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cominciò ad arretrare lungo il molo, mentre i soldati lo seguivano al ritmo tranquillo degli uomini che sanno che la loro preda non ha un posto dove scappare. Il problema era che sembravano avere ragione. Greave ripercorse tutte le cose che aveva letto sulle tattiche e sui trucchi dei grandi comandanti, tutti i giochi di strategia a cui aveva partecipato e che avrebbero aiutato un generale a imparare a comandare. Nessuno di essi sembrava avere una risposta per una situazione dove c’era un uomo che non sapeva niente dell’arte della spada e che avrebbe dovuto affrontare ciò che sembrava almeno una ventina di nemici, senza un posto dove scappare.

      Cosa avrebbe fatto Aurelle? Il pensiero lo colse tagliente e inaspettato, e una parte di lui voleva reprimerlo per quanto faceva male pensare al rosso dei suoi capelli o al verde intenso dei suoi occhi. Ma, in quel momento, non era quella la parte di lei a cui doveva pensare. Gli serviva la donna spietata che celava sotto la superficie, quella che aveva dato fuoco alla grande biblioteca di Astare solo per poterli…

      Tutto qui.

      Greave continuò a indietreggiare, ad arretrare fino a quando non fu all’altezza dei barili di catrame. Con un grande sforzo, ne rovesciò uno, riversandone il contenuto sulla banchina. Prese la pietra focaia e l’acciarino dalla sua cintura e vide gli occhi dei soldati spalancarsi.

      “Non volete farlo,” disse quello davanti. “Morireste.”

      “In realtà,” rispose Greave, “ho il sospetto che con il vento in questa direzione e il carburante che scorre via da me, ci sono buone probabilità che io sopravviva a tutto questo. Mentre voi…”

      Produsse le scintille con la pietra focaia e le fece cadere sul catrame. Questo ruggì in risposta e Greave dovette gettarsi all’indietro sull’estremità del molo, mentre la fiammata divampava. In pochi secondi, acquisì controllo sul molo e anche di più. Quei soldati che non riuscirono a fuggire abbastanza in fretta caddero urlando, cercando di spegnere l’incendio mentre li divorava.

      Il fuoco sfrecciò lungo il molo, catturando altri barili di catrame. Greave li sentì vibrare tutti mentre esplodevano dietro al calore e altre fiamme si innalzavano alte nell’aria. Il molo sbandò mentre le sue travi si spaccavano per la tensione, e Greave dovette lottare per mantenere l’equilibrio.

      Il calore del fuoco era immenso, come il ruggito di una fucina in una giornata estiva. Rivendicava i rifornimenti lungo il molo con l’avidità che solo il fuoco poteva avere, e una parte della mente di Greave ripescò tutto ciò che aveva letto sulle proprietà delle fiamme, sui modi in cui gli studiosi avevano teorizzato che tali cose potevano essere estratte dall’aria con nient’altro che combustibile e scintille. Niente di tutto ciò sembrava sufficiente a spiegare il modo in cui il fuoco stava inghiottendo la strada lungo il porto di Astare, dirigendosi adesso verso gli altri moli, diffondendosi con una tale velocità che impediva ai soldati di sfuggire alla sua furia.

      Il fuoco sul molo non era meno intenso; le sue travi si muovevano mentre le fiamme ne consumavano la colla e la corda che le tenevano sul posto. Greave ebbe un attimo di tempo per chiedersi se quello fosse il più ben calcolato dei piani, dopotutto. E poi stava cadendo, precipitando nel freddo scioccante dell’acqua.

      Schegge e stecche di legno schizzarono come pioggia nell’acqua intorno a lui, sembravano poterlo colpire da un momento all’altro, eppure nessuna lo fece. Greave trattenne il respiro, e cercò di contenere la paura delle cose che potevano essere in agguato. Aveva visto in prima persona quanto potevano essere pericolose le creature delle acque profonde e poteva solo sperare che lì, vicino al molo, non vi fosse niente di così pericoloso. Persino da sotto l’acqua, poteva sentire il calore delle fiamme sopra di lui, vedere la luce tremolante del fuoco che sembrava diffondersi per riempire il mondo.

      Quando i suoi polmoni non ressero più, Greave riemerse.

      Il porto era ridotto a un inferno e tutto ciò che era visibile era in fiamme; persino le grandi navi vicino ai moli avevano dovuto virare e correre verso il mare aperto per evitare danni. Una non era stata abbastanza veloce e Greave vide il fuoco arrampicarsi sul suo sartiame come uno stoppino, illuminandone le vele che brillavano in alto. Si guardò intorno, cercando di trovare un modo per uscire da quel caos.

