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questo che l’hai fatto?” chiese il capo delle guardie con un tono che pareva trasmettere più odio di quanto Sebastian ne avesse sentito in vita sua. “Volevi essere l’erede?”

      “È questo quello per cui ho fatto cosa?” ribatté Sebastian. “Cosa sta succedendo qui? quando mia madre verrà a saperlo…”

      “Non ha senso fare la scena da innocente,” disse il capitano. “Sappiamo che sei stato tu ad assassinare la vedova.”

      “Assassinare…” Fu come se il mondo si fermasse per un momento. Sebastian rimase fermo e a bocca aperta, la spada che gli cadeva dalle dita inermi come se lo shock lo avesse colpito. Qualcuno aveva assassinato la vedova? Sua madre era morta?

      Il dolore si riversò in lui, il puro orrore di ciò che era successo lo riempì. Sua madre era morta? Non poteva essere. Era sempre stata lì, irremovibile come una roccia, e ora… era sparita, strappata via in un istante.

      Subito gli uomini corsero ad afferrarlo e le mani si strinsero attorno alle sue braccia da entrambe le parti. Sebastian era troppo frastornato per poter anche solo lottare. Non ci poteva credere. Aveva pensato che sua madre sarebbe sopravvissuta a chiunque altro nel regno. L’aveva creduta così forte, così astuta che niente sarebbe mai riuscito a portarla alla fine. Ora qualcuno l’aveva assassinata.

      No, non qualcuno. C’era solo una persona che poteva averlo fatto.

      “È stato Rupert,” disse Sebastian. “È Rupert quello che…”

      “Basta con le menzogne,” disse il capitano delle guardie. “Devo credere che sia una coincidenza che ti abbiamo trovato a correre armato per il palazzo subito dopo la morte di tua madre? Principe Sebastian della Casata di Flamberg, ti arresto per l’omicidio di tua madre. Portatelo in una delle torri, ragazzi. Immagino che vorranno processarlo per questo prima di giustiziarlo in quanto traditore.”

      CAPITOLO DUE

      Angelica sedeva composta nel salotto della casa di città di Rupert, perfettamente allestito con i fiori appoggiati alla mensola del caminetto, e ascoltava il panico del principe primogenito, cercando di non dare a vedere il proprio sdegno.

      “L’ho uccisa!” gridava, allargando le braccia mentre camminava avanti e indietro. “L’ho davvero uccisa.”

      “Gridalo un po’ più forte, mio caro principe,” disse Angelica, incapace di trattenere un briciolo dello sdegno che si sentiva scorrere dentro. “Penso ci siano delle persone nell’edificio attiguo che potrebbero non averti sentito.”

      “Non ti prendere gioco di me!” disse Rupert indicandola. “Tu… sei stata tu a indurmi a questo.”

      Un leggero tremito di paura sorse in Angelica a quelle parole. Non aveva alcun desiderio di essere il bersaglio della rabbia di Rupert.

      “Eppure sei tu quello che è ricoperto del sangue della vedova,” disse Angelica con un leggero accenno di disgusto. Non per l’omicidio – quella vecchia se lo meritava – ma per la stupidità del suo futuro marito.

      L’espressione di Rupert baluginò di rabbia, ma poi abbassò lo sguardo su se stesso come se vedesse per la prima volta il sangue sulla camicia che la macchiava di cremisi portandola in tinta con il soprabito. Poi l’espressione tornò ad essere distrutta. Strano, pensò Angelica, era possibile che avessero trovato una persona alla quale Rupert era pentito di aver fatto del male?

      “Mi uccideranno per questo,” disse Rupert. “Ho ucciso mia madre. Ho attraversato il palazzo con il suo sangue addosso. La gente mi ha visto.”

      Era probabile che metà Ashton lo avesse visto, dato il modo in cui aveva sicuramente camminato per le strade. La cosa migliore che si poteva dire era forse il fatto che si fosse tenuto un mantello avvolto attorno per quella parte del tragitto. Per quanto riguardava il resto… beh, Angelica se ne sarebbe occupata.

      “Levati la camicia,” gli ordinò.

      “Tu non mi dai ordini,” le disse Rupert girandosi verso di lei.

