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scena?”

      “Mi sembra piuttosto ovvio,” disse Trembley.

      “Forse troppo ovvio,” intervenne la detective Bray.

      “Può darsi,” le concesse Trembley. “Ma ad ogni modo, mi pare chiaro che chiunque sia il colpevole, fosse al corrente del film e della storia di fondo. Magari un fan ossessivo. Magari qualcuno che aveva lavorato al film. Ma mi pare assodato che Petali e irascibilità è in qualche modo rilevante in tutta questa faccenda. Questo rinforza la mia sensazione che sia necessario parlare con Boatwright.”

      “Non mi oppongo,” disse Jessie con tono vago mentre la sua attenzione veniva distratta da un ometto rosso in volto che stava venendo verso di loro a grandi passi. “Detective Bray, puoi farci sapere chi è il tizio arrabbiato che sta venendo verso di noi?”

      La Bray si guardò alle spalle e il suo corpo si afflosciò visibilmente.

      “Quello è Anton Zyskowski. È il regista. Non è un simpaticone. State all’occhio.”

      Zyskowski si fermò davanti a loro e fissò Trembley in faccia, ignorando del tutto Jessie.

      “Lei è il detective speciale?” chiese con tono invadente, fissando Trembley che, come Jessie, era di quindici centimetri più alto.

      “Detective speciale?” ripeté.

      “Quello che gestisce i casi speciali,” disse l’ometto con ovvia frustrazione. “Questa donna dice che non si può fare niente di film fino a che arriva detective speciale.”

      “Mi sa che sono uno dei detective speciali,” gli concesse Trembley. “Siamo una squadra.”

      “Squadra non vuol dire niente per me. Ho bisogno che persona responsabile chiude tutto, così io posso andare avanti con le riprese. Ogni ora senza girare è milioni di dollari spesi. Tempo è molto importante.”

      Jessie si morse la lingua, aspettando di vedere come avrebbe reagito Trembley. Il giovane detective guardò l’ometto dall’alto in basso. Iniziò a bofonchiare qualcosa sulle procedure che Jessie non capì. Dubitava seriamente che il regista lo comprendesse.

      Quando fu chiaro che Trembley era in difficoltà, si fece avanti lei. Zyskowski si voltò a guardarla un secondo, poi tornò con lo sguardo su Trembley.

      “Anton, vero?” chiese Jessie educatamente.

      “I miei amici dicono Anton,” le rispose lui, guardandola con sdegno. “Chiunque sia lei, può dire signor Zyskowski.”

      Di lato, la detective Bray si irrigidì. Jessie le fece l’occhiolino. Poi mostrò il suo sorriso più finto e smagliante.

      “Mi chiamo Jessie Hunt. E il fatto è questo, Anton,” disse, sottolineando con decisione il nome. “Il tempo sarà anche molto importante per te. Ma sai cosa conta di più per noi? Il cadavere sul pavimento a mezzo metro da te. E considerato il fatto che il cadavere è quello della donna che aveva il ruolo di protagonista nel tuo film, avrei pensato che fosse importante anche per te.”

      “Certo che è importante,” ribatté lui, leggermente scioccato dall’affronto. “Non dico che non è importante. Ma io ho responsabilità di questo film. Più di trecento lavori dipendono da me. Non posso solo essere triste per Corinne. Devo pensare a lavoro degli altri. Devo pensare a investimenti di studio. Non è felice da dire, ma devo essere forte, così lavoro continua, anche dopo morte.”

      “Bene, Anton,” disse Jessie, per niente scomposta. “Il lavoro dovrà aspettare fino a che saremo pronti a liberare la scena del crimine. Francamente, sono sorpresa che tu possa addirittura andare avanti senza di lei.”

      Guardò mentre Anton cercava di contenersi, anche se il suo volto arrossiva, assumendo una colorazione molto vicina al viola.

      “Scene di Corinne quasi finite,” spiegò. “Quelle che restano, possiamo usare controfigura. Usare anche immagini generate da computer se serve. Ma film ha altri 4 giorni di riprese senza di lei. Quelli posso fare senza problemi.”

