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dal nulla,” disse Royce mentre procedeva. Si muoveva con la rapidità di un animale braccato adesso, tenendosi basso, infilandosi sotto al fogliame e scegliendo la direzione senza mai rallentare.

      Conosceva la foresta. Conosceva i suoi sentieri meglio di chiunque altro perché aveva passato un sacco di tempo qui con i suoi fratelli. Vi si erano rincorsi e avevano dato la caccia a piccole creature. Ora era lui quello che veniva inseguito, e cacciato, e che cercava di trovare una via di fuga da tutto. Era quasi certo che ci fosse una pista di caccia poco distante da dove si trovava e che lo avrebbe condotto a un piccolo torrente, oltre la capanna di un carbonaio, e poi giù fino al villaggio.

      Royce andò da quella parte, scegliendo la direzione in mezzo alla foresta e venne risvegliato dai suoi pensieri per effetto di un suono in lontananza. Era debole, ma si sentiva: il rumore di piedi che si muovevano leggeri sul terreno. Non lo avrebbe notato se non avesse passato così tanto tempo in quelle foreste con i suoi fratelli, o se non avesse imparato sull’Isola Rossa che potevano esserci minacce ovunque.

      “Aspetto o mi nascondo?” chiese a se stesso. Sarebbe stato facile portarsi allo scoperto sul sentiero, perché sentiva che c’era solo una persona in arrivo, e non sembrava neanche un soldato. I passi dei soldati consistevano in tonfi pesanti dati dagli stivali, accompagnati dal tintinnio delle armature, o dallo sfregamento delle aste delle lance contro il terreno. Questi passi erano diversi. Probabilmente era solo un fattore o un boscaiolo.

      Lo stesso però Royce si tenne indietro, accucciandosi all’ombra di un albero in un punto dove le radici si inarcavano verso l’alto formando una specie di riparo naturale, che probabilmente faceva da tana per gli animali quando calava la luce. Alcuni dei rami vicini erano tanto bassi che Royce poté tirarli davanti a sé per nascondersi meglio, potendo comunque continuare a vedere il sentiero. Rimase lì rannicchiato, immobile, la mano sempre pronta sulla spada.

      Quando Royce vide la figura solitaria che si avvicinava lungo il sentiero, quasi uscì dal suo nascondiglio. L’uomo sembrava disarmato e privo di protezioni, con indosso solo una larga veste di seta grigia che sembrava scura e priva di forma. I piedi erano infilati in delle pantofole fatte di pelle ugualmente grigia, con dei legacci che gli salivano attorno alle caviglie. Però qualcosa lo fermò e quando l’uomo fu più vicino, Royce vide che la sua pelle era dello stesso colore grigio, marchiata da tatuaggi viola e rossi che formavano spirali e simboli, come se qualcuno lo avesse usato come unica superficie disponibile per scrivervi sopra qualche folle testo.

      Royce non era certo di quale fosse il significato di quei segni, ma c’era qualcosa nell’uomo che lo faceva apparire pericoloso in un modo difficile da comprendere. Improvvisamente fu felice di essere rimasto dove si trovava. Aveva la sensazione che se in quel momento si fosse trovato sul sentiero, probabilmente ci sarebbe stato uno scontro.

      Sentì la mano che si stringeva attorno all’elsa della spada, l’urgenza di saltare fuori farsi più fievole nella sua mente. Royce si sforzò di rilassarsi, ricordando il campo di buche e cavi tesi sull’Isola Rossa. I ragazzi che vi si erano lanciati senza pensare erano morti prima che Royce potesse solo iniziare a passarci in mezzo sano e salvo. Questa situazione gli dava la medesima sensazione. Non aveva esattamente paura, ma allo stesso tempo poteva percepire che quell’uomo era tutt’altro che innocuo.

      Per ora la cosa più sensata da fare sembrava restare immobile, senza neanche respirare.

      Lo stesso l’uomo sul sentiero si fermò e piegò la testa di lato, come se stesse ascoltando qualcosa. Royce vide lo sconosciuto accucciarsi, aggrottare la fronte mentre tirava fuori da un borsello una serie di oggetti e li gettava a terra.

      “Sei fortunato,” disse lo sconosciuto senza sollevare lo sguardo. “Uccido solo quelli che il destino mi manda a uccidere, e le rune dicono che non dobbiamo ancora combattere, sconosciuto.”

      Royce non rispose mentre l’uomo raccoglieva una a una le sue pietre.

