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rel="nofollow" href="#litres_trial_promo">CAPITOLO QUARANTUNO

       EPILOGO

      PROLOGO

      La fisioterapista sorrise gentilmente al suo paziente, Cody Woods, mentre spegneva la macchina.

      “Credo che per oggi basti con la CPM” gli disse, mentre la sua gamba smetteva gradualmente di muoversi.

      La macchina aveva fatto esercitare l’arto, lentamente e passivamente, per un paio di ore, aiutandolo a riprendersi dopo l’operazione di sostituzione del ginocchio.

      “Avevo quasi dimenticato che fosse accesa, Hallie” Cody disse con un lieve sorrisetto.

      La donna provò una sensazione dolceamara. Le piaceva quel nome, Hallie. Lo usava ogni volta che lavorava lì, al Signet Rehabilitation Center, come fisioterapista freelance.

      Le sembrava un peccato il fatto che Hallie Stillians fosse destinata a sparire l’indomani, come se non fosse mai esistita.

      Eppure, era così che le cose dovevano andare.

      E inoltre, disponeva anche di altri nomi che le piacevano allo stesso modo.

      Hallie spostò l’apparecchio per la fisioterapia dal letto al pavimento. Abbassò gentilmente la gamba di Cody e gli sistemò le coperte intorno.

      Infine, accarezzò i capelli del paziente, un gesto intimo che la maggioranza dei terapisti avrebbero evitato. Ma lei faceva spesso piccole cose come quella, e nessun paziente se ne era mai lamentato. Sapeva di trasmettere calore e empatia, e, soprattutto, con completa sincerità. Un piccolo tocco innocente era perfettamente appropriato, da parte sua. Nessuno l’aveva mai fraintesa.

      “Come va il dolore?” chiese.

      Cody aveva avuto un insolito gonfiore e un’infiammazione dopo l’operazione. Ecco perché era stato trattenuto nella struttura tre giorni in più del previsto, e non era ancora stato dimesso. Ed era anche questo il motivo per cui era stata chiamata Hallie, confidando nel suo magico potere di guarigione. Lo staff del centro conosceva bene le sue capacità e l’apprezzava, come anche i pazienti: perciò veniva spesso chiamata in situazioni del genere.

      “Il dolore?” Cody disse. “L’avevo quasi dimenticato. La tua voce l’ha fatto sparire.”

      Hallie si sentì lusingata ma non sorpresa. Gli aveva letto un libro, durante l’impiego della macchina CPM, un giallo. Sapeva di possedere una voce dall’effetto calmante, quasi come un anestetico. Non importava quel che leggeva: fosse Dickens o un romanzo pulp o persino un quotidiano, ipazienti non necessitavano di molte medicine contro il dolore quando erano sotto le sue cure; il suono della sua voce era spesso sufficiente.

      “Allora è vero che potrò tornare a casa domani?” Cody chiese.

      Hallie esitò solo per una frazione di secondo. Non poteva essere del tutto sincera. Non sapeva come si sarebbe sentito il paziente l’indomani.

      “E’ quello che mi hanno detto” rispose. “Come ci si sente a saperlo?”

      Una triste espressione attraversò il volto di Cody.

      “Non ne ho idea” disse. “Tra sole tre settimane, passeranno all’altro ginocchio. Ma tu non ci sarai ad aiutarmi ad affrontare la cosa.”

      Hallie gli prese la mano e la strinse gentilmente. Era dispiaciuta per il fatto che lui si sentisse in quel modo. Nei giorni scorsi, mentre lavorava con lui, gli aveva parlato a lungo della sua presunta vita: una storia piuttosto noiosa, pensava lei, ma l’uomo ne era parso affascinato.

