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che siamo.”

      “L’ho sentito,” ammise Sofia. “È come se… potessi toccare tutto nella terra, e addirittura ricavarne potere se ne ho bisogno.”

      Kate allora si intromise. “Siobhan mi ha fatto insegnare da un vecchio stregone che tutta la magia consiste in spostamenti di potere. Mi ha insegnato a guarire dando potere alla gente, e a uccidere rubandolo. Anche io ho sentito quella connessione. È come un’enorme bilancia.”

      “È lo stesso e non è lo stesso,” disse loro padre. “Alcuni di coloro che hanno la magia lo capiscono, e altri la usano per prolungare le loro vite. Una vecchia creatura come Siobhan aveva il potere per questo. Una cosa come il Maestro dei Corvi ha il potere per questo. Hanno i loro collegamenti: Siobhan alla fontana, il Maestro ai suoi corvi. Per noi è diverso: noi siamo collegati alla nostra terra e al nostro popolo. Equilibriamo questo potere e lo tocchiamo, ma dobbiamo fare attenzione a non prenderne troppo, a non danneggiarlo.”

      Sofia l’aveva percepito quando si era connessa con la terra: aveva sentito la fragilità di quei collegamenti, e quanto facile sarebbe stato danneggiarli.

      “Non capisco,” disse Lucas. “Come ha fatto la vedova ad avvelenare quel legame pur non avendo la magia? E perché non ha avuto effetto su di noi?”

      “L’ha fatto fare a qualcun altro,” disse loro padre. “Ci è voluto un sacco di tempo e di sforzo per scovarlo e fargli eliminare ciò che aveva fatto. Per quanto riguarda il motivo per cui non ha effetto su di voi, immagino che fosse mirato solo a noi. Sono riconoscente a tutti i vecchi dei per il fatto che questa cosa non vi abbia toccato.”

      “Questo ancora non spiega perché non siate venuti a cercarci,” insistette Kate.

      “Oh, Kate, bambina mia,” disse loro madre alzandosi e avvicinandosi a lei in modo da poterla abbracciare. “Non potevamo portarvi con noi, e poi vi abbiamo perduti per così tanto tempo. Non sapevamo neanche noi dove foste nascosti, non dopo che voi e la balia siete arrivati dagli amici che avrebbero dovuto farvi sparire dalla circolazione.”

      “Poi non abbiamo avuto la possibilità di tornare a cercare,” disse suo padre. “Più a lungo stavamo lontani dalla nostra terra, e più lentamente il veleno avanzava. Questo ci ha concesso il tempo per cercare un antidoto, ma questo ha anche significato che non potevamo venire da voi.”

      “E c’era dell’altro. Tu hai visto il futuro, Sofia. E anche tu, Lucas.” Lo disse come fosse una constatazione, non una domanda. “Avete visto le cose che succederanno, che potrebbero succedere, che può darsi che succedano.”

      “Siobhan parlava di possibilità,” disse Kate.

      Sofia vide loro madre annuire.

      “Possibilità, influenzate dal minimo tocco,” disse loro madre. “Quando Alfred e io abbiamo discusso del tornare da voi, io ho visto… ho visto il mondo in rovina, una terra dopo l’altra in fiamme, ho visto che morivamo prima di trovarvi. Quando abbiamo deciso di restare e aspettare, abbiamo visto il potenziale di un ritorno a bellezza e pace. Ho visto te, Sofia, e ho visto dopo di te…”

      Sofia deglutì al pensiero di sua figlia, Viola, e delle visioni che aveva avuto su di lei. Aveva visto la possibilità di un’età di pace ineguagliabile, e anche la possibilità di qualcosa di decisamente più oscuro. Aveva cambiato il nome che avrebbe potuto dare a sua figlia solo per evitare la seconda. Poteva biasimare i suoi genitori per quello che avevano fatto loro stessi sulla base della bilancia del fato?

      “Quindi ci avete lasciati?” chiese Kate, ovviamente non molto propensa a perdonarlo.

      “Avrei voluto essere stata con te,” disse sua madre. “Avrei voluto poterti insegnare della magia invece che lo facesse… lei. Avevamo così poco tempo, e non osavamo lasciare la città…”

      “Altrimenti la vedova vi avrebbe trovati?” chiese Kate.

