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informazione contestuale, che potrebbe anche applicarsi allo studio dell’opera del Poliziano, sottolineano l’importanza del ricupero dei classici, e studiano le caratteristiche del mondo pastorale idealizzato e lo sviluppo di questo genere, tanto in Italia quanto in altri paesi europei.

      Il secondo volume invece, si centra nello studio delle rappresentazioni, anche se per raggiungere conclusioni pertinenti è fondamentale lo studio del testo letterario. Al posto dell’Orfeo si situa Il pastor fido di Guarini e in modo particolare, l’Aminta di Tasso. Inoltre, possiamo affermare che questa sia la raccolta che più abbraccia le affermazioni europee del dramma pastorale, analizzato nelle varianti inglesi, francesi e spagnole. Gli effetti visuali della messinscena e l’interarticità vengono anche amplificati e formano difatti l’oggetto di studio più rilevante di quest’ultima raccolta.

      In conclusione, entrambe le opere ci mostrano una panoramica completa e dettagliata in quasi tutti gli aspetti del dramma pastorale dal primo Quattrocento fino al primo Seicento. Benché ognuna si focalizzi su temi molto specifici, attraverso le diverse relazioni, si viene a creare un contenuto compatto che ci permette di estrapolare un quadro più che completo del dramma pastorale nella letteratura italiana.

      1. Origini del dramma pastorale in Europa, ed. de M. Chiabò y F. Doglio, Viterbo, Union Printing, 1985; Sviluppi della drammaturgia pastorale nell’Europa del Cinque-Seicento, ed. de M. Chiabò y F. Doglio, Viterbo, Union Printing, 1992.

      Origine e primi anni di attività del «Centro Studi sul Teatro Medioevale e Rinascimentale»

      Quirino Galli

       Centro Studi sul Teatro Medioevale e Rinascimentale

      Tuttavia, è pur vero che le grandi visioni hanno bisogno di fatti contingenti per prendere forma. Nell’anno accademico 1972-1973 il titolo del mio seminario, presso la cattedra di Storia del teatro e dello spettacolo dell’Università di Roma, docente Federico Doglio, era Il teatro d’avanguardia; accadde che gli studenti mi chiesero di trasformare quel seminario in un laboratorio. Dopo aver-ne parlato con Doglio, accettai la richiesta degli studenti e proposi loro di fare oggetto del laboratorio l’Ecerinis di Albertino Mussato; ritenevo, infatti, che si trattasse di un testo che, alternando dialoghi a monologhi, a passi epico-narrativi, bene si prestava a dare materia a una esperienza teatrale. Inoltre, l’Ecerinis era pur sempre la testimonianza del rinascere del sacro fuoco della tragedia.

      L’esito di quel Laboratorio, che aveva rispettato i canoni di un teatro sperimentale, non fu solo lo spettacolo di fine d’anno, ma fu la sua acquisizione da parte dell’UNESCO; e il gruppo di studenti con il loro professore andò per l’Italia, proponendo ai più diversi pubblici quel testo con lunghi passi in latino che ai più semplici abitanti di piccoli paesi sembrò una bella musica.

      Aprendo i lavori del primo Convegno, F. Doglio tra l’altro affermava:

      Se la Scuola non contempla nei suoi Ordinamenti la conoscenza della Storia del teatro, osservava Doglio, i Teatri Stabili vengono meno ad un impegno istitutivo. E più oltre affermava:

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