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di aver aiutato.” Ma mentre lo diceva, Marie si sentiva un'imbrogliona. Lei non aveva fatto niente. Era tutto merito di Boo. L'unica cosa che aveva fatto Marie era stata dare un passaggio a Boo per portarlo a Bloom Gardens.

      “Posso chiedere una cosa, però?” chiese la signora Grace.

      “Certo.”

      “Come c'è riuscita?”

      Marie aggrottò le sopracciglia. Si accorse, da quella semplice domanda, che più si fosse spinta in quella faccenda, più sarebbe stata costretta a mentire. Non le piaceva mentire e, oltretutto, non ne era mai stata particolarmente capace.

      “A essere sincera, non lo so,” disse. “Se ci sono riuscita, non me ne sono nemmeno accorta. È una cosa che è iniziata di recente, l'ho scoperta nel mio bed-and-breakfast.”

      “Beh, sono una donna di parola. La pagherò generosamente. Signorina Fortune, glielo giuro, mi sento come se fossi in una nuova casa. Ora… se solo potessi diffondere la notizia che questo posto è cambiato completamente…”

      Marie non poté fare a meno di sorridere. “Se trova un'idea vincente, informi anche me. Siamo un po' nella stessa barca, sa.”

      Le due donne parlarono dei dettagli per il pagamento, e Marie ancora una volta percepì un vago senso di colpa. Stava per intascare un bel gruzzolo per una cosa che aveva fatto il suo cane. Si chiese cosa avesse in mente esattamente Brendan quando aveva detto alla signora Grace la prima bugia innocente, che conosceva questa specie di disinfestatrice di fantasmi a Port Bliss.

      Quando chiuse la chiamata, Marie si sentì confusa. Certo, si sentiva in colpa per aver detto una menzogna, ma c'era anche il sollievo del denaro. Inoltre, sembrava proprio che la piccola performance di Boo a June Manor, dopo tutto, non era stata una semplice combinazione. A quanto pareva, aveva un cane capace di scacciare i fantasmi.

      Tornò al banco della reception e gettò uno sguardo in direzione delle scale. Ripensando alla recente scoperta di quella piccola stanza misteriosa e dello strano libro che custodiva, oltre che all'arrivo di Atticus Winslow, Marie ebbe la sensazione che il suo mondo stesse per sfuggire improvvisamente dal suo controllo. La cosa strana era, però, che si trattava per certi versi di un caos positivo. Faceva soltanto ancora un po' fatica ad abituarcisi.

      Si diresse nuovamente verso la sala da pranzo, sperando di potersi scusare come si deve con Posey per averla sbolognata in quel modo un po' brusco. Ma a dire il vero non vedeva l'ora di potersi concentrare pienamente sulla stanza segreta nascosta nello sgabuzzino al piano di sopra. A metà corridoio, però, il suo telefono suonò ancora. Alzò gli occhi al cielo e fece un respiro profondo. Cos'altro le riservava quella giornata?

      Quando vide il nome sullo schermo, sorrise. E la genuinità di quel sorriso la mise un po' a disagio. Rispose alla chiamata, assumendo un tono scherzosamente scocciato.

      “Brendan Peck,” disse seccamente. “Cosa vuoi?”

      “Marie! Ma allora sei viva!”

      “Ebbene sì, furbone. Ma non grazie a te.”

      “Questo mi ferisce. Ma… devo supporre che l'operazione Bloom Gardens è stata un successo?”

      “Lo è stato. Ho appena ricevuto una chiamata di ringraziamento dalla signora Grace. Sembrava molto sorpresa e grata. Ma mi sento malissimo per averle mentito, per averle fatto credere che siano miei tutti i meriti per aver… ripulito casa sua.”

      “Beh, ma in un certo senso è così, no? Boo è il tuo cane. Ti segue ovunque vai, ti obbedisce e così via. Non credo che sia sbagliato se ti prendi il merito.”

      “Sei bravissimo a distorcere la realtà, lo sai?”

      “Eh sì, deformazione professionale.”

      “Com'è andato il tuo convegno?”

      Sembrò sorpreso che glielo chiedesse, ma fu felice di rispondere. Marie rimase ad ascoltarlo, poi toccò a lei iniziare a raccontare. Fu lui a chiedere i dettagli di ciò che era avvenuto a Bloom Gardens. E mentre Marie gli raccontava tutto, si rese conto che era davvero entusiasta di ripercorrere quegli eventi e di descriverli passo dopo passo.