      Non è codardia voler evitare un combattimento, disse Sofia a Kate con il pensiero.

      A me sembra così, ribatté Kate.

      “Non è stato un atto di codardia, Kate,” le disse sua madre, e Sofia sorrise al pensiero che ovviamente sua madre dovesse avere i loro talenti. “Era l’unico modo in cui avremmo potuto vedervi tutti. Il disco… l’attesa… pensi che lo volessi, piuttosto che allungare la mia mente a voi e portarvi qui?”

      “E allora perché non siete venuti quando Sofia ha inviato i nostri messaggeri a cercarvi?” chiese Kate. “Lucas è venuto.”

      “Non potevamo,” disse loro padre. “Non potevamo andarcene da questa città.”

      “Perché no?” chiese Sofia.

      “Il veleno,” rispose lui. “Stare in un posto come questo, isolati dal mondo, era l’unico modo per rallentare gli effetti quanto bastava per vedervi. Era l’unico modo per arrivare a raccontarvi tutto quello che dovevate sapere.”

      Sofia deglutì al solo pensiero, all’idea dei suoi genitori costretti a scappare non solo dal regno, ma dal mondo stesso per poter sopravvivere. Ma una delle parole pronunciate da suo padre le rimase in testa.

      “Aspetta, hai detto che il veleno è stato rallentato restando qui. Non fermato?”

      “No, mia cara,” disse loro madre. “Il veleno è ancora in noi, e sta ancora agendo per ucciderci. Anche solo il breve momento di collegamento con il mondo tramite la momentanea apertura della porta l’ha accelerato. Vorrei… vorrei così tante cose, ma non c’è tempo per nessuna di esse. Vostro padre e io… stiamo morendo.”

      CAPITOLO TRE

      Sebastian cercava di celare la sua frustrazione mentre parlava con Asha e Vincente. Ovviamente non era facile nascondere qualcosa a quei due, dato che sapevano leggere le menti.

      “I rifugiati non possono starsene nelle tende per sempre,” disse.

      “Non è per sempre,” disse Vincente. “Solo fino a che l’esercito che ci minaccia non avrà sloggiato.”

      “E se non è di loro gradimento,” disse Asha, “possono sempre andare in prima persona ad affrontarli. Non sono loro a tenere uno scudo attorno a Casapietra. Non sono loro che danno la caccia ai nostri aggressori. Dovrebbero essere riconoscenti.”

      Riconoscenti di essere incastrati nelle tende. Riconoscenti di aver perso le proprie case e i propri cari. Riconoscenti di essersi trovati costretti a chiedere aiuto.

      “Non è questo che intendo,” disse Asha, e ancora una volta era ovvio che si era immersa a fondo nei suoi pensieri.

      Sebastian guardò verso il punto in cui Emeline e Cora stavano sedute, con sua figlia Viola rannicchiata tra le braccia di quest’ultima. Cora sembrava felice con lei lì, e Sebastian le era riconoscente per questo, perché aveva visto quanto fosse rimasta ferita dalla morte di Aidan.

      “Emeline, puoi aiutarmi?” le chiese. “Asha sta spiando nei miei pensieri.”

      Emeline si avvicinò lanciando un’occhiata poco amichevole alla donna che stava a capo di Casapietra. Sebastian sentì qualcosa che gli si avvolgeva attorno alla mente come un mantello, e immaginò che servisse a bloccare le intrusioni da parte di Asha.

      “Potrei benissimo passarci attraverso,” disse Asha.

      Emeline sorrise a denti stretti. “E invece no, e se tu usassi le dovute maniere, non ce ne sarebbe stato bisogno.”

      “Perché la gente dovrebbe voler nascondere i propri pensieri se non sta pensando a niente di sbagliato?” ribatté Asha, ma non sembrava particolarmente convinta.

      “Stiamo cercando ogni spazio possibile per la gente,” disse Vincente. “Sei il nostro re, Sebastian.”

      Asha lo guardò con evidente sorpresa, e Sebastian ebbe la sensazione che fosse in atto una conversazione silenziosa tra i due. Emeline gliene fornì il contenuto.

      “Asha

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