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spalle.

      “Non puoi parlare così, Kate. Non puoi parlare di uccidere gente come se niente fosse.”

      “Non è vero che è niente,” rispose seccamente Kate. “È quello che si meritano.”

      Sofia scosse la testa.

      “È una cosa primitiva,” le disse. “Ci sono modi migliori per sopravvivere. E modi migliori per vendicarsi. Inoltre, non voglio limitarmi a sopravvivere come una paesana nei boschi. Che senso ha una vita del genere? Io voglio vivere.”

      Kate non era convinta, ma non disse nulla.

      Camminarono in silenzio per un po’, e Kate immaginò che Sofia fosse presa dal suo sogno come lei dal proprio. Percorsero strade piene di persone che sembravano sapere quello che stavano facendo delle loro vite, che sembravano piene di intento, e per Kate non era giusto che per loro dovesse essere così facile. Ma forse lo era. Magari anche loro avevano poca scelta come lei o Sofia se fossero rimaste nell’orfanotrofio.

      Davanti a loro la città si distendeva oltre i cancelli che si trovavano lì probabilmente da centinaia di anni. Lo spazio esterno era pieno di case adesso, ammassate vicino alle mura in un modo che forse le rendeva inutili. Oltre c’era un ampio spazio aperto, però, dove numerosi contadini stavano conducendo il loro bestiame verso il mattatoio: pecore e oche, anatre e addirittura alcune mucche. C’erano anche carri di cibo che aspettavano di entrare in città.

      E oltre ancora l’orizzonte era pieno di boschi. Boschi dove Kate desiderava scappare.

      Kate vide la carrozza prima di Sofia. Si stava facendo strada in mezzo ai veicoli in attesa, i suoi occupanti ovviamente convinti di avere il diritto di essere i primi. Forse era anche così. La carrozza era dorata e decorata, con uno stendardo di famiglia sul fianco, che probabilmente avrebbe avuto senso se le suore avessero ritenuto necessario insegnare cose del genere. Le tendine di seta erano chiuse, ma Kate vide aprirsi uno spiraglio, rivelando una donna all’interno che guardava da sotto un’elaborata maschera a forma di uccello.

      Kate si sentì pervadere da invidia e disgusto. Come potevano alcuni vivere così bene?

      “Guardali,” disse Kate. “Stanno probabilmente andando a un ballo o a una festa in maschera. Non hanno probabilmente mai dovuto preoccuparsi di avere fame in vita loro.”

      “No, è vero,” confermò Sofia. Ma la sua voce aveva un tono pensieroso, forse addirittura pieno di ammirazione.

      Allora Kate si rese conto di cosa sua sorella stava pensando. Si girò verso di lei sorpresa.

      “Non possiamo seguirli,” le disse.

      “Perché no?” rispose sua sorella. “Perché non provare a prenderci quello che vogliamo?”

      Kate non aveva una risposta da darle. Non voleva dire a Sofia che non avrebbe funzionato. Che non poteva funzionare. Che non era il modo in cui il mondo andava avanti. Avrebbero dato loro un’occhiata e avrebbero capito che erano orfane, avrebbero capito che erano paesane. Come potevano mai sperare di fondersi con un mondo come quello?

      Sofia era la sorella più grande, avrebbe dovuto saperlo.

      Inoltre in quel momento gli occhi di Kate si posarono su qualcosa che era ugualmente attraente per lei. C’erano degli uomini che si stavano mettendo in formazione vicino al lato della piazza, indossando i colori di una delle compagnie di mercenari cui piaceva dilettarsi nelle guerre oltreoceano. Avevano armi disposte sui carri, e cavalli. Alcuni di loro stavano addirittura svolgendo un torneo improvvisato con delle spade dalle lame smussate.

      Kate guardò le armi e vide quello che le serviva: rastrelliere di acciaio. Pugnali, spade, balestre, trappole da caccia. Anche solo con poche di quelle cose, avrebbe potuto imparare a mettere trappole e vivere di ciò che la terra aveva da offrirle.

      “No,” disse Sofia vedendo il suo sguardo e mettendole una mano sul braccio.

      Kate si liberò, ma con delicatezza. “Vieni con me,” disse, determinata.

