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o dopo.

      E lui sarebbe stato lì, pronto, ad aspettarlo.

      ***

      Ad non aveva la minima idea di dove cercare la Bestia. Sperava di trovarlo, di nuovo, sul Ponte Principale. L’ultima volta, stava osservando l’Oceano. Ma era buio e c’era ben poco da vedere. Il ragazzo si appoggiò, comunque, alla balaustra. Dove mai poteva essere?

      ***

      Al era sdraiato per terra, accanto al giaciglio di Aletta. Gli aveva concesso una coperta, ma non un materasso. La verità? A lui andava benissimo. Da solo, a contatto col pavimento gelido, nell'oscurità, era molto più facile sognare. Soprattutto dopo che il corpo dell'amante dei suoi sogni aveva acquisito caratteristiche più che reali, giusto quella mattina.

      ***

      “Ti ho preso, bastardo,” sibilò qualcuno alle sue spalle. Ad si sentì afferrare da dietro, per poi essere spinto in un angolo. Si divincolò e riuscì a vedere chi fosse l’aggressore. Amir. Non aveva dubbi. Stine non si era arreso manco per niente. Anzi, aveva chiamato i rinforzi. Quello si mise a mordicchiargli la nuca. Come se bastasse a fermarlo! Allungò una mano, alla ricerca di qualcosa. Qualsiasi cosa che potesse usare come arma. La trovò. Subito, la roteò sul polso e la spinse indietro, colpendo l’uomo allo stomaco. Il ragazzo, in realtà, mirava all’inguine. Ma dovette accontentarsi, visto che il risultato fu il medesimo. Si liberò dalla stretta e vide cos’aveva effettivamente usato. Una paletta, di quelle con cui si raccoglie la sabbia, ma d’oro massiccio. Non ebbe il tempo di ammirarne la fattura perché Amir stava tornando all’attacco. Quindi, gliela conficcò nella coscia. Di nuovo, aveva mirato all’inguine. Ma chissà perché non riusciva proprio a fare centro. Non perse tempo a pensarci e si lanciò dritto verso la sua cabina.

      Le molestie, in sé e per sé, non gli davano fastidio. Non lo avevano mai turbato. Sembrava attirarle molto più degli Schiavi, certo, ma lui non lo era. Però, nessuno sembrava capirlo. Firokami, tutto sommato, gli piaceva. Ci si era trasferito solo per frequentare l’Università. Era nato e cresciuto nell’Isola di Kee-Niu. Si era laureato a pieni voti e avrebbe potuto diventare molto ricco, se avesse voluto. Ma i Kee-Niani avevano altri valori. Lingotti, gioielli, sete e merletti gli provocavano l’orticaria. Lui era abituato a vestirsi di Sole e di Vento. Alle mani di quegli uomini, preferiva le carezze dell’acqua e dell’erba. Uscire dal campus universitario fu un’impresa. Anche se laureato, gli insegnanti non volevano proprio lasciarlo andare. Una bellezza come la sua, così esotica, non era facilmente rimpiazzabile. Ma un’orda di nuovi bellissimi giovani arrivò in Città giusto nel periodo della sua sessione e riuscì a mascherare la sua etnicità.

      Così, riacquistò la sua Libertà. Non solo. Avendo finito perfettamente in corso e primo del suo anno, ricevette anche un generoso premio di Laurea dalla stessa Firokami. Era definitivamente libero. Tutta quella gente che voleva renderlo uno Schiavo era a dir poco ridicola. Se avesse voluto, loro sarebbero stati i suoi Schiavi. Ma a lui non importava nulla di dominio e sottomissione. Era, comunque, il prezzo da pagare per vivere lontano da casa. Non si curava di ciò, si limitava a guardare e passare.

      Una volta raggiunta la sua cabina, si accorse che c’era qualcuno al suo interno. Sbirciò e vide Stine, addormentato, nel suo letto.

      Patetico.

      Sollevò gli occhi al cielo, esasperato. Girò i tacchi e attraversò il corridoio. Direzione, la cabina del Capitano della nave.

      Il Comandante Stor stava già dormendo, quando bussò. Poteva essere uno dei suoi sottoposti. O la sua ninfetta. Oppure un passeggero. A ogni modo, doveva alzarsi. Quando aprì la porta, ciò che vide gli mozzò il fiato. Una meravigliosa creatura ciondolava sulla soglia. L’aveva già notato, quel ragazzo. Forse si trattava dell’amante di qualche Corifeo? Decisamente sì, uno così bello doveva essere uno Schiavo Di Lusso.

