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su queste coste?»

      «Lo ignoro, ma suppongo che debba essere ben grave per commettere una simile imprudenza. Voi non dovete ignorare, cavaliere, che su queste coste incrocia la squadra di Vera-Cruz.»

      «Lo so,» rispose il Corsaro.

      «E che qui vi è una guarnigione non molto numerosa, è vero, però superiore al vostro equipaggio.»

      «Anche questo lo sapevo.»

      «Ed avete osato venire qui, quasi solo?»

      Un sorriso sdegnoso sfiorò le labbra del Corsaro.

      «Io non ho paura,» disse con fierezza.

      «Nessuno può mettere in dubbio il valore del Corsaro Nero,» disse don Pablo de Ribeira. «Vi ascolto, cavaliere.»

      Il filibustiere rimase alcuni istanti silenzioso, poi disse con voce alterata:

      «M’hanno detto che voi conoscete qualche cosa di Honorata Wan Guld.» In quella voce, in quel momento, vi era qualche cosa di straziante. Pareva che un singhiozzo si fosse spezzato nel petto del fiero uomo di mare.

      Il vecchio era rimasto muto, guardando con occhi tetri il Corsaro. Fra quei due uomini vi furono alcuni istanti di silenzio angoscioso. Pareva che entrambi avessero paura di romperlo.

      «Parlate,» disse ad un tratto il Corsaro con voce sibilante. «È vero che un pescatore del Mare dei Caraibi vi ha detto d’aver veduta una scialuppa, trasportata dalle onde, montata da una giovane donna?»

      «Sì,» rispose il vecchio con una voce così debole che parve un soffio.

      «Dove si trovava quella scialuppa?»

      «Molto lontana dalle coste della Venezuela.»

      «In quale luogo?»

      «Al sud delle coste di Cuba, a cinquanta o sessanta miglia dalla punta di S. Antonio, nel canale del Yucatan.»

      «Ad una così grande distanza dalla Venezuela!» esclamò il Corsaro, balzando vivamente in piedi. «Quando fu incontrata quella scialuppa?»

      «Due giorni dopo la partenza delle navi filibustiere dalle spiagge di Maracaibo.»

      «E la donna era viva ancora?…»

      «Sì, cavaliere.»

      «E quel miserabile non l’ha raccolta?»

      «La tempesta infuriava e la sua nave non era più in grado di resistere agli assalti delle onde.»

      Un grido strozzato era uscito dalle labbra del Corsaro. Egli si prese il capo fra le mani e per qualche istante il vecchio udì dei sordi singhiozzi.

      «Voi l’avete uccisa,» disse il signor de Ribeira con voce cupa. «Quale tremenda vendetta avete commessa, cavaliere. Dio vi punirà.»

      Udendo quelle parole, il Corsaro Nero aveva alzata vivamente la testa. Ogni traccia di dolore era scomparsa per lasciare posto ad una alterazione spaventosa. La sua tinta pallida era diventata livida, mentre un lampo terribile animava i suoi occhi. Un flusso di sangue gli montò sul viso arrossando per alcuni istanti quella pelle diafana, poi tornò più livida di prima.

      «Dio mi punirà!» esclamò egli con voce stridula. «Io l’ho forse uccisa, quella donna che tanto ho amata, ma di chi la colpa? Voi dunque ignorate le infamie commesse dal duca vostro signore?… Dei miei fratelli, uno dorme laggiù, sulle sponde della Schelda, gli altri due riposano nei baratri del Mare dei Caraibi. Sapete chi li ha uccisi? Il padre della fanciulla che amavo!

      Il vecchio era rimasto silenzioso, e non staccava i suoi sguardi dal Corsaro.

      «Io avevo giurato odio eterno contro quell’uomo che aveva spenti i miei fratelli nel fior degli anni, che aveva tradita l’amicizia, la bandiera della sua patria adottiva, che per dell’oro aveva venduta la sua anima e la sua nobiltà, che aveva macchiato infamemente il suo blasone ed ho voluto mantenere la mia parola.»

      «Dannando a morte una fanciulla che non poteva farvi alcun male.»

