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annuì e uscì dal vialetto. Tornarono verso la residenza Hopkins mentre, tra le nuvole da tempesta, le prime cominciavano a prendere lentamente posto davanti al sole.

      ***

      Cominciarono con il vicino alla destra della residenza Hopkins. Provarono con la porta principale ma non ebbero risposta. Dopo un’attesa di trenta secondi, Kate bussò di nuovo ma con lo stesso risultato.

      «Sai» disse Kate «dopo aver lavorato abbastanza a lungo in quartieri del genere, ci si aspetta quasi che almeno uno della coppia sia a casa.»

      Bussò un’altra volta, e quando alla porta non venne nessuno mollarono. Se ne andarono, attraversando il giardino degli Hopkins per avventurarsi dall’altro vicino. Nel mentre Kate scrutò la zona che stava tra le due case, oltre il prato. Vedeva a malapena i margini della casa visibile dalla finestra dell’ufficio di Karen Hopkins. Ne stava guardando il retro, dato che la parte anteriore era situata lungo una strada che apparentemente incrociava quella in cui vivevano gli Hopkins.

      Mentre andavano alla casa sulla sinistra, Kate si accorse delle prime gocce di pioggia che scendevano dalle nuvole di tempesta sparpagliate sulla loro testa. Presero i gradini non appena sentì il telefono vibrare nella tasca. Lo estrasse e controllò il display. Era Melissa. Un piccolo nodo di senso di colpa le strinse il cuore. Era sicura che la figlia stesse chiamando per deplorare il fatto che ieri notte avesse lasciato Michelle con Allen. E adesso, un po’ più lontana dalla sua decisione, Kate sentiva che Melissa aveva ogni diritto di essere arrabbiata.

      Ma sicuramente non era pronta a parlarne in quel momento, mentre salivano i gradini della casa del vicino. Stavolta bussò DeMarco. La porta venne aperta quasi subito da una donna dall’aria giovane che aveva in braccio un bambino di forse sedici o diciotto mesi.

      «Sì?» disse la giovane.

      «Salve. Siamo le agenti Wise e DeMarco dell’FBI. Stiamo indagando sull’assassinio di Karen Hopkins e speravamo di ottenere qualche informazione dai vicini.»

      «Be’, io non sono proprio una vicina» disse la giovane. «Ma forse sì. Mi chiamo Lily Harbor, faccio da tata per Barry e Jan Devos.»

      «Conosceva bene la coppia Hopkins?» chiese DeMarco.

      «In realtà no. Ci davamo del tu, ma forse parlavo con loro una o due volte alla settimana. E anche in quei momenti si trattava solo di un saluto veloce quando ci incrociavamo.»

      «Si era fatta un’idea di che tipo di persone fossero?»

      «Abbastanza rispettabili, a quel che ho capito.» Si fermò lì quando il bambino che aveva in braccio si mise a tirarle i capelli. Si stava facendo un po’ irrequieto. «Però, ripeto, non li conoscevo a livello profondo.»

      «I Devos li conoscono bene?»

      «Immagino di sì. Barry e Gerald di tanto in tanto si prestavano cose a vicenda. Benzina per il tagliaerba, carbonella per la griglia, cose del genere. Ma non penso che si siano mai davvero frequentati. Erano cortesi gli uni con gli altri, ma non proprio amici, sapete.»

      «Conosce qualcuno della zona che invece li conosceva bene?» chiese Kate.

      «No. La gente qui è piuttosto riservata. Questo non è esattamente un isolato festaiolo, sapete. Però… e mi fa male dirlo… se volete sapere tutto su praticamente chiunque del vicinato, andate dalla signora Patterson.»

      «Chi sarebbe?»

      «Vive sulla strada seguente. Dal patio dei Devos si vede casa sua. Sono piuttosto sicura che dal portico posteriore degli Hopkins si veda.»

      «Qual è l’indirizzo?»

      «Non so bene. Però è abbastanza facile da trovare. Sul portico ha dappertutto delle spaventose statue di gatti.»

      «Pensa che possa essere d’aiuto?» chiese DeMarco.