      “Sì?” gli sorrise l’uomo.

      Ad gli si avvicinò e, nella sua migliore interpretazione di Lady Macbeth, cinguettò, “Oh, Capitano! Mio Capitano! Aiutatemi! C’è un uomo nella mia cabina! Nel mio letto! Ho tanta, tanta paura! Non ho trovato nessuna guardia! Avrei chiesto a loro, prima di disturbare Voi, ma non sapevo a chi altri rivolgermi! Vi prego!”

      “Non aggiungere altro! Mi vesto subito!” esclamò il Capitano.

      Una brava persona? Mamifacciailpiacere! Non vedeva l’ora di buttare fuori qualcuno dalla sua nave. E a calci in culo, per di più. Tutto, pur di accaparrarsi la gratitudine di un Corifeo. Magari, lo avrebbe fatto ringraziare personalmente dal suo adorabile Schiavo.

      “Oh, grazie! Grazie, mio Capitano! Mio eroe!” cinguettò, ancora, il ragazzo.

      Stor si vestì alla velocità della luce. Poi, una volta cinte le delicate spalle di Ad con un braccio, lo condusse attraverso il corridoio.

      “Vediamo un po’ chi è che ha sbagliato stanza.”

      Stine era ancora addormentato. Ancora per poco. Venne bruscamente svegliato da uno spintone.

      Indignato, era pronto a farla pagare a chiunque avesse osato. Ma non ne ebbe il tempo.

      “Ehi! Cos’è che ti credi di fare nella cabina di questo ragazzo?” urlò il Comandante, indicando Ad. “Non avere paura, figliolo. Probabilmente ha solo alzato un po’ troppo il gomito e si è confuso. Non è vero, compare?”

      “L’ho chiusa a chiave, prima di uscire. Me lo ricordo perfettamente,” disse, innocente, quell’esotica bellezza.

      Stine si sedette sul letto e, con tutta la nonchalance del Mondo, si accese una sigaretta. Stor lo guardava, scioccato.

      “La mia è una cabina per Non-Fumatori,” sussurrò Ad.

      “Spegni quella cazzo di sigaretta, Padrone, e torna nella tua cabina. Adesso!”

      Stine si alzò.

      “Questo è il mio Schiavo. Tu, che cazzo è che vuoi? Chi sei?”

      “Sono il Capitano di questa nave. E questo passeggero è sotto la mia protezione!”

      Stor non poteva credere alle sue orecchie.

      “Faccio questo lavoro da quarant’anni e mai, e dico mai, uno Schiavo è venuto a bussare -nel cuore della notte- per chiedermi di sbattere fuori a calci il loro Padrone! Vai via, adesso, o dovrò arrestarti e lasciarti al prossimo porto!” esclamò, volutamente calcando il tu.

      “Come ti permetti! Io sono Stine Darmush!”

      “Lo so chi sei, Padrone. E ti rispetto molto. Ma questo passeggero è sotto la mia protezione. E ho tutte le ragioni per credergli. Quindi, ascoltami. Hai una gioielleria di successo. Tutti gli Schiavi, incluso il qui presente, indossano qualcosa creato da te. Immagina che scandalo, se venisse fuori che ti rimorchi gli Schiavi degli altri? Pensa a tutti i problemi che avresti con, che ne so, Padron Son!”

      Stor, mentre parlava, si accorse che Stine stava cercando di afferrare il ragazzo. Sospirò, ma sorrise. Per legge, non poteva espellere nessun Padrone. Aveva cercato di spaventarlo, ma un uomo con la mente annebbiata dalla lussuria è un osso duro da spezzare. “Oppure con Elm!”

      Stor sorrise tutto il tempo, come per far capire al Padrone che lui lo capiva. Come resistere a tale bellezza! Ma le regole, il galateo, i cazzi e i mazzi, blah blah blah.

      “Non posso certo ignorare le conseguenze, soprattutto da parte di tali cittadini.”

      “Ma questo Schiavo è mio,” continuava a ridacchiare Stine.

      “No, non lo è!” Il Capitano stava iniziando a perdere la pazienza. Inoltre, il ragazzo alla porta era palesemente annoiato. “Se lo fosse davvero, parlerebbe così? Davanti a te? Se l’hai comprato, dimmi dove. E perché non è nella tua cabina. Non farmi sollevare un polverone! Non costringermi a contattare le autorità di Firokami e denunciare uno dei suoi beniamini! Penso che non ci vorrà molto, al vero Padrone, per dimostrare che non hai alcun diritto sulla sua carne.”

      Stine era duro come roccia. Lui lo

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