      «Io avevo giurato, la notte in cui abbandonavo alle onde il cadavere del Corsaro Rosso, di sterminare tutta la sua famiglia, come egli aveva distrutta la mia e non ho potuto infrangere la parola data. Se io non l’avessi fatto, i miei fratelli sarebbero saliti dal fondo del mare per maledirmi!… Ed il traditore vive ancora!… – riprese egli dopo alcuni istanti con uno scoppio d’ira spaventevole. – L’assassino non è spento e i miei fratelli mi chiedono vendetta: l’avranno!…

      «I morti nulla possono chiedere.»

      «V’ingannate!… Quando il mare scintilla, io vedo il Corsaro Rosso ed il Verde risalire dagli abissi del mare e fuggire dinanzi la prora della mia Folgore e quando il vento fischia fra le corde della mia nave odo la voce di mio fratello spento sulle terre della Fiandra. Mi capite voi?»

      «Follie!»

      «No!» gridò il Corsaro. «Anche i miei uomini, per molte notti, hanno veduto apparire, fra un fiotto di spuma, gli scheletri del Corsaro Rosso e del Verde. Essi mi chiedono ancora vendetta. La morte della fanciulla che io amavo non è stata sufficiente a calmarli e la loro anima tormentata non si quieterà finchè non avrò punito il loro assassino. Ditemi, dov’è Wan Guld?

      «Voi pensate ancora a lui?» chiese l’intendente. «Non vi bastava la figlia?»

      «No! Vi ho detto che i fratelli miei non si sono ancora placati.»

      «Il duca è lontano.»

      «Fosse anche all’inferno, il Corsaro Nero andrà a trovarlo.»

      «Andate a cercarlo adunque.»

      «Dove?»

      «Io non so dove precisamente si trovi. Si dice però che sia nel Messico.»

      «Si… dice? Voi, che siete il suo intendente, l’amministratore dei suoi beni, lo ignorate? Non sarò certamente io che lo crederò.»

      «Eppure io non so dove si trovi.»

      «Voi me lo direte,» gridò il Corsaro con accento terribile. «La vita di quell’uomo mi è necessaria. Egli mi è sfuggito a Maracaibo ed a Gibraltar, ma ora sono risoluto a scovarlo, dovessi affrontare, colla mia sola nave, anche l’intera squadra del vicerè del Messico.»

      A un tratto cessò di parlare, si alzò e si accostò rapidamente ad una finestra.

      «Cosa avete?» chiese don Pablo, con stupore.

      Il cavaliere non rispose. Curvo verso la finestra, ascoltava attentamente. La tempesta infuriava al di fuori. Tuoni assordanti rombavano in cielo ed il vento ululava per le viuzze facendo strage di tegole e di camini. L’acqua cadeva a torrenti e scrosciava contro i muri della casa e sul lastricato, scorrendo fragorosamente per le vie, ormai convertite in torrenti.

      «Avete udito?» chiese ad un tratto il Corsaro con voce alterata.

      «Nulla, signore,» rispose il vecchio con accento inquieto.

      «Si direbbe che questo vento ha portato fino qui le grida dei miei fratelli!…»

      «Quali sinistre follie, cavaliere!…»

      «No, follie!… Le onde del Mare dei Caraibi trastullano a quest’ora le salme del Corsaro Rosso e del Verde, le vittime del vostro signore.»

      Il vecchio, involontariamente, rabbrividì e guardò il Corsaro con spavento. Era coraggioso ma come quasi tutti gli uomini di quell’epoca era anche superstizioso e perciò cominciava a credere alle strane fantasie del funebre filibustiere.

      «Avete finito, cavaliere?» chiese, scuotendosi. «Voi finirete col farmi vedere dei morti.»

      Il Corsaro si sedette nuovamente dinanzi al tavolo. Pareva che non avesse nemmeno udite le parole dello spagnuolo.

      «Eravamo quattro fratelli,» cominciò egli con voce lenta e triste. «Ben pochi erano valorosi come i signori di Roccabruna, Valpenta e Ventimiglia e pochi erano così devoti ai duchi di Savoia come lo eravamo noi. Terribile era scoppiata la guerra nelle Fiandre. In Francia e nella Savoia combattevamo con estremo furore contro il sanguinario duca d’Alba, per la libertà dei generosi

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