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e opporle una formidabile barriera.

      Disgraziatamente per loro, avevano da fare con un uomo di mare che ben altre ne aveva vedute e che era rotto a tutte le astuzie, e per di piú con un veliero estremamente maneggiabile e che poteva spostarsi rapidamente.

      Per alcuni minuti fra la fregata ed i galeoni fu un continuo scambio di cannonate, senza causare troppi danni né da una parte né dall’altra, facendo accorrere sulle calate tutta la popolazione di San Domingo; poi vi fu un po’ di sosta, perché la Nuova Castiglia, con un’abile manovra, si era spostata in modo da far convergere il fuoco degli spagnuoli verso le case del porto.

      Era vero che a questo modo si esponeva al tiro delle artiglierie dei forti che potevano incrociare i loro fuochi senza danneggiare la città, ma il luogotenente del conte non era uomo da esporre lungamente la sua nave alle palle nemiche.

      Con due fulminee bordate, la Nuova Castiglia ripiegò verso il centro della rada, scatenando da parte dei forti un uragano di cannonate; poi prese il suo slancio verso la bocca del porto, ora minacciando di passare a tribordo della squadra ed ora a babordo.

      I suoi venti pezzi della batteria e le due caronade del cassero tuonavano furiosamente, specialmente contro le caravelle, mentre i suoi fucilieri spazzavano a fucilate i ponti altissimi dei galeoni, abbattendo, con una precisione matematica, timonieri e ufficiali.

      Urla feroci s’alzavano su tutte le tolde, mescolandosi, confondendosi col fragore delle artiglierie e lo scrosciate degli archibugi.

      Anche la folla che si accalcava sulle calate, quantunque esposta al fuoco delle artiglierie, urlava ferocemente:

      – Morte ai filibustieri! Distruggeteli! Massacrateli!

      La Nuova Castiglia continuava intrepidamente la sua marcia, coprendo di palle e di bombe le navi nemiche e minacciando di abbordarle.

      Salda di costole, bene armata e condotta da uomini abituati a battersi quasi ogni giorno, non tentennava nelle sue mosse.

      Rispondeva ai galeoni e alle caravelle, quasi colpo per colpo, con una insistenza feroce, mentre le due caronade della coperta avventavano di tratto in tratto delle bordate di mitraglia.

      Giunta a cento passi dai galeoni, sfilò superbamente sulla loro fronte con tutti i suoi formidabili archibugieri a babordo; poi, con una mossa improvvisa, inaspettata, girò a destra della squadra dove c’era ancora abbastanza spazio per navigare lungo la costa. Una piccola caravella tentò di chiudere il passo, gettandosi dinanzi alla prora per lasciar tempo ai galeoni di muoversi.

      Era un topolino che tentava di arrestare un leone.

      La Nuova Castiglia la urtò poderosamente col suo solidissimo tagliamare e la sfasciò completamente passando in mezzo ai rottami; poi, dopo aver scaricati tutti i suoi pezzi d’un colpo solo, fuggí fuori dal porto.

      – Ebbene, che cosa ne dite, signor conte? – chiese Mendoza, il quale fumava furiosamente, con le mani affondate nelle tasche e le gambe allargate.

      – Che con simili uomini, si potrebbe conquistare il mondo – rispose il signor di Ventimiglia. Non so se un’altra nave se la sarebbe cavata cosí bene, mio caro.

      – Ecco che i galeoni si mettono in caccia, ma che cosa sperano di fare? Di raggiungere la nostra nave? Eh, cari miei, non conoscete ancora la Nuova Castiglia!

      – Mi pare che l’abbiano conosciuta or ora.

      – Il signor Verra li farà correre.

      – E allora corriamo anche noi e cerchiamo di lasciare San Domingo prima che spunti il sole. Gli spagnuoli rivolgeranno tutta la loro rabbia contro di noi e ci daranno una caccia spietata.

      – E se ci prendono, ci impiccheranno, signor conte, – rispose Mendoza.

