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e che presto avrebbe finito il suo tempo con loro.

      “Però Milo deve aiutarci,” replicò Regina.

      “Mi piacerebbe, cara sorella,” scherzò lui, stringendola con un braccio. “Che cosa posso fare per dare una mano?”

      “Potresti iniziare con il paté di fegato,” disse la sorella, indicando un tagliere appoggiato su uno dei banconi. Accanto c’era un pezzo di carne dall’aria terrificante. Keira inorridì.

      Milo si voltò verso di lei agitando le sopracciglia.  “Te l’avevo detto.”

      La famiglia tornò a dedicarsi alla cucina, vanificando ogni tentativo di Keira di partecipare. Alla fine, la giovane scrittrice si mise ad apparecchiare il tavolo per la colazione, preparandolo al meglio. Sistemò la sgargiante tovaglia dalla stampa a renne e vi mise sopra degli elaborati candelabri d’argento e alcune statuine di Babbo Natale. Poi riordinò la stanza e raddrizzò tutte le foto. Qualche giorno prima avevano passato un’allegra serata a decorare l’intera casa in tema natalizio con strani dipinti di ninfe dei boschi invernali, e le era stato assicurato che era così che si svolgevano tradizionalmente le feste in Svezia.

      Mentre li aiutava a decorare l’albero alto e fitto di rami con bandiere svedesi, addobbi, palline colorate e luci elettriche, Keira aveva imparato che il Natale in quel paese era una faccenda divertente, vivace e spesso bizzarra. Ma non era affatto strano. C’era il classico eccesso di buon cibo: il tipico prosciutto glassato servito insieme ad altre prelibatezze svedesi come il mix di uova e alici, l’aringa (in salamoia, sotto forma di paté e di insalata), il pane di segale, le patate, le polpette, l’insalata di barbabietole, il paté di fegato e un piatto di pesce chiamato lutfisk. E anche se le ore diurne erano brevi, il cielo era sempre sereno, il sole brillava e la neve sotto i piedi luccicava e scintillava. Man mano che le lunghe sere si avvicinavano, Yolanta accendeva le candele e la loro luce era calda e confortevole. C’erano sempre dei giacinti freschi, che riempivano la casa con il loro intenso profumo.

      Aveva appena finito di sistemare, quando udì un rumore alle sue spalle. Si voltò per vedere la famiglia che entrava con le braccia cariche di piatti e vassoi, che iniziarono ad appoggiare sul tavolo. Il cibo per la colazione di Natale era persino più delizioso di quanto non fosse stato negli ultimi giorni. Si leccò le labbra per l’anticipazione.

      Il gruppo si accomodò e iniziò e servire la colazione. Keira si riempì il piatto di pane e formaggi, e accettò con gratitudine una tazza di caffè forte appena fatto.

      “Sai già quale sarà il tuo prossimo incarico, Keira?” chiese Yolanta, mentre le passava una ciotola piena di fette di pomodoro.

      Lei l’accettò e si versò qualche fetta sul piatto. “Non ancora,” rispose. Poi confessò: “Tecnicamente non ho ancora finito quello su cui sto lavorando adesso.”

      “Ancora no?” ripeté Nils.

      Keira scosse la testa. Non le piaceva pensare all’incarico ancora da concludere che le incombeva sulla testa. Ma la situazione con il Viatorum, la rivista per cui scriveva, si era fatta tesa, e il finale che le avevano richiesto non era quello che lei gli aveva consegnato. Stava ancora cercando di stabilire quanta libertà potesse prendersi con la sua stessa scrittura. Per il momento avrebbe accantonato il problema, dato che preferiva godersi le vacanze invece di preoccuparsi del lavoro. Tanto quella pace sarebbe arrivata bruscamente alla fine non appena fosse tornata a New York.

      “Spero che la prossima volta andrai in un posto caldo,” commentò Nils. “Dovresti proporre le Bahamas. O la Nuova Zelanda. È un paese bellissimo.”

      Keira sorrise, ricordando quanto il padre di Milo avesse viaggiato nella sua vita. Il completo opposto di suo figlio, in effetti. Milo le aveva confessato che di rado aveva lasciato la sua terra natale, per via della paura di volare e di una tremenda nostalgia di casa.

      “Dobbiamo brindare,” decise all’improvviso Yolanta, sollevando la sua tazza di caffè. “Al Natale!”

