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a percepire persino il loro odore, un misto di polline e miele.

      Conosceva la strada per il roseto talmente bene che l’avrebbe potuta percorrere anche senza il suo bastone. Negli undici anni che si trovava lì, l’aveva seguita almeno un migliaio di volte. Andava lì per riflettere sulla sua vita, su come le cose fossero diventate così difficili che il marito l’aveva lasciata quindici anni prima e suo figlio undici. Quel bastardo dell’ex marito non le mancava neanche un po’, però le mancava la sensazione delle mani di un uomo su di sé. Se era onesta con se stessa, era uno dei motivi per cui le piaceva toccare il viso dell’uomo che leggeva per lei. Aveva un mento forte, zigomi alti e una parlata strascicata tipica del sud che era molto piacevole da ascoltare. Le avrebbe potuto leggere l’elenco telefonico e sarebbe stato comunque gradevole.

      Stava pensando a lui quando si accorse di essere arrivata al giardino. L’asfalto era duro sotto i suoi piedi, ma tutto il resto davanti a lei era soffice e invitante. Si fermò per un momento e scoprì che, come capitava solitamente al pomeriggio, aveva il posto tutto per sé. Non c’era nessun altro.

      Si fermò di nuovo. Aveva sentito qualcosa alle sue spalle.

      Riesco anche a percepirlo, pensò.

      “Chi c’è?” chiese.

      Non ottenne risposta. Era uscita così tardi perché sapeva che il giardino sarebbe stato deserto. Ben pochi uscivano dopo le sei di sera, perché la città di Stateton, dove si trovava la Wakeman, era un posto minuscolo. Quando era uscita, quindici minuti prima, non aveva sentito nessuno, né in cortile, né sul marciapiede. C’era la possibilità che qualcuno volesse coglierla di sorpresa per spaventarla, ma sarebbe stato rischioso. In quella città c’erano gravi conseguenze per comportamenti del genere e le forze dell’ordine non sentivano ragioni quando si trattava di far rispettare la legge, soprattutto quando si trattava di adolescenti e bulli che se la prendevano con i disabili.

      Ma eccolo di nuovo.

      Sentì il rumore, e la sensazione che ci fosse qualcuno si accentuò. Fiutava l’odore di qualcuno. Ma non era affatto un odore sgradevole, anzi, era familiare.

      Fu percorsa da un brivido di paura e aprì la bocca per gridare.

      Prima che potesse farlo, avvertì un’immensa pressione intorno alla gola. Sentì anche qualcos’altro che emanava dalla persona come calore.

      Odio.

      Annaspò, senza riuscire a parlare, urlare o respirare, e sentì le ginocchia cederle.

      La pressione intorno alla sua gola si intensificò e la sensazione di odio sembrò penetrare in lei, mentre il dolore si diffondeva nel suo corpo e, per la prima volta, Ellis ringraziò di essere cieca. Mentre sentiva la vita scivolare via dal proprio corpo, fu sollevata di non poter vedere il volto del male. Davanti ai suoi occhi c’era solo quell’oscurità fin troppo familiare, che le dava il benvenuto in qualunque luogo l’attendesse dopo quella vita.

      CAPITOLO UNO

      Mackenzie White, sempre in movimento, era perfettamente felice di essere confinata nella sua piccola postazione. Era stata persino più contenta quando, tre settimane prima, McGrath l’aveva chiamata per dirle che c’era un ufficio vacante grazie ad un giro di licenziamenti da parte del governo, e che era suo se lo desiderava. Aveva aspettato un paio di giorni e, quando nessun altro l’aveva preso, si era fatta avanti e vi si era trasferita.

      L’ufficio era scarsamente arredato, con solo una scrivania, una lampada da terra, una piccola libreria e due sedie. Appesa alla parete c’era una grande lavagna bianca. In quel momento la stava fissando, dopo essersi concessa una pausa dal rispondere alle email e fare telefonate nel tentativo di scoprire i dettagli di un caso in particolare.

      Era un vecchio caso... collegato al biglietto da visita che teneva sulla lavagna, appeso con una calamita:

      Antiquariato Barker

      Era il nome di un negozio che apparentemente non era mai esistito.