      Da ultimo, gli aveva spiegato che suo marito Rupert stava per andare in pensione dalla sua carriera di CPA. Il suo figlio minore, James, era andato ad Hollywood per tentare di sfondare come sceneggiatore. Suo figlio maggiore, Wendell, era lì a Seattle: insegnava linguistica all’Università di Washington. Ora che i ragazzi erano cresciuti ed ormai erano fuori di casa, lei e Rupert stavano per traslocare in un grazioso paesino coloniale in Messico, dove intendevano trascorrere il resto della loro vita. Sarebbero partiti l’indomani.

      La donna pensava che fosse una bella storia.

      Ma era completamente inventata.

      In realtà, viveva a casa, da sola.

      Completamente da sola.

      “Guarda, il tuo tè è diventato freddo” lei disse. “Te lo riscaldo.”

      Cody sorrise e disse: “Sì, grazie. Sarebbe carino da parte tua. E bevine anche tu. La teiera è lì sul tavolo.”

      Hallie sorrise e aggiunse: “Naturalmente” proprio come accadeva ogni volta che ripetevano quelle scena. Lei si alzò dalla sedia, prese la tazza di tè tiepido di Cody, e la portò sul tavolo.

      Ma, questa volta, prese la sua borsetta accanto al microonde. Vi frugò dentro, estraendone un piccolo contenitore di plastica per medicine, il cui contenuto svuotò nella tazza di tè di Cody. Fu rapida, furtiva: un rapido movimento esperto, ed era certa che lui non l’avesse vista. Nonostante tutto, il suo cuore accelerò in modo appena percettibile.

      Infine, si versò il suo tè, e mise entrambe le tazze nel microonde.

      Devo prestare attenzione, rammentò a se stessa. La tazza gialla per Cody, quella blu per me.

      Mentre il microonde era in funzione, la donna si sedette di nuovo accanto a Cody, e lo guardò senza dire una sola parola.

      Trovava che aveva un bel viso. Ma le aveva raccontato della sua vita, e sapeva che lui era triste. Lo era stato per molto tempo. Era stato un famoso atleta, quando era al liceo. Poi, si era fatto male alle ginocchia, giocando a football, mettendo fine alle sue speranze di proseguire con la carriera sportiva. Quelle stesse ferite lo avevano poi condotto all’operazione per la sostituzione delle ginocchia.

      Dopo di allora, la sua vita era stata segnata dalla tragedia. La sua prima moglie era morta in un incidente automobilistico, e la seconda lo aveva lasciato per un altro uomo. Avevano due figli adulti, ma non gli parlavano più. Era anche stato vittima di un attacco di cuore pochi anni prima.

      Ammirava il fatto che l’uomo non sembrasse neanche un po’ amareggiato. Infatti, appariva pieno di speranza ed ottimismo per il futuro.

      Lo trovava dolce, ma ingenuo.

      Sapeva che la sua vita non sarebbe migliorata.

      Era troppo tardi ormai.

      Il segnale del microonde la riportò alla realtà. Cody la stava guardando con occhi gentili, in attesa.

      Lei gli diede un colpetto sulla mano, si alzò e si diresse al microonde. Estrasse le tazze, che ora erano bollenti al tocco.

      Rammentò di nuovo a se stessa.

      Giallo per Cody, blu per me.

      Era importante non fare confusione.

      Sorseggiarono entrambi il proprio tè, senza aggiungere altro. Ad Hallie piaceva pensare a questi momenti, come istanti di tranquilla compagnia. La rese un po’ triste il rendersi conto che non ce ne sarebbero più stati. Nel giro di pochi giorni, questo paziente non avrebbe più avuto bisogno di lei.

      Presto, Cody piombò nel sonno. Lei aveva mescolato la polvere con sufficiente sonnifero da assicurarsi che accadesse.

      Hallie si alzò e raccolse le sue cose, per andarsene.

      E poi, cominciò a cantare dolcemente, intonando una canzone che ricordava da sempre:

      Lontano da casa,

      Tanto lontano da casa—

      Questo piccino è lontano da casa.

      Ti struggi

      Di giorno in giorno

      Troppo triste per ridere, troppo triste per giocare.

      Non piangere,

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