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e non fu affatto sorpresa. Quel bambino era un orologio svizzero.

      Andò da lui e lo prese in braccio. Il sorriso che le regalava sempre al risveglio dal suo pisolino mattutino era così somigliante a quello che le faceva Ellington quando si svegliava, che non poté fare a meno di ridere. Invece non la fece ridere l'odore di quello che aveva svegliato il piccolo. Gli cambiò il pannolino, lo vestì per la giornata e poi tornò fuori. Lì, lo sistemò nella sua sdraietta vibrante e controllò di nuovo le sue e-mail. C'era una richiesta di ricerca in attesa, ma conosceva già le risorse, così rispose all'e-mail inviando le informazioni in meno di dieci minuti.

      Un meccanismo ad orologeria. Routine. Pannolini sporchi. Sì, si rendeva conto di avere una vita piuttosto piacevole, ma non vedeva l'ora di tornare in un ambiente di lavoro vero e proprio.

      Era quasi ora di pranzo quando il telefono squillò. Il nome sul display inizialmente non aveva senso per Mackenzie: Greg McAllister. Poi però realizzò che era il nome di uno dei partner a cui era stato abbinato Ellington nei tre mesi in cui lei era stata relegata a casa. Era intenta ad agitare il biberon di latte in polvere per Kevin, quando si rese conto che poteva essere successo qualcosa di brutto. Probabilmente c'era solo una ragione per cui uno dei partner di Ellington avrebbe dovuto chiamarla, e non voleva nemmeno pensarci.

      Il telefono squillò tre volte, prima che riuscisse a costringersi a rispondere. “Pronto, qui agente White.” È sciocco che stia ancora usando il mio cognome, quando tutti al bureau si riferiscono a me, anche per scherzo a volte, come ‘signora Ellington’.

      “White, sono l'agente McAllister. Senti, va tutto bene per lo più, ma Ellington voleva che ti chiamassi per farti sapere che sta andando all'ospedale.”

      Appoggiò il biberon lentamente e guardò Kevin, appollaiato sul seggiolone su cui aveva appena imparato a sedersi comodamente.

      “Che cosa è successo? Sta bene?”

      “Sì, pensiamo di sì. Abbiamo fatto una visita a sorpresa a un sospettato in un caso di un traffico di droga su cui stavamo lavorando. C'è stato un breve inseguimento, ed Ellington è caduto dalle scale. Nel peggiore dei casi, ha un braccio rotto. Ha anche battuto la testa, ma non sembra essere troppo grave.”

      “Grazie. Sai qual è l'ospedale?”

      McAllister le diede tutti i dettagli. Mentre Mackenzie li memorizzava, cercò anche di decidere cosa fare con Kevin. Ellington la prendeva in giro perché era un po' troppo paranoica, quando si trattava della salute del figlio. Le tornò in mente ora, mentre terminava la telefonata con McAllister, perché non aveva nessuna intenzione di portare suo figlio di pochi mesi in ospedale, a meno che non fosse assolutamente necessario.

      È solo un braccio rotto, pensò. Riderà di me se faccio una scenata e mi precipito in ospedale.

      Ma voleva assicurarsi che stesse bene; era il colpo alla testa a preoccuparla. Si sarebbe sicuramente aspettata che lui venisse a trovarla, se la situazione fosse stata invertita. Guardò Kevin e si accigliò.

      “Ti va di andare a trovare il tuo papà, piccolo? Sembra che sia maldestro quanto te. Ha fatto un ruzzolone giù per le scale. Dovrei portarti in ospedale, però. Che ne dici?”

      Kevin sorrise e batté le manine sul ripiano del seggiolone in risposta.

      “Anch'io la penso così.”

      Anche se, onestamente, non poteva negare che quella visita imprevista all'ospedale per il braccio rotto del marito fosse la cosa più eccitante che avesse vissuto negli ultimi tre mesi.

      CAPITOLO DUE

      Poiché aveva subito un lieve colpo alla testa durante la caduta, Ellington era stato ricoverato in una sala esami, invece di farsi visitare il braccio da un ortopedico. Dopo aver compilato un modulo alla reception, Mackenzie lo trovò in un letto d'ospedale, con un aspetto assolutamente miserabile, non tanto per il dolore, quanto perché era costretto a stare seduto su un letto d'ospedale.

