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tirò fuori le chiavi ed aprì la cella del prigioniero seduto e disse …

      “Hai una visita, Phil. Un autentico Agente dell’FBI, almeno così dice.”

      Jake entrò nella cella, mentre Tallhammer rimase fuori, tenendo la porta della cella aperta.

      Phil Cardin strizzò forte gli occhi a Jake, per poi dire: “FBI, uh? Beh, forse può insegnare al Vice Dawg qui come fare il suo dannato lavoro. Non ho ucciso nessuno, figurarsi la mia ex-moglie. Se lo avessi fatto, sarei il primo a vantarmene in giro. Perciò, mi faccia uscire di qui.”

      Jake si chiese …

      Qualcuno gli ha detto dell’altro omicidio?

      Jake ebbe la sensazione che Cardin fosse estraneo ai fatti. Immaginava che fosse meglio mantenere le cose così com’erano, almeno per il momento.

      Jake gli disse: “Ho delle domande, Signor Cardin. Vuole la presenza di un avvocato?”

      Cardin sogghignò e indicò l’uomo che stava dormendo nella cella opposta.

      “E’ già presente, in un certo senso” Cardin disse.

      Poi, gridò all’uomo …

      “Ehi, Ozzie. Riprenditi dalla sbornia, ok? Mi serve un legale. Assicurati che i miei diritti non vengano violati. Anche se penso che sia già successo, ubriaco incompetente bastardo.”

      L’uomo con il vestito d’affari si tirò su e si massaggiò gli occhi.

      “Che cosa diavolo hai da urlare?” brontolò. “Non vedi che sto provando a dormire un po’? Gesù, ho un cazzo di mal di testa.”

      Jake spalancò la bocca. Lo sceriffo grasso scoppiò in una fragorosa risata per la sua ovvia sorpresa.

      Tallhamer disse: “Agente Crivaro, vorrei presentarle Oswald Hines, il solo avvocato della città. Viene chiamato ad assolvere i suoi doveri nella pubblica difesa di tanto in tanto. In effetti, è stato arrestato tempo fa per ubriachezza e comportamento molesto, perciò si trova qui. Non che sia una cosa insolita.”

      Oswald Hines tossì e grugnì.

      “Sì, immagino che sia la verità” disse. “Questa è una sorta di mia seconda casa, o piuttosto come un secondo ufficio, si potrebbe dire. In momenti come questo, è una posizione utile. Odierei dover andare in qualunque altro posto, per come mi sento al momento.”

      Hines fece un respiro lungo e profondo, fissando con occhi appannati gli altri.

      Poi, disse a Jake: “Ascolti, Agente Come-Si-Chiama. Come avvocato difensore di quest’uomo, devo insistere che lo lasci in pace. Gli stanno facendo fin troppe dannate domande da almeno una settimana. In effetti, è trattenuto senza un motivo.”

      L’avvocato sbadigliò ed aggiunse: “In realtà, avrei sperato che fosse uscito ormai. Farà meglio a trovarsi fuori di qui prima che mi sia svegliato di nuovo.”

      Il legale cominciò a stendersi, quando lo sceriffo intervenne …

      “Resta sveglio, Ozzie. Hai del lavoro da fare. Vado a prepararti una tazza di caffè. Vuoi che ti aiuti ad uscire dalla tua cella, così da star vicino al tuo cliente?”

      “No, sto bene qui” Ozzie disse. “Sbrigati soltanto a portarmi quel caffè. Sai come mi piace.”

      Ridendo, lo Sceriffo Tallhamer disse: “Come lo vuoi?”

      “In una tazza” Ozzie ringhiò. “Vai. Subito.”

      Tallhamer tornò nel suo ufficio. Jake restò a guardare il prigioniero per un istante.

      Infine, gli disse: “Signor Cardin, so che non ha un alibi per l’ora dell’omicidio della sua ex-moglie.”