      “C’è un ragazzo che deve morire perché il fato l’ha decretato,” disse l’uomo. “Ma tu dovresti già conoscere il mio nome e dovresti sapere che alla fine il destino viene per noi tutti. Mi chiamo Dust, sono un angarthim dei luoghi della morte. Faresti bene ad andartene. Le rune dicono che molta morte ti farà seguito. Oh, e non dirigerti a quel modo verso il villaggio,” aggiunse, come se gli fosse appena venuto in mente. “Quando sono partito c’era un grosso gruppo di soldati che stava andando da quella parte.”

      Si alzò e si allontanò, lasciando Royce lì accucciato. Respirava più affannosamente di quanto avrebbe pensato, dato che tutto ciò che aveva fatto era stato solo nascondersi. C’era qualcosa nella presenza dello sconosciuto che gli era quasi sembrata strisciare sulla sua pelle, qualcosa di sbagliato in lui che Royce non sapeva come esprimere.

      Se ci fosse stato più tempo, Royce avrebbe potuto restare lì accucciato, sospettando che ci potesse essere altro pericolo da parte di quell’uomo. Invece le uniche cose che contavano erano le sue parole. Se c’erano dei soldati diretti al villaggio, questo poteva solo significare una cosa…

      Royce si mise a correre più veloce che mai. Sulla destra vide la capanna di un carbonaio, il fumo dietro ad essa a suggerire che il proprietario era al lavoro. Davanti alla casupola, legato a un palo, si trovava un cavallo che pareva più abituato a tirare un carro che ad essere cavalcato. La casa sembrava silenziosa, e un altro giorno magari Royce avrebbe potuto fermarsi per pensare due volte al da farsi, oppure avrebbe potuto chiamare l’uomo cercando di convincerlo a prestargli il cavallo.

      Ma in quella condizione, si limitò a tagliare la corda, balzare in groppa al cavallo e lanciarlo al galoppo. Quasi miracolosamente l’animale parve capire ciò che ci si aspettava da lui e partì di gran carriera mentre Royce si teneva stretto, sperando di arrivare in tempo.

      ***

      Era il tramonto quando Royce emerse dalla foresta, il rosso del cielo che si chiudeva sul mondo come una mano bagnata di sangue. Per un momento il bagliore del sole calante impedì a Royce di vedere oltre il rossore del terreno sottostante, come se tutto il mondo stesse andando a fuoco.

      Poi si rese conto che le fiamme rosse non erano uno scherzo del tramonto: il suo villaggio stava davvero bruciando.

      Alcune parti avvampavano con forza, con i tetti di paglia trasformati in falò dalle fiamme, così che l’intero orizzonte appariva incendiato. Altre parti erano annerite e fumanti, strutture di legno colorato di fuliggine che si ergevano come scheletri di edifici ormai perduti. Uno addirittura crollò proprio davanti agli occhi di Royce, scricchiolando e poi cadendo a terra con uno schianto.

      “No,” mormorò Royce, smontando da cavallo e conducendo la bestia a piedi. “No, non può essere troppo tardi.”

      Ma lo era. I fuochi che ardevano erano vecchi, e resistevano solo sugli edifici più grandi, dove c’era più sostanza da ardere. Il resto del suo villaggio ora era fatto di carbone e fumo acre. Era passato tanto tempo da quando il fuoco aveva iniziato a bruciare, che Royce non avrebbe mai potuto sperare di arrivare in tempo. L’uomo che aveva incontrato per strada aveva detto che c’erano dei soldati in arrivo quando se n’era andato, ma Royce non aveva fatto in conti con la distanza e con il tempo necessario per percorrerla.

      Alla fine non poté più farne ameno e abbassò lo sguardo verso il punto in cui giacevano i corpi. Ce n’erano così tanti: uomini e donne, giovani e vecchi, tutti uccisi senza differenze, e chiaramente senza alcuna pietà. Alcuni cadaveri si trovavano tra le rovine, anneriti come il legno che li circondava; altri si trovavano nelle strade con ferite aperte che parlavano di come erano morti. Royce ne vide alcuni uccisi perché avevano evidentemente tentato di combattere, alcuni colpiti alle spalle perché forse cercavano di fuggire. Vide un mucchietto di donne più giovani da un lato, anche loro assassinate. Avevano pensato che fosse un altro raid dei nobili che intendevano prendersi quello che volevano, prima che qualcuno tagliasse loro la gola?

      Royce si sentì pervadere dal dolore e dalla rabbia e da migliaia di altre cose, tutte strette in un nodo che sembrava potergli spezzare il cuore a metà. Si trascinò barcollante in mezzo al villaggio, guardando un morto dopo l’altro, quasi incapace di credere che addirittura gli uomini del duca potessero fare una cosa del

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