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è quanto è successo.”

      “E' vero. Ogni singola parola è vera,” Caitlin disse dolcemente, con rimorso.

      Ebbe la netta sensazione che quegli uomini non avrebbero mai compreso. Ma sapeva perché Scarlet era stata in grado di seminarli. Conosceva la risposta — l'unica che avrebbe spiegato tutto. Ma era la sola risposta che non poteva fornire, la sola a cui quegli uomini non avrebbero mai creduto. Non si trattava di convulsioni; erano le fitte della fame. Scarlet non stava correndo; stava andando a caccia. E questo perché sua figlia era un vampiro.

      Caitlin sospirò. Moriva dalla voglia di dirlo a quei poliziotti ma sapeva bene che era una risposta che non sarebbero stati in grado di accettare. Pertanto rimase a guardare fuori dalla finestra, lo sguardo fisso, sperando, pregando che Scarlet tornasse. Che si sentisse meglio. Che non si fosse nutrita. Sperando che la polizia andasse via e la lasciasse in pace. Sapeva che, in ogni modo, quelle persone erano inutili. Chiamarle era stato un errore.

      “Odio doverlo dire,” aggiunse il terzo agente, “ma ciò che state descrivendo … vostra figlia che è tornata a casa da scuola, che ha degli attacchi, che ha una scarica di adrenalina, che si precipita fuori dalla porta … Odio dire questo, ma sembra come l'effetto di una droga. Forse cocaina. O metanfetamina. Potrebbe aver preso qualcosa. Magari qualcosa di mal tagliato. E l'adrenalina ha preso il sopravvento.”

      “Lei non sa di che cosa sta parlando,” Caleb sbottò contro di lui. “Scarlet non è quel tipo di ragazza. Non ha mai preso droghe in vita sua.”

      I tre agenti si guardarono tra loro, scettici.

      “So che per voi è difficile da sentire,” disse dolcemente l'agente Hardy, “è difficile per la maggioranza dei genitori. Ma i nostri figli conducono delle vite che non conosciamo mai. Non sapete che cosa lei stia facendo dietro le quinte, con i suoi amici.”

      “Ha fatto delle nuove amicizie ultimamente?” chiese un altro agente.

      Improvvisamente, il volto di Caleb s'indurì.

      “In realtà, ieri sera,” lui disse, con la rabbia che cresceva nella sua voce. “ha portato a casa un nuovo ragazzo. Blake. Sono andati al cinema insieme.”

      I tre poliziotti si guardarono tra loro con l'espressione di chi aveva capito tutto.

      “Pensate che sia questo?” Caleb chiese. “Credete che questo ragazzo la stia costringendo a fare uso di droghe?” Non appena pose questa domanda, anche Caleb cominciò a sembrare più sicuro di sé, quasi sentisse (o sperasse) di aver trovato una risposta chiara per ogni cosa.

      Caitlin rimase seduta lì in silenzio, desiderando soltanto che tutto finisse. Voleva, più di ogni altra cosa, dire loro la vera ragione. Ma sapeva che non le sarebbe stato di alcun aiuto.

      “Qual era il suo cognome?” uno degli agenti domandò.

      “Non ne ho idea.” Caleb si voltò e si rivolse a Caitlin. “Tu lo sai?”

      Caitlin scosse la testa, e si rivolse a Sam e Polly.

      “E voi due?”

      Scossero entrambi la testa.

      “Forse posso scoprirlo,” Polly disse. “Se fossero amici su Facebook …” Polly esordì, poi prese il suo cellulare e cominciò a digitare. “Ho l'amicizia con Scarlet su Facebook. Non conosco le sue impostazioni, ma forse posso visualizzare gli altri suoi amici. E se ha l'amicizia con lui ….”

      Polly digitò, e gli occhi le si illuminarono.

      “Eccolo! Blake Robertson. Sì, è proprio lui!”

      I poliziotti si piegarono, Polly si allungò e porse loro il suo cellulare. Lo presero, passandolo tra di loro, guardando attentamente il volto del giovane e trascrivendo il suo cognome.

      “Parleremo con lui,” l'agente Hardy disse, mentre i colleghi restituivano a Polly il cellulare. “Forse lui sa qualcosa.”