      Cardin alzò le spalle e disse: “Non so dove qualcuno abbia preso quell’idea. Ero a casa. Ho mangiato una cena surgelata, ho guardato la tv per tutta la sera, poi ho dormito per tutta la notte. Non ero vicino al luogo in cui è successo, ovunque fosse.”

      “Qualcuno può confermarlo?” Jake chiese.

      Cardin fece un grosso sorriso e rispose: “No, ma nessuno può confermare il contrario, giusto?”

      Osservando l’espressione beffarda di Cardin, Jake si chiese …

      E’ colpevole e mi sta prendendo in giro?

      O semplicemente non comprende la gravità della sua situazione?

      Jake chiese: “In che rapporti era con la sua ex-moglie al momento dell’omicidio?”

      L’avvocato intervenne bruscamente …

      “Phil, non rispondere alla domanda.”

      Cardin guardò verso l’altra cella e disse: “Stai zitto, Ozzie. Non gli dirò niente che non abbia già detto allo sceriffo centinaia di volte. Non farà comunque alcuna differenza.”

      Poi, guardando Jake, Cardin disse in tono sarcastico …

      “Le cose andavano benissimo tra me ed Alice. Il nostro divorzio è stato perfettamente amichevole. Non avrei mai torto un capello alla sua graziosa testolina.”

      Lo sceriffo tornò e porse una tazza di caffè all’avvocato.

      “Amichevole, merda” lo sceriffo si rivolse a Cardin. “Il giorno del suo omicidio, sei andato a strepitare nel salone di bellezza dove lei lavorava, gridando di fronte ai clienti che ti aveva rovinato la vita, e che la odiavi e la volevi morta. Ecco perché sei qui.”

      Jake si mise le mani in tasca e disse: “Le spiacerebbe dirmi di che cosa si tratta?”

      Le labbra di Cardin si contrassero in un’espressione di rabbia selvaggia.

      “Era la verità, è tutto … il fatto che mi avesse rovinato la vita, voglio dire. Mi è andato tutto storto da quando quella puttana mi ha buttato fuori ed ha sposato quel dannato dottore. Proprio quel giorno sono stato licenziato dal lavoro come cuoco specializzato in piatti veloci al Mick’s Diner.”

      “E in qualche modo è stata colpa sua?” Jake chiese.

      Cardin fissò l’agente dell’FBI dritto negli occhi, e disse a denti stretti …

      “Tutto è stata colpa sua.”

      Jake ebbe un brivido, percependo puro odio nella sua voce.

      La sta davvero incolpando, pensò.

      Jake aveva avuto a che fare con una gran quantità di assassini che non riuscivano ad accettare la responsabilità per quello che era andato male nella loro vita.

      Sapeva che il profondo risentimento di Cardin non era una prova della sua colpevolezza. Ma poteva senz’altro comprendere perché l’uomo fosse stato arrestato.

      Eppure, Jake sapeva che tenerlo in custodia non era possibile, ora che c’era stato un altro omicidio. Da quello che il Capo Messenger aveva detto a Jake a Dighton, non c’era alcuna prova concreta che collegasse Cardin al crimine. L’unico indizio era il comportamento minaccioso, specialmente la recente disavventura al salone di bellezza dove Alice lavorava. Era tutto circostanziale …

      A meno che non dica qualcosa d’incriminante proprio adesso.

      Jake si rivolse a Cardin: “Direi che non è esattamente un ex-marito in lutto.”

      Cardin grugnì e disse: “Forse lo sarei, se Alice non mi avesse trattato male. Per l’intera durata del nostro matrimonio non ha fatto altro che ripetermi quanto fossi un perdente, come se quel rospo con cui andava a letto fosse una sorta di miglioramento. Beh, non ero un perdente finché non ha divorziato da me. E’ stato solo allora, quando mi sono ritrovato da solo, che le cose hanno iniziato ad andar male. Non è giusto …”

      Jake ascoltava Cardin continuare a lamentarsi della sua ex. La sua amarezza era palpabile, e così il suo strazio. Jake sospettava che Cardin non avesse mai smesso di amare Alice, o almeno di volerla. Una parte di lui era sempre

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