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d’aguri aresveglia li ligami che dormu da troppu tempu.

      “Aguri de bon compliannu e lu traguardu ‘mportante. A nome miu e de tutta la communità de Puglinu. Remigio Venanzi – Sindacu de Puglinu”

      “Remigio Venanzi grazie sinceru pe’ l’aguri fatti a papà miu. ‘n te sacciu dì quantu è statu ‘mportante stu messaggiu per issu. È statu ‘ntusiasta pe’ lu missaggiu ricivutu da te. L’ha toccatu bene. Pirchè papà mia è ‘n omo semprice, n’è mai vinutu ‘n Italia pe’ visità da do’ vinianu li ginituri sia. Sorema, la più grossa, e mi cugnatu ce so’ stati e c’ho tante fotocrafie de Puglinu e de la casa do’ vivianu li ginituri de papà. Io speru de vinì prestu ‘n Italia edevisità Puglinu. Grazie ‘ncora pe’lu vostru billissimu missaggiu e papà aringrazia pe’ l’aguri tutti quigli de Puglinu. Vole bene a l’origini italiane. Sinceramente.”

      Joanne Baldorossi McCanne – Palmyra, New Jersey USA

      “ho scupertu ‘n gruppu fondatu da le perzone e da lu Sindacu de lu postu de nascita de li nonni mia. Co’ ‘na settimana ho fattu amicizia co’ li cuggini che ‘n sapiu l’esistenza. Ho ‘mparatu li nomi de li fratelli e de li cuggini de li nonni mia. Ho vistu le fotocrafie de li parenti mia. ‘n quistu piriutu ziu ha festeggiatu li 100 anni. La prunipute è nata ‘n quigliu stessu giurnu. La famiglia nostra ha ‘vutu tantu da festeggia’ e facesbuch c’ha fattu sintì prisenti ‘n queste occasiuni filici. Cuscì la distanza scumpare, l’oceanu se vapurizza, e ‘na pandimia è stata messa da parte pe’ portà la gioia a la famiglia mia”

      Toni Baldorossi -Kernersville, USA

      Prefazione

      L’indrotuzione

      Una foto è un po’ come uno specchio, ci aiuta a meglio osservare il nostro volto, il nostro tempo e anche la nostra anima. Tuttavia, i particolari, oltre il volto, spesso ci aiutano a cogliere aspetti e situazioni che a prima vista sfuggono. Queste foto sono parte della nostra vita, del nostro tempo passato e di quello futuro, ci aiutano a radicare la nostra esistenza.

      Le foto sgualcite, ingiallite, sbiadite, consumate dal tempo così come sono, senza trucco! Come i nostri uomini e donne!

      Genti di montagna, aggrappate tenacemente a questo angolo della nostra verde Umbria, resilienti alle prove della dura vita eppure felici e sorridenti.

      Con l’abito nuovo nei giorni della festa e con gli scarponi in quelli delle dure prove della vita e del lavoro.

      Un angolo d’Umbria, dove la vita scorre lenta e il tempo dura più a lungo.

      In Umbria, in Valnerina, a Polino con la sua gente.

      ‘Na fotocrafia po’ esse come nu specchiu, c’aiuta a capì megliu la faccia che c’avemu, lu tempu nostru e anche l’anima nostra. Bisogna ‘nparà a guardà li particulari, parecchie vorde so quisti a facce capì cose che a prima vista non vedemo. Ste fotografie facciu parte de la vita nostra, de lu tempu passatu e de quigliu futuru, c’aiutanu a radicacce l’esistenza.

      Le fotocrafie piecate, ‘giallite, scolorate, cunsumate da lu tempu cuscì come so’, senza truccu! Come l’ommini e le femmene nostri!

      Genti de muntagna, appiccicate forte a st’angulu de l’Umbria verde nostra, resistenti a le prove de la vita dura ma sempre felici e cuntenti.

      Co’ l’abitu novu li giorni de festa e co li scarpuni li giurni de le prove dure de la vita e de lu lavuru.

      N’angulu d’Umbria, dove la vita passa lenta e lu tempu dura de più.

      In Umbria, in Valnerina, a Puglinu co’ la gente sia.