      Ogni pista investigativa che saltava fuori finiva sempre per rivelarsi un buco nell’acqua. Ad un certo punto avevano creduto di aver scoperto dove fosse, quando l’agente Harrison aveva scovato un possibile collegamento a New York. Invece si era rivelato essere solo un signore che vendeva imitazioni di pezzi d’antiquariato nel suo garage nei tardi anni ’80.

      Eppure, Mackenzie aveva la sensazione di essere vicinissima a scoprire qualche filo che l’avrebbe portata alle risposte che cercava, risposte che riguardavano la morte del padre, all’apparenza collegata ad un altro omicidio avvenuto più di recente, appena sei mesi prima.

      Cercò di tenersi stretta quella sensazione di essere vicina a qualcosa che per il momento restava invisibile pur essendo proprio davanti ai suoi occhi. Doveva farlo, in giornate come quella, quando aveva visto tre possibili piste sfumare dopo una serie di telefonate ed email.

      Quel biglietto da visita era diventato per lei come il pezzo di un puzzle. Lo fissava ogni giorno, cercando di farsi venire in mente una strategia che non aveva ancora provato.

      Era così presa che, quando qualcuno bussò alla porta, sussultò. Si voltò e vide Ellington sulla soglia, che si guardava attorno.

      “L’ufficio non ti si addice ancora.”

      “Lo so” disse Mackenzie. “Mi sento un impostore. Entra.”

      “Ah, non ho molto tempo” disse lui “mi chiedevo soltanto se ti andasse di uscire a pranzo.”

      “Perché no?” rispose lei. “Vediamoci di sotto tra una mezz’oretta e...”

      Il telefono sulla sua scrivania si mise a squillare, interrompendola. Guardò il display e vide che era la linea di McGrath. “Un secondo” gli disse “è McGrath.”

      Ellington annuì e fece un’espressione giocosamente seria.

      “Pronto, agente White.”

      “White, sono McGrath. Devo vederla nel mio ufficio il prima possibile per un nuovo incarico. Trovi Ellington e porti anche lui.”

      Lei aprì la bocca per dire Sì, signore, ma McGrath riattaccò prima che riuscisse a emettere anche solo un suono.

      “A quanto pare il pranzo dovrà aspettare” gli disse. “McGrath vuole vederci.”

      Si scambiarono uno sguardo impacciato, colti dallo stesso pensiero. Si erano chiesti spesso per quanto sarebbero riusciti a tenere la loro relazione segreta ai colleghi, ma specialmente a McGrath.

      “Secondo te lo sa?” le chiese Ellington.

      Mackenzie si strinse nella spalle. “Non lo so. Però ha detto che deve vederci per un incarico. Quindi, anche ammesso che lo sappia, apparentemente non è il motivo per cui ci vuole parlare.”

      “Allora andiamo a scoprire di cosa si tratta” disse Ellington.

      Mackenzie spense il computer e si unì a Ellington mentre raggiungevano l’ufficio di McGrath. Provò a dire a se stessa che non le importava se McGrath sapesse della loro relazione. Non era motivo di sospensione o cose del genere, però se l’avesse scoperto, con tutta probabilità non li avrebbe più fatti lavorare insieme.

      Perciò, anche se si sforzava di non pensarci, in fondo in fondo c’era un po’ di preoccupazione. Si sforzò di scacciarla mentre si avvicinavano all’ufficio di McGrath e cercava di proposito di camminare il più lontana possibile da Ellington.

      ***

      McGrath li studiò con sospetto mentre si sedevano di fronte alla sua scrivania. Mackenzie ormai era abituata a sedersi lì, per subire una ramanzina o per essere elogiata da McGrath. Si chiese quale delle due cose l’aspettava, prima di ricevere il nuovo incarico.

      “Allora, prima occupiamoci di questioni interne” esordì McGrath. “Ormai è chiaro che tra voi due c’è qualcosa. Non so se sia solo un flirt o una relazione... e sinceramente non mi importa. Ma questo è

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