      «Penso che sia l’opzione migliore, sì. Non sono sicurissima di quanto saranno veritiere le informazioni che vi darà, ma non si sa mai…»

      «Grazie di averci concesso il suo tempo» disse Kate. Rivolse al bimbo un sorriso, e sentì la mancanza di Michelle. Le venne pure in mente che molto probabilmente sulla segreteria del telefono aveva un messaggio furioso di sua figlia.

      Kate e DeMarco tornarono all’auto. Per quando furono di nuovo in strada, la pioggia aveva cominciato a scendere un po’ più fitta.

      «Pare che questa signora Patterson che vive in una casa che si vede dal patio dei Devos possa essere quella che ho visto dalla finestra dell’ufficio di Karen Hopkins» disse Kate. «Tutti questi giardini collegati con solo delle recinzioni a dividerli… il paradiso di vecchie ficcanaso.»

      «Be’» disse DeMarco «vediamo che cos’è stata in grado di scoprire la signora Patterson.»

      ***

      Kate non poté evitare di accorgersi che gli occhi della signora Patterson si erano spalancati quando aveva visto due agenti dell’FBI sul suo portico. Non era uno sguardo di paura a toccarle il viso; era uno sguardo di entusiasmo. Kate immaginava che la vecchia stesse già pensando a come raccontare la storia alle amiche.

      «Ho sentito quello che è capitato a Karen, sì» disse la signora Patterson, come si fosse trattato di una medaglia al valore. «Povera cara… era una donna così affascinante e gentile.»

      «Quindi la conosceva» disse Kate.

      «Un pochino, sì» disse la signora Patterson. «Ma prego… accomodatevi.»

      Fece entrare in casa Kate e DeMarco. Come entrarono, Kate si girò a guardare ciò che aveva fatto capire loro di trovarsi nel posto giusto. C’erano otto diverse statue di gatti, ornamenti che parevano pizzicati direttamente a una stramba vendita dell’usato o a un mercato delle pulci. Alcuni erano proprio irritanti, proprio come aveva detto Lily Harbor.

      La signora Patterson le accompagnò nel soggiorno. C’era la tv accesa, sintonizzata su Good Morning America a volume piuttosto basso. Questo fece pensare a Kate che la Patterson fosse una vedova incapace di abituarsi a vivere sola. Da qualche parte aveva letto che gli anziani tendevano ad avere sempre il televisore o lo stereo accesi in casa dopo la perdita del coniuge, perché così la casa sembrava continuamente viva e attiva.

      Sistemandosi su una poltrona reclinabile, Kate guardò fuori dalla finestra del soggiorno che si trovava sul lato orientale della casa. Vide la strada e fece del suo meglio per valutare la disposizione del giardino e della via. Era piuttosto sicura di trovarsi proprio nella casa che aveva scorto dalla finestra dell’ufficio di Karen Hopkins.

      «Signora Patterson, mi chiarisca una cosa, per favore» disse Kate. «Quando siamo state a casa degli Hopkins, ho guardato fuori dalla finestra di Karen e ho visto una casa dall’altra parte del giardino sul retro. Era la sua, vero?»

      «Sì» disse con un sorriso la signora Patterson.

      «Lei ha detto di conoscere gli Hopkins un pochino. Può approfondire?»

      «Ma certo! Karen mi faceva domande sul suo giardinetto, di tanto in tanto. Ne ha uno proprio fuori dalla finestra del suo ufficio, sapete. Non ci ha fatto crescere tanto, solo erbe da usare in cucina: basilico, rosmarino, un po’ di coriandolo. Io ho sempre avuto una specie di pollice verde. Tutti lo sanno nel vicinato, e di solito vengono da me per qualche consiglio. Ho un giardino mio nel retro, se volete vederlo.»

      «No, grazie» disse cortesemente DeMarco. «Siamo un po’ di fretta. Abbiamo solo bisogno che ci dica quello che sa sugli Hopkins. Sembravano felici quando li vedeva insieme?»

      «Immagino di sì. Non conosco tanto bene Gerald. Però talvolta li beccavo sul portico del retro. Piuttosto di recente li ho visti là fuori a tenersi la mano. Proprio carino, a vedersi. Hanno i figli tutti grandi e se ne sono andati, immagino che lo sappiate. Mi piaceva immaginare che stessero facendo progetti per la pensione, per dei viaggi eccetera.»

      «Ha mai sospettato che avessero dei problemi?» chiese Kate.

      «No.

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