di Carmaux, a cui spiaceva molto esporre quella brava giovane ai pericoli d’un assedio. Quella torricella era una piccola costruzione, non molto alta e non molto resistente, divisa in due stanzette circolari e comunicanti, per mezzo d’una scala di legno, coi solai della casa. Quantunque non si elevasse molto, dalle finestre del piano superiore si dominava non solo tutta la cittadella, bensì anche il porto, in mezzo al quale si trovava ancorata la Folgore.

      Carmaux, fatto adagiare il suo capitano su di un vecchio letto fuori d’uso, si era affrettato ad affacciarsi alla finestrina che guardava verso il porto. Vedendo i fanali della

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