      “E gli altri amici di Scarlet?” chiese un altro agente. “Li ha già contattati?”

      Caitlin guardò inespressiva Caleb, accorgendosi di quanto fossero stati fin troppo confusi.

      “Non ci ho pensato,” Caitlin disse. “Non mi è mai servito. Non stava andando a casa di un amico. Era malata. Non sembrava avere una meta.”

      “Lo faccia,” esclamò un agente. “Li contatti tutti. E' il miglior modo per cominciare.”

      “Devo dire, da tutto ciò che ho sentito,” concluse l'agente Hardy, pronto a dare una conclusione definitiva alla faccenda, “che tutto questo mi sembra la conseguenza di uso di droghe. Credo che Bob abbia ragione. Sembra che abbia preso qualcosa di sbagliato. Nel frattempo, continueremo a pattugliare le strade. La cosa migliore che potete fare voi due è restare fermi. Aspettatela qui. Tornerà.”

      I poliziotti si scambiarono uno sguardo, poi si alzarono in piedi tutti insieme. Caitlin vide che erano impazienti di andarsene.

      Caleb, Sam e Polly si alzarono, così come Caitlin, che sentiva le ginocchia indebolite. Mentre i poliziotti salutavano, preparandosi tutti ad andarsene, improvvisamente, qualcosa si destò dentro di lei. Non poteva restare più a lungo in silenzio. Non riusciva più a reprimere il desiderio, che bruciava dentro di lei, di dire ciò che sapeva a quelle persone. Dire loro che non stavano prendendola nel modo giusto.

      “E se fosse qualcos'altro?” Caitlin li richiamò improvvisamente, quando i poliziotti si erano già diretti alla porta.

      Si immobilizzarono tutti, mentre stavano già indossando i cappotti, e lentamente, si voltarono verso di lei.

      “Che cosa intende dire?” chiese l'agente Hardy.

      Caitlin, con il cuore che quasi le spuntava fuori dal petto, si schiarì la gola. Sapeva che non avrebbe dovuto parlare; sarebbe sembrata davvero pazza. Ma non poteva più tenerlo dentro.

      “Se mia figlia fosse posseduta?” lei chiese.

      Tutti restarono lì a guardarla, come se fosse assolutamente pazza.

      “Posseduta?” uno di loro domandò.

      “Se non fosse più in sé?” Caitlin chiese. “Se stesse mutando? Diventando qualcos'altro?”

      Un fitto e pesante silenzio riempì la stanza, e Caitlin sentì che tutti, inclusi Caleb, Sam e Polly, si erano voltati ed erano rimasti fermi a guardarla. Le guance le divennero rosse per l'imbarazzo. Ma non poteva farne a meno. Non ora. Doveva proseguire. E sapeva, anche mentre lo faceva, che quello sarebbe stato il punto di svolta, il momento in cui l'intera città non l'avrebbe mai più considerata una persona normale, l'istante in cui la sua vita sarebbe cambiata per sempre.

      “Se mia figlia stesse diventando un vampiro?”

      CAPITOLO DUE

      Dopo che Caleb ebbe salutato i poliziotti, chiuse la porta e tornò nella stanza, guardando Caitlin con rimprovero. Lei non lo aveva mai visto rivolgerle un'espressione così arrabbiata prima d'ora, e il suo cuore sprofondò. Si sentì come se tutta la sua vita si stesse disfacendo dinnanzi ai suoi occhi.

      “Non puoi parlare in quel modo in pubblico!” lui scattò. “Sembri una pazza! Penseranno che siamo tutti pazzi. Non ci prenderanno seriamente.”

      “Io NON sono pazza!” Caitlin replicò con lo stesso tono. “E tu dovresti stare dalla mia parte, non dalla loro, e smettere di fingere che tutto sia normale. Tu eri in quella stanza con me. Sai che cos'hai visto. Scarlet ti ha scaraventato dall'altra parte della stanza. Quale attacco potrebbe causare una cosa simile? Una malattia?”

      “Perciò che cosa stai dicendo?” Caleb rispose a tono, alzando la voce. “Che significa che lei è un mostro? Un vampiro? E' ridicolo. Sembra che tu stia perdendo il contatto con la realtà.”

      Anche la voce di Caitlin si alzò. “Allora come lo spieghi?”

      “Ci sono

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