      Un’intera sezione del molo giaceva sopra l’acqua come una zattera, un quadrato di legno lungo forse due volte un uomo per lato. Nell’acqua circostante, alcune delle botti che erano state abbandonate galleggiavano. Greave nuotò fino a esse, pensando, cercando di capire quante gliene sarebbero servite. Lentamente, con una cura scrupolosa, cominciò a spingerle in posizione sotto la sezione spezzata, legandole con qualsiasi pezzo di corda trovasse.

      Ci vollero lunghi minuti, ma in quel momento nessuno era concentrato su di lui. Quando fu sicuro di aver fatto tutto ciò che poteva, si arrampicò sulla zattera improvvisata, afferrando una sezione di legno da usare come remo. La zattera traballò ma resse, e Greave cominciò a remare per allontanarsi dal porto. Non era sicuro di quanto si sarebbe spinto lontano in quel modo, né di quanto controllo avrebbe avuto una volta che le correnti lo avessero raggiunto, ma era meglio che restare lì. Aveva ancora con sé il metodo per fare la cura e non restava altro che trovare gli ingredienti.

      Astare bruciava alle sue spalle mentre se ne andava, ma, nonostante ciò, Greave partì con la speranza nel cuore.

      CAPITOLO SETTIMO

      “Riportatemi indietro!” Aurelle insisteva con il capitano del piccolo vascello che la stava trasportando fuori da Astare. “Ti prego, non posso lasciare Greave da solo. Morirà laggiù.”

      Non faceva alcuna differenza, come tutte le altre sue suppliche. Il capitano era un uomo grande e grosso, dal viso di pietra che non lasciava trapelare granché, ma adesso sorrideva.

      “Morirà senza di te lì a proteggerlo?”

      L’equipaggio intorno ad Aurelle rise e questo non fece che intorbidire ancora di più il disordine per il dolore, il lutto e la vergogna dentro di lei. Naturalmente, sapeva cosa vedevano quando la guardavano, la stessa cosa che era stata così attenta a proiettare fin dal momento in cui aveva incontrato Greave. I suoi capelli rossi potevano essere liberi di agitarsi al vento invece che essere raccolti in un’elaborata e nobile treccia, ma ogni cosa in lei era ingannevole: gli abiti nobili che la coprivano, la tagliente eleganza dei suoi lineamenti, la sua struttura sottile, tutto fino al semplice fatto che era una donna. Tutto ciò li portava a pensare che fosse qualcuno di debole e indifeso.

      Arretrò da lui, cercando di trovare un modo per farlo, per tornare da Greave e spiegargli le cose. Tutto sarebbe andato al suo posto, se solo avesse potuto dimostrargli… se solo avesse potuto dimostrargli che lo amava.

      Si aggrappò al parapetto della barca, cercando di capire se poteva in qualche modo tornare a nuoto da Greave, ma ormai era troppo lontano e, in ogni caso, le grandi navi del Regno del Sud l’avrebbero forse fermata prima che fosse giunta a metà strada.

      Doveva trovare un altro modo e la Casa dei Sospiri gliene aveva insegnati infiniti.

      Osservò i lavori sulla nave, cercando di capire se c’era un modo per farlo accadere per caso. Guardò una mezza dozzina di uomini che si muovevano in concerto per cercare di farla funzionare senza intoppi, ma era chiaro che non c’era modo di invertire la rotta senza il loro aiuto. Ma dopo, che cosa?

      Aspettò il momento in cui il capitano si diresse sottocoperta per un minuto o due, poi si infilò nello spazio dietro di lui, seguendolo, cercando di giudicare il modo migliore per farlo. Cosa avrebbe fatto per tornare da Greave? O, più precisamente, cosa non avrebbe fatto?

      “Sei qui per cercare di nuovo di convincermi a invertire rotta?” chiese il capitano mentre gli si avvicinava.

      “Esatto,” replicò Aurelle. “Devo tornare dal mio principe. Farò qualsiasi cosa per tornare indietro. Qualsiasi cosa.”

      Si avvicinò al capitano.

      “Credi davvero che funzionerà?” chiese lui.

      Aurelle estrasse un coltello e glielo premette contro la gola con un unico movimento fluido.

      “Riportami indietro, subito,” gli intimò.

      “Uccidimi e i

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