      “Temo che non girerai più niente su questo set fino a che la scena del crimine non sarà stata sbarazzata,” lo informò Jessie. “Diverse altre aree vanno controllate per raccogliere impronte digitali e altre potenziali prove. Potrebbero volerci molte ore. Ti consiglio di girare le scene che ti mancano da qualche altra parte.”

      Anton sembrava avere la testa sul punto di esplodere.

      “Tutti i set sono in studio di registrazione,” protestò. “No possibile girare da altre parti.”

      “Non ci possiamo fare niente, Anton. Ma ecco cosa ti propongo: facciamo che i tuoi collaboratori adesso danno alla detective Bray, qui, la lista completa di tutti coloro che erano sul set ieri sera. Dobbiamo parlare con tutti quanti. Se non sono già qui, fateli venire. Vi concediamo qualche ora. Questo permetterà alla squadra omicidi di finire il loro lavoro e a me e al mio collega di controllare alcune piste. Quando i medici legali avranno ripulito la scena e noi avremo parlato con tutti i tuoi collaboratori, potrai ricominciare con le riprese. Come ti sembra?

      “Questo è centinaia di migliaia di dollari di costo per lo studio,” ribatté Anton. “Forse milioni.”

      Jessie scrollò le spalle affabilmente.

      “Allora ti suggerisco di accertarti che tutti i collaboratori siano qui, pronti a essere interrogati. Più siete preparati, più velocemente potrete dimenticarvi della vostra attrice morta e tornare al lavoro.”

      “Mi chiedo se avete autorità per questo?” le chiese Anton con tono di sfida.

      Il sorriso di plastica che Jessie si era stampata in volto per l’intera conversazione svanì in un lampo.

      “Signor Zyskowski – Anton – stai pure certo che anche se non sono un ‘detective speciale’, sono molto probabilmente la persona responsabile qui. Ti suggerisco caldamente di non farmi incazzare più di quanto tu abbia già fatto. Quindi raccogli la tua gente e aspetta il nostro ritorno. Ora, se vuoi scusarmi, abbiamo del lavoro da fare.”

      CAPITOLO NOVE

      L’ufficio di Miller Boatwright si trovava a dieci minuti a piedi da lì.

      Jessie e Trembley si incamminarono, lasciando la detective Bray a organizzare il programma degli interrogatori che sarebbero stati fatti a cast e staff più tardi. Senza Paul, l’addetto alla sicurezza, a guidarli, si persero due volte, ma alla fine trovarono l’ufficio nel palazzo Fairbanks, poco distante da dove avevano parcheggiato.

      Mentre si avvicinavano, Trembley tossì leggermente, in un modo che suggeriva che stava per affrontare un argomento scomodo.

      “Cosa c’è, Trembley?” chiese Jessie, non volendo aspettare chissà quanto perché il giovane detective trovasse il coraggio.

      “Cosa? Niente.”

      “Chiaramente c’è qualcosa,” insistette lei. “Dimmelo subito, così qualunque cosa ci sia che ti gironzola per la mente, non ti distrarrà quando staremo parlando con Boatwright. Ho bisogno di averti concentrato.”

      Trembley sembrava essere in completo dissidio con se stesso, ma alla fine parlò.

      “È solo che sembri molto aggressiva su questo caso. Pensavo che Decker volesse metterci a lavorare in coppia perché tu hai più esperienza con i casi di alto profilo e sei più… diplomatica. Credo si aspettasse che tu coccolassi un po’ questa gente, per metterli a loro agio e indurli a parlare. E invece sembra che ti stia impegnando a demolirli.”

      “Penso che tu faccia abbastanza coccole per entrambi,” gli rispose Jessie con tono deciso. “E poi, per come la vedo, sono un agente libero. Non lavoro più per il Dipartimento di Polizia di Los Angeles. Sono solo una consulente per questo caso, quindi non sono più vincolata da tutte quelle dinamiche burocratiche. Se qualcuno si lamenta e Decker non è contento di me, può benissimo scaricarmi e io potrò cercare di fissare più colloqui con le università. Credo di voler dire che, con tutto quello che ho passato recentemente, ho perso la pazienza e non me ne frega niente di nessuno. Mi interessa solo il caso in sé.”

      Trembley annuì, chiaramente

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