      Vide sua sorella scuotere la testa. “Sai che non posso. Non fa per me. Non sono fatta così. Non è quello che voglio, Kate.”

      E cercare di mescolarsi con un mucchio di nobili non era quello che Kate voleva.

      Poté sentire la certezza di sua sorella, poté sentire la propria, ed ebbe un’improvvisa sensazione di come sarebbe andata. La consapevolezza le fece bruciare gli occhi per le lacrime. Gettò le braccia attorno a sua sorella, e anche lei la strinse a sé.

      “Non voglio lasciarti,” disse Kate.

      “Neanche io voglio lasciarti,” rispose Sofia, “ma forse dobbiamo tentare ciascuna la propria strada, almeno per un po’. Tu sei testarda quanto me, e dobbiamo entrambe vivere il nostro sogno. Io sono convinta di potercela fare, e che poi potrò aiutarti.”

      Kate sorrise.

      “E io sono convinta di potercela fare, e di poterti poi aiutare.”

      Kate poté vedere le lacrime anche negli occhi di sua sorella, ma più di questo poté sentire la tristezza nella connessione che avevano.

      “Hai ragione,” disse Sofia. “Non staresti bene in una corte, e io non starei bene in qualcosa di selvaggio o a imparare a combattere. Quindi probabilmente dobbiamo fare le cose separatamente. Forse le nostre migliori possibilità di sopravvivenza sono nello stare separate. Se non altro, se una di noi viene presa, l’altra può venire a salvarla.”

      Kate avrebbe voluto dire a Sofia che si sbagliava, ma la verità era che tutto ciò che stava dicendo aveva senso.

      “Ti troverò poi,” disse Kate. “Imparerò a combattere e a come vivere in campagna, e ti troverò. Poi vedrai e verrai con me.”

      “E io troverò te quando riuscirò ad entrare a corte,” ribatté Sofia con un sorriso. “Verrai con me a palazzo e sposerai un principe, e governerai questa città.”

      Entrambe sorrisero con le lacrime che scorrevano lungo le guance.

      Ma non sarai mai sola, aggiunse Sofia, facendo risuonare le parole nella mente di Kate. Sarò sempre vicina come un pensiero.

      Kate non poté più sopportare la tristezza, e capì di dover agire prima di cambiare idea.

      Quindi abbracciò un’ultima volta la sorella e corse verso le armi.

      Era giunta l’ora di rischiare tutto.

      CAPITOLO CINQUE

      Sofia poteva sentire la determinazione che le ardeva dentro mentre attraversava Ashton, diretta al distretto murato dove si trovava il palazzo. Camminava velocemente lungo le strade, schivando cavalli e saltando di tanto in tanto su dei carri quando parevano diretti da quella parte.

      Lo stesso le ci volle tempo per attraversare la vastità di quel posto, muovendosi attraverso le Eliche, il Quartiere dei Mercanti, il Colle Nodoso e uno per uno tutti gli altri quartieri. Le apparivano così strani e pieni di vita dopo il tempo passato nella Casa degli Indesiderati, che Sofia avrebbe voluto avere più tempo per esplorarli. Si trovò in piedi fuori da un grande teatro circolare, desiderosa di avere il tempo per entrarvi.

      Ma non ce n’era, perché se si fosse persa il ballo in maschera quella sera, non era certa di come avrebbe potuto trovare il posto che voleva a corte. Un ballo mascherato, lo sapeva, non accadeva molto spesso, e le avrebbe offerto la migliore occasione per sgattaiolare all’interno.

      Era preoccupata per Kate mentre avanzava. Le pareva strano, dopo così tanto tempo, camminare nella direzione opposta. Ma la verità era che volevano cose diverse dalle loro vite. Sofia l’avrebbe trovata una volta sistemato tutto. Una volta ottenuta una vita agiata tra i nobili di Ashton, avrebbe trovato Kate e tutto sarebbe andato per il verso giusto.

      I cancelli di accesso all’area recintata che conteneva il palazzo si trovavano davanti a lei. Come Sofia si era aspettata, erano spalancati per la serata, e dietro di essi poteva vedere i

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