      Le fece pensare che, per quel che riguardava le questioni paranormali, ormai era quasi passata dall'altro lato della barricata.

      Ebbe la tentazione di raccontargli la scoperta della stanza segreta e del libro al primo piano. Si immaginò che Brendan avrebbe voluto assolutamente sfogliarlo, e fu proprio per quello che invece non gli disse nulla. Voleva prima di tutto capire cosa fosse esattamente quella stanza.

      “Beh, senti. Nelle prossime settimane c'è la possibilità che vada a Bangor. Ci sarà una sorta di convegno su Stephen King e io sono praticamente un esperto di Shining, quindi…”

      “Dici sul serio?”

      “Hai visto il tipo di fan che attiro?”

      “Eccome. Ehi, tra l'altro, per caso conosci un certo Atticus Winslow?”

      “Non mi dice niente. Pare un nome da vampiro.”

      Ripensando all'aspetto dell'uomo, Marie si accorse che in effetti gli si addiceva. “Ad ogni modo… Bangor, dicevi?”

      “Dato che sarò di strada, mi piacerebbe passare per un saluto. Mi puoi riservare una stanza tra due settimane?”

      “Sarebbe splendido,” disse lei. Poi, pensando alla stanza che aveva appena scoperto, aggiunse: “E penso di avere proprio la stanza giusta per te.”

      “Suona promettente.”

      “Bene. Possiamo…”

      Mentre parlava, il telefono fece un trillo, un suono di notifica con cui non era molto familiare. “No, ma è una presa in giro?” commentò, senza che quell'osservazione fosse rivolta a nessuno in particolare.

      “Qualcosa non va?” chiese Brendan.

      “No, è solo che il mio telefono oggi non mi lascia mai tranquilla. Un secondo solo…”

      Guardò il telefono e vide che sullo schermo era comparso un promemoria. Quando lo lesse, il cuore le si paralizzò un istante. Lo aveva impostato parecchio tempo prima, quasi due anni ormai, ma se ne era completamente dimenticata. Vedendolo, ogni brandello di felicità o gioia che era riuscita a racimolare quella mattina iniziò lentamente a dissolversi.

      “Brendan, devo andare. Ma ci vediamo tra due settimane, vero?”

      Lui rispose, ma lei quasi non lo sentì. Terminarono la chiamata e Marie osservò di nuovo il promemoria. Leggendolo, non poté fare a meno di pensare che il tempismo era perfetto. In fondo era appropriato che quella scadenza ricorresse proprio ora che abitava a Port Bliss.

      Non la fece diventare triste in sé e per sé, ma di certo le butto giù l'umore. Rilesse quel promemoria molto semplice più e più volte, cercando di capire che sentimenti le suscitasse. C'era scritto:

      Oggi, sono 25 anni esatti che è scomparsa mamma.

      CAPITOLO OTTO

      Marie uscì sul molo di West Tide Avenue, pensando ancora alla stanza segreta che aveva scoperto a June Manor. Si pentì di non averla esplorata immediatamente, ma sapeva che dedicarsi a quell'attività l'avrebbe distratta da questa piccola escursione che aveva rimandato per troppo tempo. Avrebbe dato un'occhiata alla stanza quando sarebbe tornata alla villa. Per il momento… beh, era tempo di rivolgere lo sguardo indietro al proprio passato.

      Il molo di West Tide Avenue si trovava sul margine occidentale di Port Bliss. Erano le due del pomeriggio e sul pontile c'era una sola persona, con la lenza gettata nell'acqua. A una prima occhiata quel molo non aveva niente di speciale; era soltanto una piccola propaggine di una passerella di legno che collegava qualche negozio di articoli per la spiaggia e un centro di attrezzature per pescatori. Ai lati alcune barche ondeggiavano pigramente. Ma, secondo la prozia June, quello era l'ultimo posto dove era stata vista la madre di Marie.

      Perlomeno, questo era ciò che diceva la zia June. Per quel che se ne sapeva, Abigail Fortune si era allontanata da Port Bliss in auto, per poi non essere vista mai più. Ma Marie

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