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i cowboy che si aggirano nei dintorni,” protestò zia Sylvia, scherzosamente. “Penso che un po' di compagnia femminile mi farà solo bene.” Strizzò l'occhio a Trinity, che ridacchiò.

      “Non ti sei mai lamentata di quei cowboy,” la prese in giro lo zio Frank. “Sei praticamente una mamma per la maggior parte di quei ragazzi.”

      Trinity si accigliò. “Di chi state parlando?”

      “Beh, Aiden e Ben Fielding, tanto per cominciare.” Frank si rivolse alla nipote. “Forse ti ricordi di loro. Possiedono il ranch dall'altra parte della città.”

      “Vagamente. Avevano anche una sorella, se ricordo bene. Josie, vero?” Trinity era contenta di ricordare con facilità tutte quelle cose nonostante non tornasse lì da un bel po' di tempo. Le sembrava in qualche modo più familiare.

      "Sì, continuo a chiedere a Josie di portare qui il piccolo Curtis, ma è così impegnata che difficilmente riesco a vederli.” Zia Sylvia mise il broncio.

      “Curtis?” Trinity si accigliò, cercando di associare un volto a quel nome.

      Zia Sylvia sorrise. “Josie ha avuto un bambino. Dovrebbe avere quasi diciotto mesi. È bellissimo. E anche Aiden si è sposato. Sua moglie Maggie è meravigliosa. La adorerai.”

      Frank annuì. “E, naturalmente, Cordell e Jarrod, che hai incontrato ieri sera. Potrebbero anche trasferirsi qui in pianta stabile, visto quanto tempo ci passano.” Finse di essere annoiato, ma zia Sylvia stava ridendo.

      “Non mi dispiacerebbe affatto,” disse la donna. “Sono i benvenuti in qualsiasi momento. Gliel'ho detto. Valgono tanto oro quanto pesano.”

      Trinity alzò lo sguardo sorpresa.

      “Beh, devo ammettere che non so dove saremmo senza di loro,” concordò zio Frank, “specialmente quando quel dannato tubo dell'acqua si è rotto lo scorso inverno. Sono arrivati senza che chiedessi loro niente e se ne sono occupati da soli, nonostante lavorassero a tempo pieno al ranch. Hanno lavorato per un giorno intero, assicurandosi che avessimo un qualche tipo di riscaldamento e un posto asciutto dove dormire.”

      “Solo perché ti sei rifiutato di trasferirti per un po',” gli ricordò zia Sylvia.

      “Non volevo andarmene come se nulla fosse e lasciarli a sistemare il nostro macello,” rispose lo zio.

      “Non gli sarebbe dispiaciuto.”

      “Beh, ci siamo divertiti molto, no? Nonostante tutto il lavoro che dovevano fare, erano così allegri, sempre a fare battute e cose del genere. In loro compagnia sembrava di essere a una festa.” Ridacchiò, ricordando quel momento.

      Zia Sylvia rise, scuotendo la testa. “Ammetto che è stato divertente.”

      Trinity non disse nulla mentre gli zii continuavano a ricordare il giorno in cui i due cowboy li avevano aiutati a riparare la casa dopo che il tubo aveva allagato il piano terra.

      “Quindi li conoscete bene?” chiese dopo un po'. Non sapeva perché, ma il pensiero che sua zia e suo zio andassero così d'accordo con i due uomini la irritava un po'. Sarei dovuta essere qui per aiutarli.

      “Oh, sì, sono quasi parte della famiglia ormai. Non è vero, Frank?” Zia Sylvia sorrise.

      Non era quello che Trinity voleva sentire.

      “Si potrebbe dire così,” rispose lo zio Frank, accarezzando la mano di sua moglie.

      Trinity perse improvvisamente l'appetito e si alzò. “Vado a prendere la borsa,” disse rivolta verso la zia. “Tra quanto arriverà il taxi?”

      Zia Sylvia guardò l'orologio, sorpresa. “Dovrebbe arrivare da un momento all'altro,” rispose, alzandosi rapidamente.

      “Mi occupo io di sparecchiare. Vai pure ad incipriare quel tuo bel nasino,” disse zio Frank, mentre Sylvia iniziava a impilare i piatti.

      “Sei sicuro?”

      “Ma certo. Vai pure. Non vorrai far aspettare il taxi.”