      E ora partiamo, indietro nel tempo verso le nostre radici

      e mo’ iemo, ‘ndietro ne lu tempu a trovà le radiche nostre

      “Mi raccomando, fate silenzio, saranno le nostre mani a parlare”

      “m’arcommanno, stete zitti, saro’ le manu nostre a parlà”

      1927, i nonni paterni Francesca e Reantino

      1927, li nonni paterni Francesca e Riantinu

      1967, quarant’anni dopo, Reantino alle prese con il tubo per travasare il vino

      1967, quarant’anni dopo, Riantinu a le prese co lu tubu pe’ travasà lu vinu

      1937, la famiglia materna: Giuseppe e Antonella con i figli

      1937, la famiglia materna de Giuseppe e ‘Ntonella co li figli

      Anni ’50, Giuseppe e la mucca. Molte famiglie possedevano una o due mucche per il latte, il vitello e il lavoro nei campi

      L’anni ’50, Giuseppe co la vacca. Tante famiglie c’avevanu una o du vacche pe lo latte, lu iengu e pe’ ara lu campu

      Prologo

      La Valnerina e i lupi

      La storia di Tulle, Riccio e Black

      Il lupo ha fortemente inciso sulla vita delle popolazioni della Valnerina, rappresentando spesso una fonte di preoccupazione e danno per la pastorizia. Intorno al lupo sono sorte storie e leggende e non poteva che essere così. Siamo in Umbria, la storia più conosciuta è quella di San Francesco e il lupo: la bestia feroce e pericolosa che minaccia le greggi e si spinge vicino alle abitazioni è ammansito dal Santo. Accanto alla storia famosa ci sono mille altri episodi che narrano i lupi come essere malvagi e pericolosi che predavano le greggi e impoverivano i pastori. Ecco allora nascere la figura del luparo, cacciatore di lupi: li trovava e li uccideva. Poi, un bel giorno qualcosa andò diversamente.

      La storia di “Tulle, Riccio e Black” i tre lupetti di Polino Tutto accadde a Polino nell’autunno del 1955. Ciro, la guardia comunale, in uno dei suoi soliti giri tra le montagne del paese, si imbattè in tre piccoli lupi che girovacavano da soli tra i boschi. Sorpresi e impauriti cercarono di nascondersi dietro a un anfratto, ma l’uomo riusci a scorgerli di nuovo e, dopo essersi accertato che nelle vicinanze non ci fosse la lupa, si avvicinò ai lupetti. Riccio, incuriosito, scorgeva la testa e dopo poco sembrò aver perso ogni paura; anche gli altri due pian piano fecero lo stesso. La guardia aveva con sé il pane e la mortadella della colazione che non aveva ancora consumato. Senza fare mosse brusche, tirò fuori dallo zaino il cibo e lo avvicinò ai piccoli lupi. Riccio fu il primo ad assaporare la mortadella e poco dopo anche gli altri fecero la stessa cosa. Ciro si avvicinò ai lupacchiotti e li prese con sé, ne ripose due nello zaino abbastanza ampio e tenne in braccio il terzo, una femminuccia. In altre circostanze la vita dei tre lupi sarebbe stata segnata; quel giorno, la guardia decise diversamente. Così prese il sentiero che portava verso Polino e si incamminò abbastanza velocemente. Nel paese, in un batter d’occhio, tutti accorsero verso la stalla di Ciro, infatti è lì che sistemò i tre lupetti, che vennero chiamati: Tulle, Riccio e Black. Per un po’ di tempo quella stalla fu la loro casa, poi, visto che crescevano rapidamente, furono portati nel giardino della rocca dove rimasero per molto tempo. Divennero una vera e propria attrazione, tanto che attirarono parecchie persone che giungevano a Polino incuriosite dai tre lupi. Quanto al cibo, tutti collaboravano, tuttavia per la carne era un macellaio di Arrone, Scaccetti, a inviare a Polino gli avanzi della sua macelleria. I lupi continuavano a crescere e ben presto si capì che non era una buona scelta quella di tenerli rinchiusi nel giardino della rocca. Il proprietario di un grande gregge, che veniva in transumanza nei mesi estivi

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