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a questo giovane idiota, con le sue scarpe scintillanti e il suo sorriso da ragazzo ricco. Ma non poteva nemmeno tornarsene a casa così; non poteva limitarsi a restarsene seduta sul divano con i suoi gatti con lo sguardo perso nel vuoto, né poteva continuare a presentarsi davanti alla casa di Shelley di notte. Aveva un dovere, non solo nei confronti della sua partner morta ma anche verso le vittime, che chiedevano giustizia. E delle vittime che sarebbero morte nei giorni e nelle settimane seguenti se l’assassino non fosse stato catturato.

      I gatti sarebbero stati bene senza di lei. La sua mangiatoia a rilascio lento si sarebbe presa cura di loro. E non c’era nessun altro al mondo che avesse bisogno di lei. Non quanto questo caso.

      Avrebbe dovuto reprimere le obiezioni che le bloccavano la gola, minacciando di soffocarla se non le avesse sputate. Sapeva che era quello che Shelley avrebbe voluto che facesse.

      Aprì la bocca per dare la sua risposta, seppur pentendosene immediatamente.

***

      Zoe lesse nuovamente i dettagli del caso per prendervi confidenza. Il volo era breve, ma aveva abbastanza tempo per memorizzare tutte le informazioni e iniziare a pensare ai passi da fare una volta atterrati. Tanto per cominciare, avrebbero dovuto dare un’occhiata all’ultima scena del crimine e ad entrambi i cadaveri.

      “Ti dispiace leggerlo ad alta voce?” Flynn, seduto accanto a lei, stava disperatamente cercando di dare un’occhiata ai fogli, senza però avere successo. Le sue lunghe gambe erano stranamente piegate nell’angusto spazio del sedile dell’aereo, mentre i suoi gomiti erano una costante minaccia allo spazio personale di Zoe. “Vorrei farmi trovare pronto.”

      Zoe sospirò sommessamente, desiderosa che lui la lasciasse in pace. Ma la sua non era certo una richiesta irragionevole. È solo che non sapeva che avrebbe dovuto tradurre tutto nella sua mente, rimuovere i numeri che vedeva dappertutto e leggere il testo come un robot. Nessun contesto, nessuna inflessione, soltanto le parole scritte sulla pagina. Per lei era difficile farlo, esattamente come sarebbe stato difficile per un neonato leggere quelle pagine.

      “Il primo cadavere è stato ritrovato a nord della città di Syracuse, e il secondo proprio a Syracuse,” disse. “La prima vittima era una donna di quarantuno anni di nome Olive Hanson, strangolata e lasciata nei pressi di un’ansa del fiume Oneida dove, a quanto pare, stava facendo un’escursione.”

      Zoe gli passò le foto della scena del crimine, immagini che aveva già studiato. La donna era distesa sulla riva, il suo collo era violaceo mentre il resto era pallido e indistinto; i suoi occhi fissavano il vuoto. Poi l’immagine finale: l’addome esposto, la maglietta sollevata senza indizi di manomissione dei suoi vestiti, e il simbolo inciso nella sua carne già fredda. Risaltava nettamente, come succedeva sempre in casi del genere. Un taglio che squarciava la pelle bianca, macchiandola di rosso e dandole la consistenza della carne in scatola.

      Zoe fissò le mani di Flynn. Non riusciva a concentrarsi sul suo viso e leggere la sua espressione, non con tutti gli angoli e i calcoli nuovi che la travolgevano ogni volta che i muscoli dell’uomo si contraevano. Ma poteva prestare attenzione al tremolio. E lo vide, non appena lui passo all’ultima foto: un tremito della sua mano che fece sussultare leggermente anche la carta. Ne era sconvolto.

      Era un bene. La paura l’avrebbe reso più facile da controllare, da zittire quando lei avrebbe avuto bisogno di tempo e spazio per riflettere. E voleva anche dire che era umano, che aveva quell’empatia di cui Zoe, a detta di tutti, era carente. In termini pratici, era un bene avere accanto una persona empatica che parlasse alle famiglie delle vittime: quando percepivano che qualcuno capiva il loro dolore, erano più disposti a dire la verità.

      Zoe prese gli altri due fogli, leggendo con attenzione le informazioni che vi erano riportate. “Anche la seconda vittima è una donna. Un’astronoma di nome Elara Vega, trovata morta nel planetario dove lavorava. Cinquantanove anni. Si presume che sia morta la sera prima del suo ritrovamento. È stata affogata in un secchio per pulire i pavimenti.”