      Gli occhi gli si illuminarono un po' quando vide Mackenzie, poi ancora di più quando vide che aveva con sé il seggiolino.

      “Mio Dio, l'hai portato in ospedale.”

      “Stai zitto. Come stai? Come è successo?”

      “Beh, le radiografie hanno confermato che ho un polso rotto e una frattura del radio distale. Hanno appena finito il protocollo per la commozione cerebrale. Qualcuno dovrebbe arrivare a breve per mettermi il gesso.”

      Mackenzie sistemò il seggiolino sul bordo del letto d'ospedale, in modo che Kevin potesse guardare suo padre.

      “Hai almeno preso il tizio?” Mackenzie cercava di tenere il tono leggero, anche se la sconvolgeva più di quanto si aspettasse vederlo sminuire la cosa nonostante stesse evidentemente soffrendo.

      “Sì. In realtà gli sono caduto addosso quando sono arrivato in fondo alle scale. McAllister lo ha ammanettato e ha chiamato un'ambulanza per me.”

      Mackenzie non poté farne a meno: gli guardò la testa, trovando il punto in cui aveva chiaramente sbattuto. Era appena sopra l'occhio sinistro; non c'era gonfiore, ma c'era un taglio e uno scolorimento della pelle. Sembrava che avesse preso un debole colpo, piuttosto che uno scalino o un muro in faccia.

      “Non c'era bisogno che venissi, davvero.”

      “Lo so. Ma volevo farlo. Ho pensato che sarebbe stato un buon esempio da usare per mostrare a Kevin come deve sempre stare attento quando insegue i cattivi.”

      “Divertente. Ehi, sai... McGrath mi ha chiamato, stamattina. Detto tra noi, voleva sapere come stavi. Mi ha chiesto se pensavo che fossi pronta ad affrontare un caso. Credo che ne abbia uno pronto per te nelle prossime settimane.”

      “Questa è una buona notizia. Ma in questo momento vorrei concentrarmi su di te.”

      “Non c'è molto su cui concentrarsi. Sono caduto dalle scale e mi sono rotto un braccio.”

      Dietro Mackenzie, un medico entrò nella stanza portando con sé una serie di lastre. “Questo è sicuro” disse il dottore. “Una brutta rottura, per giunta. Non ci vorranno perni, come avevo inizialmente temuto, ma potrebbe volerci un po' più di tempo per guarire di quanto avessi previsto. Quella frattura del distale così vicina all’altra rottura... è una doppia sfortuna.”

      Mackenzie spostò il seggiolino di Kevin quando il dottore si avvicinò a Ellington. “Pronto a farti ingessare?”

      “Ho scelta?”

      “No, non ce l'hai.” Dal seggiolino, Kevin sbuffò, come a dirsi d'accordo.

      Mentre guardava il dottore che iniziava a preparare lo stampo del gesso nel grande lavabo dall'altro lato della stanza, Mackenzie si avvicinò a Ellington. “Non cercare di fare il duro. Come stai?”

      “Fa un male cane, ma mi hanno dato dell'ossicodone circa cinque minuti prima che tu entrassi, quindi dovrei essere a posto da un momento all'altro.”

      “E la testa?”

      “Mi fa un po’ male. Potrebbe essere peggio, ma è difficile capirlo, con tutto il dolore che si irradia dal mio braccio. Come ho detto, però, hanno controllato che non ci fossero segnali di una commozione cerebrale e...”

      Il telefono di Mackenzie squillò, interrompendolo. Controllò, dando per scontato che la chiamata fosse legata alla ricerca che aveva completato quella mattina. Quando vide il nome di McGrath sul display del telefonino, però, capì che non era così.

      “Hai fatto sapere a McGrath cosa è successo?” gli domandò.

      “No, ma ci ha pensato McAllister. Perché, è lui?”

      Mackenzie annuì mentre rispondeva alla chiamata, leggermente confusa. “Sono l'agente White.”

      “Ciao, White. Suppongo che abbia già sentito del piccolo incidente di Ellington?”

      “Sì, signore. Sono qui con lui proprio

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