      – Forse quelle due corde non sono ancora state intrecciate. Conosci anche tu la città!

      – Abbastanza per condurvi alla Puerta del Sol.

      – Ci lasceranno poi uscire, a quest’ora?

      – Oh, non lo sperate, capitano, – rispose il filibustiere;

      – E perché condurmi là dunque?

      – Perché il bastione vicino è in parte diroccato e potremo trovare il modo di scendere nel fossato e anche…

      Si era interrotto, guardando il conte, e rimanendo con la bocca aperta.

      – E dunque? – chiese il corsaro.

      – Sono un vero stupido, capitano!

      – Perché?

      – Ma sí che noi possiamo passare per la Puerta del Sol senza esporci al pericolo di fiaccarci il collo in fondo al fossato. In verità io invecchio troppo presto.

      – Sei impazzito, Mendoza?

      – No, signor conte, ma stavo per diventare un cretino. Non siete vestito da alabardiere, voi?

      – Pare di sí!

      – Noi ci presenteremo alle guardie della porta e voi direte che avete ricevuto l’ordine di scortarmi e di farmi uscire. Potrete aggiungere, se non vi dispiace, che io sono una spia che va a sorvegliare i bucanieri. A un soldato si crede sempre.

      – E tu affermavi poco fa che stai per diventare un cretino? disse il conte ridendo. – A me pare invece che tu diventi ogni giorno piú furbo, vecchio squalo. In marcia! Non voglio trovarmi ancora a San Domingo al sorgere dell’alba.

      Gettarono le vesti e la spada di Martin in mezzo ad un folto cespuglio e volsero le spalle al porto, internandosi in una stradicciuola che serpeggiava fra siepi e splendidi filari di banani e di palme. Essendo tutta la popolazione accorsa sulle calate, non vi era anima viva nei dintorni, cosicché poterono attraversare indisturbati la città e giungere dinanzi alla Puerta del Sol, che era in quel tempo una delle principali di San Domingo e che metteva nell’aperta campagna.

      Due alabardieri, armati di lunghe picche, passeggiavano a breve distanza, fumando e chiacchierando. Scorgendo il conte e il suo marinaio, si fermarono per sbarrare loro il passo; poi uno dei due, accortosi di aver da fare con un soldato, chiese:

      – Oh, camerata, dove vai?

      – Ho l’ordine di scortare quest’uomo fuori della città – rispose franco il signor di Ventimiglia.

      – Chi è?

      – Un corriere governativo.

      – Senza cavallo?

      – Sa dove trovarlo. Sbrigatevi ad aprire la porta; abbiamo molta fretta.

      – E non ti hanno dato nessuna carta?

      – Non sono un soldato, io?

      – È vero, ma ci hanno dato anche il comando di impedire l’uscita a qualunque persona.

      – Era per i borghesi, quello.

      – Aspetta che chiamo l’anziano: io non voglio assumermi questa responsabilità.

      Entrò in una vicina caserma e uscí subito con un altro soldato, munito di una lanterna, il quale trascinava con gran fracasso un enorme spadone.

      – Guarda questi uomini, Barrejo – disse la sentinella.

      – Fulmini! – mormorò Mendoza. – Il guascone! Ora siamo fritti!

      Il conte trasalí e portò rapidamente una mano sulla pistola di Martin, pronto ad impegnare una lotta disperata. Il guascone si avvicinò a loro e non potè trattenere un gran gesto di stupore nel riconoscere la propria corazza e le proprie vesti che il conte indossava.

      – Ah, camerata! – esclamò sbarrando gli occhi.

      Poi, volgendosi verso le due sentinelle, disse loro:

      – Continuate la ronda voi, io conosco queste persone.

      Aspettò che si fossero allontanate, poi, dopo aver alzato una seconda volta la lanterna per guardare bene in viso il conte ed il suo compagno, chiese:

      – Che cosa fate ancora qui, nei miei panni, signore? Siete ben voi che mi avete dato quei

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