      Queste foto mostravano una storia simile alla prima, se non esattamente la stessa. Il corpo lasciato disteso nel punto in cui era caduto, i capelli ancora bagnati. Anche la sua maglietta era stata tirata su, i bottoni inferiori erano stati slacciati per permettere all’assassino di incidere quel simbolo sulla sua pelle. Una linea dritta superiore e poi due linee parallele verso il basso.

      “Quindi non esiste una vera e propria correlazione tra le due vittime, se si esclude il simbolo,” disse Flynn. Stava esaminando con attenzione le immagini, confrontandole. “Nessuna corrispondenza in termini di luogo, metodo, tipo di donna; l’unico elemento in comune è l’età avanzata. Ma gli agenti che se ne sono occupati pensano che i casi siano collegati.”

      “È palese che lo siano,” affermò Zoe, sforzandosi di mantenere la calma. “Il simbolo è un biglietto da visita. Indica che gli omicidi sono stati commessi dalla stessa mano.”

      “Uhm.” Flynn le restituì le fotografie, guardandola mentre le riponeva nel fascicolo. “Ehi, ho sentito dire che sei nell’FBI da parecchio.”

      “Ho dieci anni più di te,” rispose Zoe. Voltò la testa per guadare fuori dal finestrino dell’aereo. Sarebbe stato perfetto se Flynn avesse fatto silenzio. Finché guardava fuori e ignorava il vetro del finestrino, poteva concentrarsi su quelle nuvole bianche e soffici, del tutto prive di numeri.

      “Hai anche avuto un sacco di partner, non è così?” domandò Flynn. “Mi hanno parlato di te quando sono stato assegnato.”

      Zoe si irrigidì. Se le avesse chiesto di Shelley, si sarebbe alzata e si sarebbe diretta verso la parte anteriore dell’aereo, fingendo di dover usare il bagno. Non voleva farlo: uno spazio così ristretto sarebbe stato pieno di numeri; le dimensioni ridotte di una stanza rimpicciolita alla grandezza di un armadio. Ma sarebbe stato meglio che parlare di Shelley. Insomma, chi mai avrebbe voluto parlare dei propri fallimenti più grandi? Soprattutto quando erano così recenti e pesavano così tanto.

      “Mi hanno detto che sei particolarmente in gamba quando si tratta di risolvere questi casi complicati,” disse. Si era avvicinato a lei, quasi impercettibilmente. Questione di millimetri. “Sei una sorta di genio o cose del genere.”

      “Davvero?” domandò seccamente Zoe; non aveva intenzione di abboccare.

      “Sì. Mi hanno detto che imparerò molto lavorando con te.”

      “Chi te l’ha detto?” domandò Zoe, voltandosi per guardarlo negli occhi. Voleva sapere chi aveva parlato di lei alle sue spalle, anche se non avrebbe fatto molta differenza. Il sorriso spavaldo sul viso di Flynn tentennò e svanì, mentre i muscoli che circondavano la sua bocca si contrassero.

      “Beh, insomma, un po’ tutti,” disse Flynn con voce insicura. Si spostò di nuovo, allontanandosi da lei e riprendendo la sua posizione precedente. “Voglio dire, magari riusciremo a risolvere velocemente questo caso lavorando insieme, no? Magari potrei gestire tutto io e tu potresti dirmi se mi sta sfuggendo qualcosa.”

      Zoe continuò a fissarlo per un istante, sbattendo le palpebre una sola volta con aria sbalordita, dopodiché si voltò per riprendere a guardare fuori dal finestrino.

      Non le piaceva questo Aiden Flynn. Era arrogante, forse anche più della maggior parte delle nuove reclute. Un novellino che non aveva ancora scoperto i propri limiti. Forse le sue origini avevano qualcosa a che fare con questa sua spavalderia. Molto probabilmente non era abituato a sentirsi dire di no.

      Non era interessata a condividere niente con lui, men che meno le sue abilità. Doveva ancora capire bene se fossero un dono o una maledizione, ma in ogni caso non voleva affatto che un estraneo ne venisse a conoscenza. Non soltanto si trattava di una cosa che non confidava a nessuno – o quasi – ma sarebbe anche stato un insulto alla memoria di Shelley. Soltanto un partner in tutta la sua carriera aveva spinto Zoe a rivelare il suo vero io.

      Questo giovane arrogante, con i suoi capelli lucenti e l’abito su misura, non sarebbe entrato nell’elenco.

      Il che significava che Zoe sarebbe stata costretta a combattere su due fronti: da un lato, avrebbe dovuto tenere a bada i numeri che minacciavano costantemente di travolgere i suoi sensi per poter risolvere il caso, e dall’altro, impedire al pivello di capire

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