      Ridendo, Keira sollevò la propria, brindando con un tintinnio di ceramica insieme alla famiglia e augurando loro buone feste.

      Mentre guardava le persone riunite attorno al tavolo, si sentì riempire d’amore nei loro confronti. Era stata davvero felice di aver passato del tempo in quella casa e lo avrebbe ricordato per sempre. Non capitava tutti i giorni di incontrare una famiglia tanto calorosa, amichevole e affettuosa, che aprisse il cuore e le braccia nel periodo natalizio. Avrebbe sentito disperatamente la loro mancanza dopo aver lasciato la Svezia.

      “Ora possiamo aprire i regali?” chiese Regina, non appena ebbero svuotato i piatti.

      Nils ridacchiò. “Dentro di sé ha ancora sette anni. Almeno riusciamo a farle fare la colazione di questi tempi. Quando era piccola dovevamo supplicarla perché ci lasciasse dormire fino alle cinque!”

      Anche Yolanta scoppiò a ridere. “Andiamo a sederci attorno all’albero.”

      Si alzarono, lasciando i piatti da riordinare in seguito, e si diressero verso il soggiorno.

      “Non vedo l’ora di dare il mio regalo a Keira,” esclamò Yolanta mentre andavano. “È super speciale.”

      La giovane scrittrice era commossa dall’affetto che la famiglia di Milo continuava a dimostrarle. Prima che accettasse di rimanere per Natale, le avevano consegnato i suoi regali da riportare a New York e lei era già stata sopraffatta dalla gratitudine. Ma quando aveva deciso di non prendere l'aereo, i doni si erano moltiplicati sotto l’albero, tanto da metterla in imbarazzo. Non credeva di meritare tutta quella gentilezza. In confronto al Natale a casa, si sentiva coccolata su tutti i fronti.

      “Anche io ho qualcosa di speciale per Keira,” commentò Milo.

      Lei arrossì. Con l’angolo della bocca borbottò: “Lo sai che non ho avuto tempo di comprare niente.”

      L’uomo rise. “Lo sappiamo, ma non ci importa. Non si fanno regali per averli in cambio. Non è questo il punto dei doni.”

      “Lo so,” disse Keira, “ma mi sento così in colpa. Sono stati tutti così premurosi.”

      “Smettila di preoccuparti.” Milo continuò allegramente. “Ci basta la tua presenza come regalo!”

      Lei roteò gli occhi a quella dichiarazione sdolcinata, ma si sentì un po’ meglio.

      Entrarono nel soggiorno e si accomodarono, ognuno al proprio posto. Nils si sedette per terra, preparandosi a consegnare i pacchi dalle confezioni sgargianti. Alzò il primo, che era avvolto in una splendida carta argentata e luccicante.

      “Questo è per Keira,” annunciò, leggendo la targhetta a forma di fiocco di neve. “È da parte di Yolanta.”

      Lo passò per prima cosa alla moglie, che poi lo tese a Keira, seguendo chiaramente un qualche rituale di famiglia. La giovane accettò la grossa scatola rettangolare, sentendosi ancora un po’ in colpa per non avere niente da dare a sua volta.

      Con attenzione, per evitare di strappare la bella carta, Keira tolse il nastro adesivo e aprì il regalo. La scatola all’interno era bianca e sopra c’era il nome di una marca svedese che lei non sapeva leggere. Ma il resto della famiglia emise un verso come se sapesse di cosa si trattava.

      Keira sollevò il coperchio e ripiegò all’indietro i lembi della confezione. Con sua sorpresa e gioia, scoprì che dentro c’era una tuta da neve. La tirò fuori, sollevandola e scoppiando a ridere insieme agli altri. Fino a quel momento aveva preso in prestito una tuta di riserva di Yolanta che era troppo grande per lei, oltre che di colore rosso acceso. La sua nuova era scura, dalla linea elegante, e della giusta misura.

      “Fantastica,” esclamò. “Sembra così comoda. La userò moltissimo.”

      Ma le si strinse il cuore, rendendosi conto che forse non avrebbe potuto farlo. I suoi giorni in Svezia erano quasi finiti.

      “Per la tua prossima visita,” la rassicurò Yolanta, come se avesse intuito il suo sottile cambio d’umore.

      “Grazie,” rispose lei con profonda gratitudine.

      Da sotto l’albero, Nils tese un regalo

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