      Angelica rimase ferma e impassibile, ma rese il tono di voce più gentile, cercando di calmare Rupert nel modo che ovviamente gradiva. “Levati la camicia, Rupert. Bisogna ripulirti.”

      Rupert ubbidì e gettò lontano anche il soprabito. Angelica tamponò le macchie di sangue che restavano con un fazzoletto e un catino d’acqua, cancellando quello che poteva delle tracce della violenza. Fece suonare un campanellino e una servitrice si presentò con degli abiti puliti, portando via quelli vecchi.

      “Ecco,” disse Angelica mentre Rupert si vestiva. “Non va già meglio?”

      Con sua sorpresa Rupert scosse la testa. “Non cancella quello che è successo. Non cancella quello che vedo qua dentro, qua dentro!” disse colpendosi il lato della testa con il palmo della mano.

      Angelica gli prese la mano e gli baciò delicatamente la fronte come una madre con un bambino. “Non devi farti del male. Sei troppo prezioso per me.”

      Prezioso era una parola per descriverlo. Necessario poteva essere l’altra. Ad Angelica serviva Rupert vivo e in forma, almeno per ora. Lui era la chiave per aprirle le porte del potere, e doveva restare intatto per poterlo fare. Controllarlo si era rivelato molto semplice prima, ma tutto questo era… inaspettato.

      “Mi perderai presto,” disse Rupert. “Quando scopriranno quello che ho fatto…”

      “Rupert, non ti ho mai visto influenzato da una morte a questo modo,” disse Angelica. “Hai lottato in battaglia. Hai comandato eserciti che hanno ucciso migliaia di persone.”

      Aveva anche combattuto e ucciso in cause molto meno necessarie, se era per quello. Aveva fatto del male a un bel po’ di gente in vita sua. Da quello che Angelica aveva sentito, aveva fatto cose che avrebbero fatto rivoltare lo stomaco ai più. Perché una morte in più doveva diventare un problema del genere.

      “Questa era mia madre,” disse Rupert, come se questo spiegasse tutto. “Non era una paesana qualunque. Era mia madre, e la regina.”

      “La madre che intendeva privarti del tuo diritto di nascita,” sottolineò Angelica. “La regina che intendeva esiliarti.”

      “Lo stesso…” iniziò Rupert.

      Angelica lo prese per le spalle, sperando di potergli infondere dentro, scuotendolo, un po’ di buon senso. “Non c’è nessun lo stesso,” gli disse. “Ti avrebbe portato via tutto. Aveva intenzione di distruggerti per dare tutto a suo figlio…”

      “Sono io suo figlio!” gridò Rupert, spingendo indietro Angelica. Angelica sapeva che in quel momento avrebbe dovuto avere paura di lui, ma la verità era che non ne aveva. Per il momento almeno era lei quella che aveva il controllo di sé.

      “Sì, è vero,” gli disse. “Suo figlio e il suo erede, e lei ha tentato di portarti via tutto. Ha cercato di darlo a qualcuno che ti avrebbe fatto del male. È stato praticamente un atto di autodifesa.”

      Rupert scosse la testa. “La gente non… loro non la vedranno così. Quando verranno a sapere quello che ho fatto…”

      “Perché dovrebbero venirlo a sapere?” chiese Angelica in tono perfettamente ragionevole, fingendo di non capire. Andò verso uno dei divani e si sedette prendendo un bicchiere di vino fresco. Fece cenno a Rupert di fare lo stesso, e lui bevve il suo a una velocità tale che sicuramente non gli permise di gustarlo.

      “Di certo della gente mi avrà visto,” disse Rupert. “Capiranno da dove veniva il sangue.”

      Angelica non avrebbe mai pensato che Rupert fosse tanto stupido. Pensava fosse uno sciocco, ovviamente, addirittura un pericoloso sciocco, ma non fino a questo punto.

      “La gente la si può comprare, o uccidere,” disse. “Li si può distrarre con dei pettegolezzi, o addirittura persuadere che si sbagliavano. Ho della gente che sta ascoltando qualsiasi accenno di persone che ti possano parlare contro, e chiunque

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