      Trinity sorrise di fronte a quello scambio affettuoso. Erano ancora molto innamorati, si vedeva lontano un miglio, e lei desiderava avere una relazione come quella, un giorno. Non sarebbe successo presto, però, rifletté mentre saliva le scale. In passato aveva sognato un certo tipo di futuro con Kevin, ma quella barca era salpata molto prima che quel dannato tubo del gas esplodesse e reclamasse la sua vita.

       * * * *

      Almondine era più frenetica e molto più grande di quanto Trinity ricordasse. Zia Sylvia si divertì a mostrarle tutti i negozi nella via principale e insistette anche per regalarle dei vestiti nuovi. A Trinity non piaceva per niente l'idea che pagasse tutto sua zia.

      “Ti ripagherò non appena l'assicurazione mi avrà rimborsata,” disse Trinity per l'ennesima volta, mentre sua zia aggiungeva altre due magliette alla pila di jeans che avevano già selezionato.

      “Vedremo,” rispose la zia scuotendo la testa.

      Trinity sapeva che la donna non voleva indietro i soldi che aveva speso quel giorno, ma lei aveva comunque intenzione di restituirle tutto. Aveva sempre pagato tutto da sola e non si sentiva per niente a proprio agio nel dipendere economicamente da loro. Tuttavia, in quel momento non aveva scelta. Fino a quando l'assicurazione non le avesse rimborsato i danni materiali e morali, avrebbe dovuto fare affidamento sui propri risparmi. La maggior parte di quei soldi erano quelli che sua madre le aveva lasciato prima di morire e che, fino a quel momento, Trinity aveva definito il suo "fondo di emergenza". Nonostante quella fosse senza ombra di dubbio una emergenza, era preoccupante vedere quanto in fretta la sua eredità stesse svanendo.

      “Tuo zio ha detto che ci avrebbe incontrate più tardi al ristorante di Pelican's Heath,” annunciò zia Sylvia quando lasciarono la boutique e tornarono sulla strada affollata. “Ma possiamo prendere un caffè e mangiare un boccone prima di allora, cosa ne dici?”

      Trinity sorrise. Immaginò che fosse un modo implicito per dirle che si stava stancando e che era pronta per fare una pausa. Zia Sylvia era invecchiata dall'ultima volta che l'aveva vista e i capelli di zio Frank erano diventati quasi del tutto bianchi.

      “C'è qualcosa di cui hai bisogno?” chiese la ragazza, mentre si dirigevano verso un piccolo caffè. “Abbiamo comprato tutta questa roba per me, ma tu non hai preso quasi niente.”

      Zia Sylvia rise. “Ho già tutto ciò di cui ho bisogno, tesoro,” rispose, mettendole un braccio intorno alle spalle.

      Trinity sorrise, sapendo che non si stava riferendo ai vestiti o ai prodotti da bagno che avevano comprato poco prima. Zia Sylvia sembrava contenta della propria vita, e Trinity era felice per lei. Non aveva mantenuto i contatti con i suoi zii neanche la metà di quanto avrebbe dovuto, e in qualche modo aveva dimenticato quanto fossero innamorati.

      Il sole era sparito dietro le nuvole, facendo diventare l'aria più fresca, e Trinity si sentì subito meglio quando entrarono in un piccolo caffè nascosto in una stradina laterale. Immaginò che non troppe persone fossero a conoscenza di quel posto, perché c'erano molti tavolini vuoti nonostante Almondine fosse caotica e piena di gente.

      “Vieni qui spesso?” chiese alla zia, mentre sorseggiavano il loro caffè.

      La donna sorrise. “Non molto. Non è divertente farlo da soli.”

      Trinity sentì una fitta allo stomaco nel rendersi conto di quanto dovesse sentirsi sola sua zia. Era chiaro che non aveva molta compagnia femminile, ed era certo che le mancasse sua nipote. Trinity pensò a quanto le sarebbe piaciuto vivere nei dintorni e incontrare regolarmente sua zia. I suoi parenti avevano ragione: non stavano ringiovanendo e lei era l'unica famiglia che gli restava.

      “Hai comprato solo jeans e magliette,” commentò zia Sylvia con un'espressione accigliata. “Che ne dici di un bel vestito per uscire la sera?”

      Trinity rifiutò educatamente con un sorriso. “Non ho bisogno di nient'altro,” rispose.

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